In un momento delicato come quello che stiamo vivendo, una corretta informazione su vaccini e sui loro effetti positivi o negativi è cruciale. L'articolo di Giuseppe Zeppegno elenca alcuni riferimenti chiave sui vaccini che aiutano a sfatare leggende metropolitane ampiamente diffuse e a risolvere dubbi bioetici sulla presenza nei vaccini di cellule di derivazione fetale.
I coronavirus sono virus responsabili di infezioni che colpiscono sia gli animali, sia l’uomo. In queste ultime causano patologie generalmente comuni come il raffreddore. Dall’inizio del Terzo Millennio hanno provocato però malattie molto virulente come la Sars e il Mers che hanno interessato la Cina e la Penisola araba. Nel mese di dicembre del 2019 nella città di Wuhan, capoluogo della provincia cinese di Hubei, è stato registrato un numero crescente di disturbi simil-influenzali che nei casi più gravi sviluppavano polmoniti con severi sintomi da distress respiratorio acuto, sepsi e shock settico. Alla fine di gennaio 2020 si sono registrati i primi casi di contagio in Europa e America. Dopo poco il virus ha raggiunto anche altri continenti e si è caratterizzato come una vera e propria pandemia che nel primo semestre del 2020 ha colpito nel mondo almeno 10 milioni di persone, 500.000 delle quali sono decedute.
Dal punto di vista etico si possono usare cellule embrionali di feti abortiti?
È opinione comune che i contagi continueranno fin quando non si sottoporrà a vaccinazione la maggior parte della popolazione. Raggiunta così l’immunità di gregge, potranno non correre rischi anche coloro che, per particolari problemi di salute, non potranno essere sottoposti all’inoculazione dell’antidoto. Per questo motivo in numerosi laboratori sparsi nel mondo si stanno conducendo accurate ricerche per individuare, nel minor tempo possibile, l’adeguata profilassi immunizzante.
Mentre si sta conducendo questa febbrile ricerca, sono stati pubblicati alcuni articoli nei quali si sostiene che si sta coltivando un preparato antivirale utilizzando linee cellulari embrionali provenienti da feti abortiti. Torna così alla ribalta una delicata questione cui scienziati, bioeticisti e la Pontificia Accademia per la Vita hanno già dato nel passato efficaci risposte. Per onore di cronaca è ancora una volta utile ricordare che per la preparazione dei vaccini si possono impiegare diverse tecniche. Le più comuni prevedono l’utilizzo di componenti del virus sintetizzate grazie a tecniche di bioingegneria. Ci si serve anche di virus interi indeboliti o inattivati e coltivati nelle uova di gallina. Nel caso della rosolia il tentativo di coltivarli avvalendosi di cellule animali è fallito. Si è ricorsi pertanto a linee cellulari umane messe a disposizione da due donne che si erano sottoposte negli Anni Sessanta all’interruzione volontaria di gravidanza.
La Pontificia Accademia per la Vita si è pronunciata sulla questione una prima volta il 5 giugno 2005. Su questa questione è ritornata nel 2008 l’Istruzione Dignitas personae della Congregazione per la Dottrina della Fede la quale ha ribadito al paragrafo 35 quanto segue: «ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto “materiale biologico”. Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini».
La Pontificia Accademia per la Vita è tornata sulla questione il 31 luglio 2017 dichiarando che
nel passato i vaccini possono essere stati preparati da cellule provenienti da feti umani abortiti, ma al momento le linee cellulari utilizzate sono molto distanti dagli aborti originali. Va considerato che oggi non è più necessario ricavare cellule da nuovi aborti volontari, e che le linee cellulari sulle quali i vaccini in questione sono coltivati derivano unicamente dai due feti abortiti originariamente negli Anni Sessanta del Novecento.
Va inoltre ricordato che la legge italiana non consente di creare nuove linee provenienti da feti abortiti e il governo per contrastare il Covid ha scelto di finanziare lo studio che si basa su un vettore virale ricombinante che provoca raffreddore nello scimpanzé: il ChAdOx1. È stato modificato geneticamente per evitarne la replicazione e sembra essere in grado di produrre la proteina spike di Sars-Cov-2 contro cui stimola il sistema immunitario a produrre una risposta. Non c’è quindi nessun motivo valido per contestare l’utilizzo dell’eventuale vaccino che è bene auspicare che sia al più presto commercializzato.
“Leggende” sulla pericolosità dei vaccini
È più in generale criticabile la tendenza dei movimenti antivax di incutere immotivati timori basandosi su affermazioni non rispondenti a dati scientifici certi.
Il Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato nel 2013 un documento intitolato Quali sono le leggende – e le verità – sulle vaccinazioni? che fa riferimento ad un pronunciamento pubblicato nello stesso anno dall’OMS con il titolo What are some of the myths – and facts – about vaccination? Prende in esame dieci pareri che circolano abbondantemente sui media. Li definisce “leggende” e ne dimostra la falsità:
- prima leggenda: un miglioramento delle misure igieniche e sanitarie eradicherà le malattie pertanto i vaccini non sono necessari;
- seconda leggenda: i vaccini si associano a parecchi effetti dannosi a lungo termine ancora sconosciuti e possono essere anche fatali;
- terza leggenda: il vaccino combinato contro difterite, tetano e pertosse e il vaccino contro la poliomielite sono responsabili della Sids (Sudden infant death syndrome, sindrome della morte in culla);
- quarta leggenda: le malattie prevenibili con i vaccini son quasi eradicate, per cui non c’è motivo per sottoporsi alle vaccinazioni;
- quinta leggenda: le malattie infantili prevenibili con i vaccini sono solo un fatto negativo che fa parte della vita;
- sesta leggenda: somministrare a un bambino più di un vaccino alla volta può aumentare il rischio di eventi avversi pericolosi, che possono sovraccaricare il suo sistema immunitario;
- settima leggenda: l’influenza è solo un disturbo e il vaccino non è molto efficace;
- ottava leggenda: è meglio essere immunizzati dalla malattia che dai vaccini;
- nona leggenda: i vaccini contengono mercurio che è pericoloso;
- decima leggenda: i vaccini sono responsabili dell’autismo.
I vaccini sono utili?
La rivista «Science» ha a sua volta pubblicato un diagramma nell’aprile 2017 dove, dati alla mano, ha dimostrato che la diffusione delle vaccinazioni ha ridotto drasticamente o del tutto annullato diverse patologie che potevano causare gravi conseguenze invalidanti. Una analoga indagine dell’ISTAT ha dimostrato che negli anni 2010-2013, grazie alle vaccinazioni, non si sono verificati casi di poliomielite e difterite, la rosolia è diminuita del 99,4%, la parotite del 98,5%, la pertosse del 97,6% e il morbillo del 96%.
Nonostante questi dati confortanti, la pubblicità antivax ha indotto molti a evitare le vaccinazioni causando un preoccupante aumento di malattie che si pensavano praticamente debellate. Pertanto, il pronunciamento parlamentare che nel 2017 ha imposto l’obbligatorietà di una serie di vaccinazioni, risponde correttamente alla convinzione scientifica che se si abbassa la copertura vaccinale al di sotto del 95% diminuisce la soglia di sicurezza e aumenta il rischio di contrarre la malattia.
Il principio di giustizia applicato a questa specifica questione rende più che mai opportuno l’impegno a informare accuratamente tutti i cittadini affinché sia favorita la comprensione delle problematiche emergenti, sia garantita a tutti la tutela della salute e l’equa fruizione dei benefici sanitari.
© Bioetica News Torino, Luglio 2020 - Riproduzione Vietata