La vaccinazione è un atto di prevenzione: permette di combattere malattie infettive per le quali non esistono terapie specifiche o, se esistono, non sono totalmente efficaci e in grado di evitare pericolose complicazioni. Gli esiti di queste malattie sono talora mortali o invalidanti e determinano quindi un rischio molto alto per la salute individuale e collettiva.
Da anni purtroppo imperversa, soprattutto sui social media, una vera e propria disinformazione, circa la reale efficacia dei vaccini e la loro presunta pericolosità, figlia di pregiudizi culturali e priva di evidenze scientifiche. I vaccini infatti sono vittime del loro stesso successo: oggi si mette in discussione la validità di un vaccino come l’antipolio semplicemente perché nella nostra quotidianità non possiamo più incontrare persone con esiti di poliomielite.
Vaccinarsi è dunque un atto di responsabilità rispetto alla propria salute e a quella dei propri figli, che ciascuno può maturare a partire da informazioni corrette e trasparenti.
Il bilanciamento tra diritti individuali e interessi collettivi trova nell’attività vaccinale un fertile terreno d’analisi e discussione etica e deontologica. L’etica della sanità pubblica ci impone di ragionare in una prospettiva d’ampio respiro, nella quale il bene di cui si va alla ricerca è insieme il bene del singolo e il bene di tutti. Nel caso delle vaccinazioni la pratica porta con sé problemi di coercitività e di consenso informato, di rapporto costi-benefici e rischio calcolato.
Negli ultimi anni, la prevenzione delle malattie dell’infanzia prevenibili con le vaccinazioni ha conosciuto un forte incremento grazie alla disponibilità di nuovi ed efficaci vaccini, a nuove linee guida più consone alle mutate condizioni epidemiologiche, e grazie anche all’aumento di studi di popolazione, in grado di verificare la qualità degli interventi attuati. Tuttavia, parallelamente a questo sviluppo, sono andati affermandosi movimenti d’opinione che, sotto diverse ottiche, mettono in discussione la necessità e la validità dell’intervento pubblico nella prevenzione, ritenendo che la scelta di far vaccinare i bambini spetti unicamente alla personale decisione dei genitori.
Di questo e dei cambiamenti introdotti dai recenti provvedimenti legislativi in materia di obbligatorietà vaccinale si è parlato il 18 ottobre scorso al convegno Vaccinarsi: un atto di prevenzione e di etica sociale, promosso dal Presidio Riabilitativo Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese.
Da tempo gli epidemiologi segnalano che stiamo perdendo la cosiddetta immunità di gregge che permette alle malattie infettive di non diffondersi all’interno di una popolazione se una certa percentuale di individui (che varia dall’85 al 95%, a seconda della contagiosità della malattia) è stata vaccinata. Ma cosa ha portato il cittadino comune ad allontanarsi dalla pratica vaccinale?
Le vaccinazioni sono infatti vittime del loro stesso successo: la oramai pressoché totale scomparsa nel nostro tessuto sociale di malati di poliomielite, di tubercolosi o di tifo, hanno indotto falsamente a credere che queste malattie siano solo più un retaggio dei paesi poveri e sottosviluppati. Ad incrementare ulteriori paure, diffidenze e disinformazione sui vaccini, se non addirittura bufale mediatiche, hanno contribuito i nuovi social – media, vere e proprie casse di risonanza di informazioni spesso prive di fondamento. Andrea GRIGNOLIO, ricercatore ed esperto in Storia della medicina, sottolinea infatti che:
Oggi in televisione e nelle interviste sui quotidiani, accanto a scienziati ed esperti, appaiono persone che non sanno cosa sia uno trial clinico controllato per verificare l’efficacia di una terapia farmacologica, ma che rivendicano, in una sorta di par-condicio terapeutica, di poter sostenere la validità di fantomatiche terapie alternative naturali prive di evidenza scientifica.
Ma la scienza non è democratica, come ben ci ricorda Roberto BURIONI, virologo ricercatore che dal suo blog cerca ogni giorno di rispondere alla sfida di un corretto counselling vaccinale:
A onor del vero bisogna però riconoscere che a parte notevoli importanti eccezioni, la comunità scientifica si è troppo spesso chiusa nei laboratori, e non sempre è riuscita, col tramonto del paternalismo medico, a dare autorevolezza alla sua voce in maniera moderna e divulgativa. Inoltre, le differenze tra vaccinazioni raccomandate e obbligatorie, hanno di fatto prodotto la percezione tra la popolazione che le obbligatorie fossero importanti, mentre le raccomandate fossero per patologie non pericolose – il recente ritorno di epidemie di morbillo, con ben 4775 casi e 4 decessi dall’inizio dell’anno, sono il triste bilancio di questa sottovalutazione3.
Come recuperare dunque il rapporto fiduciario e ottenere un efficace counselling vaccinale? Innanzitutto rammentando che gli studi cognitivi più accreditati ci spiegano, come difronte a processi decisionali che hanno a che fare con percezione del rischio e calcolo delle probabilità, il cervello dell’homo sapiensnon compie scelte razionali perché la sua storia evolutiva non lo ha selezionato per affrontare questi temi. Così si spiega perché i genitori italiani, che hanno sempre meno figli e sempre più in là negli anni, anche se appartengono a classi sociali più alte e più acculturate, sono più disposti ad una emotiva difesa ancestrale della prole, piuttosto che ad una razionale adesione ad una profilassi con remota possibilità di eventi avversi.
Lo stesso genitore che si rifiuta di dare al proprio figlio un vaccino che causa in media solo un effetto avverso rilevante su circa un milione di dosi gli dà senza alcun problema delle aspirine o un FANS, che in caso di uso prolungato possono causare il decesso con una probabilità superiore 1500 volte più elevata o uno shock allergico (anafilattico) grave in una persona su 50.000 (GRIGNOLIO A., 2016)4.
È questa dunque la sfida che gli operatori sanitari dovranno affrontare nei prossimi decenni: gestire il sovraccarico informativo che disorienta il cittadino, e piuttosto che insistere sulla efficacia e la sicurezza dei vaccini, saper veicolare messaggi e storie che spieghino i rischi potenzialmente letali di chi rinuncia alla protezione vaccinale.
A chiusura del convegno, il dibattito conclusivo ha lasciata ancora aperta la questione sul vaccinare per obbligo o per scelta, con tutte le sue sfumature bioetiche. Il mandato costituzionale della difesa della salute ha di per sé un valore intrinsecamente morale che da una parte implica l’obbligo di prendersi cura del benessere della collettività, ma allo tempo stesso legittima il diritto da parte dello Stato di esercitare il potere necessario per ottemperare a tale mandato. La necessità di esercitare tale potere per proteggere e migliorare la salute della popolazione e, allo stesso tempo non prevaricare i diritti dei singoli cittadini, evitando abusi e discriminazioni, costituisce il fulcro centrale dell’etica della sanità pubblica. Pericle sosteneva che è vera legge solo quella che riesce a persuadere tutti quanti della bontà delle sue intenzioni. A ciascun operatore sanitario il compito morale di saper veicolare con persuasione le ragioni per scegliere le vaccinazioni e difendere la salute e il futuro dei nostri figli.
Note
1 GRIGNOLIO A., Chi ha paura dei vaccini, Codice edizioni, Torino 2016
2. Dal blog di Roberto BURIONI, https://it-it.facebook.com/robertoburioniMD, 20 giugno 2017 ⌈15 novembre 2017⌉
3. Sistema di Sorveglianza Integrata Morbillo e Rosolia,Morbillo in Italia: bollettino settimanale, 23-29 ottobre 2017, pubblicato in Epicentro.iss.it:
http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/bollettino/Measles_WeeklyReport_N32.pdf ⌈15 novembre 2017⌉
4. GRIGNOLIO A., Chi ha paura dei vaccini op. cit.
Bibliografia breve
GRIGNOLIO A., Chi ha paura dei vaccini?, Codice edizioni, Torino 2016
BURIONI R., Il vaccino non è un’opinione, Mondadori, Milano 2016
MASSARENTI A., BONFANTI L.,La scienza fa bene se conosci le istruzioni, Edizioni Ponte alle Grazie, Milano 2015
BETTETINI G., FUMAGALLI A., Quel che resta dei media. Idee per un’etica della comunicazione, FrancoAngeli, Milano 2002
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