Vaccini sotto accusa, ma la sentenza divide
26 Novembre 2014Un assegno per tutta la vita. È quello che il ministero della Salute dovrà versare a un bambino affetto da autismo. Nel 2006 gli fu iniettato il vaccino esavalente e il Tribunale del Lavoro di Milano, con una sentenza firmata dal giudice Nicola di Leo, afferma che sarebbe stata «acclarata la sussistenza del nesso causale tra tale vaccinazione e la malattia». La perizia di Alberto Tornatore, medico legale nominato dal tribunale, in tal senso è chiara: «È probabile che il disturbo autistico del piccolo sia stato concausato sulla base di un polimorfismo che lo ha reso suscettibile alla tossicità di uno o più ingredienti (o inquinanti) del vaccino».
Questa la sentenza, contro la quale ha subito presentato ricorso il Ministero della Salute. Sentenza che rischia di contribuire ad alimentare polemiche mai sopite tra i sostenitori dei vaccini, che salvano la vita ai bambini, e chi invece ne vede soprattutto i pericoli. Secca è la reazione di Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, che parla di «sentenza stravagante», priva di certezza scientifica, e manifesta un timore: «Alla fine all’opinione pubblica arriva il messaggio che vaccinarsi faccia male».
Quel messaggio in effetti arriva eccome, e non da oggi. Nel 2013 le vaccinazioni dei bambini entro i due anni di età sono scivolate al minimo degli ultimi dieci anni. Le coperture vaccinali nazionali contro poliomelite, tetano, difterite, epatite B e pertosse rilevate nel 2013 sono di poco superiori al 95%, valore minimo previsto dall’obiettivo del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2012-2013. La copertura di morbillo-parotite-rosolia è addirittura calata di due punti, passando dal 90% del 2012 all’88% del 2013.
Perché molti genitori non vaccinano più i figli? Le sentenze come questa del Tribunale del Lavoro di Milano contano ad alimentare la sfiducia; ma a contare è soprattutto la mancanza di memoria. Pochi ricordano che cos’era l’Italia degli anni 1950-60, prima dell’uso esteso dei vaccini: circa 3mila casi di poliomelite, 12 mila di difterite, 700 di tetano, 60 mila di morbillo e 30mila di pertosse. «Su milioni di vaccinazioni – commentava ieri Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria – non c’è un’incidenza preoccupante di autismo. Sì, su milioni di dosi può accadere qualcosa, ma i vaccini sono sicuri. E a chi afferma che i vaccini arricchiscano l’industria farmaceutica, va ricordato che per ogni euro speso in vaccini se ne risparmiano 24 in farmaci». A negare ogni possibile correlazione tra vaccini e autismo è anche Susanna Esposito, direttrice dell’Unità di pediatria ad alta intensità del Policlinico di Milano: «Le pubblicazioni scientifiche negano questa possibilità. Tutto cominciò nel 1998 quando Andrew Wakefield, un dottore gallese, avanzò tale ipotesi. Dopo aver confessato che aveva inventato i dati per interessi personali, fu radiato dell’Ordine dei medici del Regno Unito». Sentenze come questa di Milano, invece, «alimentano dubbi e seminano il panico, con rischi enormi per la salute dei nostri bambini».
Vaccini sicuri, dunque, tranne rarissimi casi. Pensiero consolante per molti, ma non per chi rientra in quei “rarissimi casi”. Come Nadia Gatti, presidente del Coordinamento nazionale danneggiati dal vaccino (Condav), che comunque non va assolutamente annoverata tra gli ultrà anti-vaccino: «Non vogliamo nessuna guerra né diciamo che tutti i vaccini fanno male. Ma i danneggiati riconosciuti in quanto tali esistono. In Italia sono 700 e una è mia figlia». Il Condav si oppone all’ineluttabilità dei “rarissimi casi”: «Tutti i farmaci possono avere degli effetti collaterali – ribadisce Gatti –. Noi non diciamo no alle vaccinazioni tout court, chiediamo solo che si faccia chiarezza». E chiara è la proposta del Condav: «È necessario aprire un Tavolo di lavoro per studiare i possibili effetti avversi dei vaccini, promuovere test prevaccinali in grado di identificare le categorie più a rischio di subirli, dare informazioni chiare e permettere una libertà di scelta consapevole».
Umberto Folena
fonte: Avvenire