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13 Ottobre 2013
Supplemento Salute e Alimentazione

Uno sguardo sul mondo. Stare più che bene. Dalla cura al potenziamento (Prima Parte)

Abstract

Negli ultimi anni, grazie agli avanzamenti della scienza e della pratica medica, si sta progressivamente definendo la possibilità di passare da un approccio soltanto terapeutico e curativo della medicina a uno potenziante. È importante chiarire i termini della questione, distinguendo in particolare tra un potenziamento fantascientifico e solo futuribile e un potenziamento realistico e già possibile. In conclusione, sul piano etico il potenziamento non è una questione astratta, ma concreta e già attuale


Prima Parte

Introduzione: quale potenziamento?

Il dibattito sul neuropotenziamento (neuro-enhancement) s’inserisce all’intersezione della neuroetica e della valutazione etica del potenziamento umano inteso in senso lato, che risale a inizi Anni Ottanta1.

L’urgenza di riflettere sulle applicazioni meno avveniristiche ma già disponibili

In particolare, quando si parla del potenziamento cognitivo o, più genericamente, psicologico, non è necessario pensare a qualcosa di astratto e complicato che richiede l’applicazione di sofisticati ritrovati tecnici: sembrerebbe possibile ottenere degli effetti potenzianti semplicemente utilizzando degli psicofarmaci per finalità diverse dal loro concepimento.
È, dunque, importante sgombrare il campo da scenari futuristici annoverabili, almeno allo stato attuale, nell’ambito della fantascienza più che della scienza. Attardarsi, infatti, nella discussione di tali ipotetiche applicazioni offusca l’importanza e l’urgenza di riflettere sulle applicazioni meno avveniristiche ma già disponibili e sovente utilizzate.

Recentemente, ridimensionando (anche troppo) i toni allarmistici delle discussioni sull’enhancement, il neurofarmacologo Boris Quednow, nella recensione del testo Neuro-Enhancement: Ethik vor neuen Herausforderungen2, afferma che gli scenari presi in considerazione nel libro sono irrealistici, e generalizzando il discorso definisce il dibattito sul neuroenhancement “phantom debate”, un “dibattito fantasma”3.
In particolare lo scienziato di Zurigo mette in discussione i presupposti farmacologici ed epidemiologici sui quali si fonda il dibattito etico relativo al neuropotenziamento, sostenendo che i bioeticisti sono stati condotti fuori tema dalle promesse esagerate dei neuroscienziati che sono direttamente coinvolti negli interessi dell’industria farmaceutica o sono costretti a enfatizzare i propri risultati per ottenere ulteriori finanziamenti alla ricerca.
Sta di fatto, continua Quednow, che allo stato attuale ancora non siamo in grado di porre completamente rimedio ai deficit delle funzioni intellettive nei disturbi psichiatrici o neurologici e ancora non sappiamo come raggiungere un tale obiettivo in futuro, e a maggior ragione non è scientificamente possibile un potenziamento farmacologico delle facoltà cognitive umane.

C’è bisogno di una discussione etica su scenari non ancora attuati ma possibili?

Per tali ragioni l’attenzione andrebbe rivolta a sostanze il cui uso già attualmente può avere finalità potenzianti in senso lato, come il Metilfenidato (commercializzato come Ritalin, Ritalina, Concerta, Metadate, Methylin e Rubifen) e il Modafinil (commercializzato come Provigil o Vigil), insieme alle anfetamine e alla cocaina, le quali hanno effetti stimolanti sui sistemi dopaminergici e noradrenergici: aumentano la vigilanza, l’attenzione e la motivazione.
Tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, esse non sembrano avere effetti diretti su specifici sistemi cognitivi, come memoria o funzioni esecutive4. Perciò queste sostanze stimolanti possono essere definite dei “potenzianti di secondo ordine”.
In sintesi, secondo Quednow ancora non sono disponibili farmaci per la cura o il potenziamento delle facoltà cognitive di soggetti malati ed è dubbio che saranno prodotti farmaci in grado di potenziare le capacità cognitive o emotive di soggetti sani. Sarebbe, questo, uno dei rari casi in cui l’etica precede la tecnologia, cosicché l’autore si chiede se abbiamo davvero bisogno di un dibattito su una tecnologia che probabilmente non si materializzerà mai.

In generale riteniamo le critiche di Quednow piuttosto pertinenti nel loro richiamo a focalizzare l’attenzione su una forma di enhancement probabilmente meno eclatante ma ciò non di meno molto problematica sul piano etico e sociale, come in particolare l’uso off-label, ossia per finalità diverse da quelle della loro autorizzazione, di psicofarmaci o altre sostanze psicotrope.

D’altra parte, come sottolineato nella loro risposta a Quednow da Roland C. Nadler e Peter B. Reiner5, non è del tutto vero che non ci siano prospettive a breve termine di una realizzazione di potenzianti cognitivi farmacologici.
Inoltre, non ci sembra pertinente la domanda posta da Quednow sull’opportunità di una discussione etica su scenari non ancora attuali ma solo possibili, giacché è un compito precipuo della filosofia cercare di anticipare le direzioni di sviluppo della condizione umana a partire dall’oggi.

Fine prima parte. Continua nel prossimo numero di Novembre


Bibliografia 

1 Cfr. PARENS  E., Enhancing Human Traits: Ethical and Social Implications, Georgetown University Press, Washington D.C 1998; President’s Council on Bioethics, Beyond Therapy. Biotechnology and the Pursuit of Happiness,  Dana Press,  New York 2003; BUCHANAN A., BROCK  D.W., DANIELS N., WIKLER D., From Chance to Choice. Genetics and Justice,  Cambridge, Cambridge University Press 2000;  HARRIS J., Enhancing Evolution. The Ethical Case for Making Better People, Princeton, Princeton University Press 2007

2 Cfr. SCHÖNE-SEIFER B., TALBOT D., OPOLKA U., ACH J.S. (eds.), Neuro-Enhancement. Ethik vor neuen Herausforderungen, Mentis, Paderborn 2009

3 Cfr. QUEDNOW  B.B., Ethics of neuroenhancement: A phantom debate, «BioSocieties»  5 (1), 2010, pp. 153–156

Cfr. DE JONGH R., BOLT I., SHERMER M.,  OLIVIER  B.,  Botox for the brain: enhancement of cognition, mood and pro-social behavior and blunting of unwanted memories, «Neuroscience and Biobehavioral Reviews», 32 (2008), pp. 760-776

5 NADLER R.C., REINER P.B, A call for data to inform discussion on cognitive enhancement, in «BioSocieties» 5 (2010), pp. 481–482

6 Cfr. BURGIN  A.B. et al., Design of phosphodiesterase 4D (PDE4D) allosteric modulators for enhancing cognition with improved safety, «Nature Biotechnology» 28 (1), 2009, pp. 63–72

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