Il neologismo “postumanesimo” è stato assunto da un variegato movimento di pensiero ed è evocato in modo generico e onnicomprensivo, per indicare prospettive culturali molto diverse tra loro. È impiegato, infatti, per indicare il Postumanesimo Filosofico, Culturale e Critico; il Transumanesimo nelle sue diverse accezioni (Estropianesimo, Transumanesimo Liberale e Democratico etc); il Nuovo Materialismo; l’Antiumanesimo; le Postumanità e le Metaumanità (Ferrando, 2016: 15).
Queste disparate correnti sono spesso globalmente indicate come un postmodernismo di seconda generazione. Di fatto, pur affrontando tematiche simili, non condividono le stesse radici filosofiche e hanno prospettive applicative diverse. Necessitano globalmente di una doverosa attenzione perché hanno notevole presa tra le élite culturali che già le definiscono “la filosofia del nostro tempo”.
Particolarmente degna di nota è la prospettiva transumanista sulla quale la Giornata di Studio programmata dall’ISSR torinese il 12 aprile scorso ha posto maggiore attenzione.
Donna Haraway, filosofa statunitense, capo-scuola della teoria cyborg, settore del pensiero femminista che studia il rapporto tra scienza e identità di genere, nei suoi scritti è arrivata a sostenere che i progressi della tecnica, dell’informatica e della biologia offrono la possibilità di ripensare la natura stessa dell’essere umano, non più necessariamente costituito di un corpo fatto di carne e ossa, ma potenziato da supporti artificiali che ne ampliano l’efficienza. Seguendo queste linee argomentative, il Transumanesimo sostiene che l’essere umano non è il prodotto finale dell’evoluzione, ma solo l’inizio. Propone quindi di ri-declinare con l’ausilio della tecnica la condizione umana abolendo l’invecchiamento, aumentando le capacità intellettuali, fisiche e psicologiche. Si propone anche di negare la differenza maschile-femminile per favorire un’estetica postumana ri-sessuata in termini post-sessuali.
Questo nuovo modello culturale, stravolge non solo il tradizionale impianto concettuale della morale della vita fisica che ha percorso dall’antichità alla modernità una lunga storia, applicando anche alla medicina le consapevolezze antropologiche acquisite nel procedere del pensiero, ma anche le basi della più recente disciplina bioetica, sorta al tempo della postmodernità. Lo scopo della giornata di studio, intitolata «Uomo 4.0: opportunità o incubo? Il rischio antropologico», era pertanto duplice.
La prima relazione, intitolata L’uomo alla prova della tecnica: che cosa cambia nell’uomo? Realizzazioni e ideologie, aveva l’obiettivo di presentare questo nuovo e complesso scenario culturale e di evidenziarne le luci e le ombre. È intervenuto in qualità di relatore Luca Grion, professore associato di Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Udine e presidente dell’Istituto «Jacques Maritain» di Trieste, direttore della Scuola di Politica ed Etica Sociale promossa dall’Arcidiocesi di Udine. Assieme a Giovanni Grandi dirige «Anthropologica. Annuario di studi filosofici». Dopo un iniziale impegno dedicato alle questioni fondative del discorso morale, i suoi studi si sono concentrati sull’esplorazione di una serie di ambiti applicativi, dimostrando un crescente interesse alla problematica etico-antropologica della tecnica e della frontiera tra umano e postumano, all’ambito della neuroetica e all’etica dello sport. Accanto alle attività di ricerca e all’impegno didattico, si è dedicato alla realizzazione di numerose iniziative di collegamento tra ricerca accademica e cultura diffusa, nonché alla promozione di percorsi formativi sia in ambito accademico che extra-accademico. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Molti suoi articoli riguardano la filosofia postumanista. Ha curato sull’argomento anche il testo La sfida postumanista. Colloqui sul significato della tecnica edito da Il Mulino e Persi nel labirinto: etica e antropologica alla prova del naturalismo edito da Mimesis.
Ha svolto il suo intervento seguendo la cosiddetta regola delle 5 W, regola principale dello stile giornalistico anglosassone. Ha così avuto la possibilità di rispondere in modo sistematico ed esaustivo a cinque domande essenziali: who (chi), what (cosa), where (dove), when (quando), why (perché) e how (come). Ha richiamato il mito di Prometeo e ha ricordato che la tecnica è a servizio dell’uomo ma, se non è saggiamente guidata, rischia di distruggere l’uomo. Né è appunto prova il Transumanesimo che, nell’intento di eliminare la malattia, l’invecchiamento, la morte e di superare ogni altro limite, immagina la possibilità di trasformare la condizione umana potenziandola con l’ausilio sempre più massiccio della tecnica fino ad arrivare all’ipotesi di scansionare la mente cosciente ed inserirla in un substrato non biologico per garantirne la “sopravvivenza” al di fuori della corporeità.
Il secondo intervento, intitolato Le questioni etiche in gioco: lo specifico della proposta transumanista, ha avuto come relatore il professor Maurizio Pietro Faggioni, frate francescano, appartenente alla Provincia Toscana dei Frati Minori. Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia e la specializzazione in Endocrinologia, ha conseguito il Dottorato in Teologia Morale presso la Accademia Alfonsiana di Roma. Attualmente è professore ordinario di Bioetica presso la medesima Accademia. È anche incaricato per la Morale antropologica alla Pontificia Università «Antonianum» di Roma e invitato per la Morale della vita fisica alle Facoltà Teologiche di Firenze e Napoli. Collabora con diversi organismi vaticani: è infatti consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Congregazione per le Cause dei Santi. È anche membro corrispondente della Pontificia Academia Pro Vita, consigliere del Tribunale della Penitenzieria Apostolica e consulente scientifico dell’Associazione «Scienza & Vita». Ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni su temi di bioetica in riviste specializzate, in opere collettive e in dizionari. Tra i libri pubblicati ricordo La vita nelle nostre mani e Sessualità, matrimonio, famiglia. Sul transumanesimo ha pubblicato l’articolo La natura fluida nella rivista «Studia Moralia» e lo studio «Transumanesimo. Volare oltre la natura umana» nella collettanea intitolata Nella luce del Figlio, edita dalle Dehoniane.
Il professor Faggioni ha posto l’attenzione sui rischi derivati dalla volontà di disumanizzare l’uomo, ma ha anche ricordato che è più che mai positiva la possibilità di interventi migliorativi della sua struttura psico-fisica, a condizione che sia rispettata l’identità e la libertà e sia difesa l’universale dignità di tutte persone. Ha citato a conferma il pensiero di autori laici come Francis Fukuyama e Jürgen Habermas e il Magistero della Chiesa. È risultato così evidente che la tecnica non va demonizzata perché il connubio uomo-tecnica si è sviluppato dagli albori della civiltà ed è stato elemento indispensabile per il necessario progresso umano. Le sempre nuove conoscenze scientifiche non possono però essere applicate in modo indiscriminato. Devono essere attuate responsabilmente, cioè ricondotte al vero bene delle persone contemporanee e future nel rispetto pieno della natura umana.
© Bioetica News Torino, Maggio 2018 - Riproduzione Vietata