Come far si che i cambiamenti demografici, sociali e culturali con i quali la Chiesa italiana è chiamata a misurarsi, divengano l’occasione per nuove strade attraverso cui la buona notizia della salvezza donataci da Gesù Cristo possa essere accolta?
La domanda sopra esposta ben si colloca nel progetto della Chiesa Italiana chiamata ad adunarsi dal 9 al 13 novembre prossimi a Firenze per celebrare il quinto convegno ecclesiale nazionale che avrà l’obiettivo di riproporre il Vangelo di Gesù per la promozione di un nuovo umanesimo. Quest’intento, in linea con gli orientamenti della Chiesa Italiana per il decennio 2010-2020 e con l’insegnamento proposto da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, si rende più che mai necessario in un tempo caratterizzato dallo sradicamento dei principi fondamentali su cui si è consolidato per generazioni il vivere sociale ed ecclesiale.
Di fronte all’uomo contemporaneo che, perdendo ogni riferimento sicuro, sembra aver smarrito il senso dell’esistere, del cooperare e del crescere comunitario e tende a rifugiarsi in un’autonomia solitaria e autoreferenziale, il convenire, è pensato come occasione propizia per collegare esperienze e vissuti e per individuare nuove sinergie e nuove strategie per educare alla vita buona del vangelo anche coloro che vivono un’appartenenza debole al cristianesimo e quanti hanno bisogno di sentirsi annunciare per la prima volta il messaggio di Gesù. Guida la certezza che la proposta evangelica può portare nuove ricchezze e nuove speranze e rispondere all’esigenza mai completamente sopita nel cuore dell’uomo di individuare il senso ultimo del proprio esistere e del proprio operare, di intessere relazioni, di aprirsi all’altro, di contribuire al benessere della società impegnandosi nell’associazionismo e nel volontariato. Per consolidare questo cammino, la traccia preparatoria al convegno propone cinque piste di riflessione.
La seconda, titolata «La via dell’uscire», osserva che «C’è sempre un altrove verso cui siamo chiamati ad uscire, spazi in cui lo Spirito invita a recarsi per dar vita a forme inedite di testimonianza. La chiesa, infatti, è comunità convocata per la missione, animata dalla gioia di un Evangelo che esige di essere comunicato. Ecco perché “l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa” (Evangelii gaudium n. 15): in ogni tempo siamo chiamati a dar corpo a quel movimento verso le periferie esistenziali che prende origine dalla storia di Dio in Gesù Cristo. Si tratterà dunque di lasciarsi muovere dalla forza dello Spirito, attenti a riconoscere le direzioni che indica – sempre nuove, sempre cariche di promesse e di appelli alla conversione e al rinnovamento. Si tratterà di incontrare l’umano, là dove esso si trova, in una dinamica di accompagnamento che tutto sa ascoltare e comprendere».
Questa dinamica non può non coinvolgere gli aderenti all‘Acos chiamati nella loro attività sanitaria a non essere solo valenti professionisti ma anche testimoni e imitatori del Cristo, disposti ad annunciare la verità de l vangelo in ogni situazione con la loro vita e con gli stessi atteggiamenti di Gesù che si fa compagno di viaggio di chi fatica a comprendere (Lc 24,11-35), viene incontro a chi manifesta dubbi e timori (Gv 3,1-21), ha cura dell’uomo ferito e agonizzante (Lc 10,29-37) e serve fino al dono di sé affinché ogni uomo abbia la vita in pienezza (Gv 13, 1-11).
Da Acos Piemonte, 5/37, luglio 2015, p. 5
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