Introduzione
a cura di Enrico Larghero
Oggi, agli inizi del XXI secolo disponiamo di un’infinità di computer e di macchine di ogni genere. L’essere umano e la tecnologia sembrano destinati ad una cooperazione sempre più intima creando un binomio talvolta inscindibile. Se, ai suoi albori, la tecnologia ha permesso all’umanità di esplorare il mondo, oggi si inoltra in nuovi territori e permette di scoprire la biologia stessa.
La conquista del cervello ci rivelerà gli ingranaggi della nostra mente con le sue limitazioni e potenzialità, offrendoci le chiavi per decifrarne il linguaggio e gestirlo, ripararlo e riprogrammarlo. In ultima analisi l’esplorazione del cervello ci aiuterà a svelare i segreti più intimi della nostra natura, che sono probabilmente gli aspetti più straordinari della materia: la capacità di mostrare coscienza, sensibilità e immaginazione per viaggiare con la mente oltre i limiti dell’Universo e del tempo
Il processo della coscienza è afferrabile?
Biologia e neuroscienze descrivono l’attività del cervello riducendola all’attività elettrochimica e considerano tale attività identica alla percezione senziente. Ma il riconoscimento cosciente avviene attraverso le sensazioni e i sentimenti, qualità molto diverse dall’attività elettrochimica. In particolare: come fa l’attività elettrochimica del cervello a trasformarsi sotto forma di sensazioni e i sentimenti? Sensazioni e sentimenti possono essere la stessa cosa?
Una visione fisicalista del mondo afferma che la coscienza deve emergere in qualche modo dall’attività del cervello, ma è necessario trovare una spiegazione a questo “emergere”, cioè a come avviene questo processo?
Dire “la coscienza emerge dal cervello”, vuol dire che il cervello è simile ad un computer?
Allora, in linea di principio anche un computer potrebbe essere cosciente? Falliti tutti i tentativi di costruire un computer “consapevole”, i fisici e i neuroscienziati, nel riflettere sulle caratteristiche della coscienza, hanno evidenziato la mancanza di comprensione della natura delle sensazioni e sentimenti.
Un esempio
Come è “possibile riconoscere una rosa dal suo odore/profumo. Una rosa emette particolari molecole che vengono intercettate dal nostro sistema sensoriale, l’epitelio olfattivo nella cavità nasale. Queste cellule contengono dei recettori olfattivi dotati di ciglia (i poli olfattivi) che rispondono a specifiche molecole odorose ― quando ciò avviene la cellula che contiene il recettore così attivato produce un segnale elettrico. I segnali prodotti dalle cellule olfattive sono i segnali di ingresso che vengono inviati alla corteccia olfattiva, segue l’elaborazione di questo segnale che infine produce un segnale in uscita corrispondente al nome dell’oggetto: rosa ― correlato al profumo percepito, meglio dire “sentito”.
Alcune precisazioni terminologiche: abbiamo parlato di un oggetto (una rosa), un profumo/odore, dei segnali elettrici (in entrata e in uscita), del nome dell’oggetto. L’oggetto rosa, i segnali elettrici e il nome dell’oggetto riconosciuto, sono dei simboli. Il profumo/odore che sentiamo, non è un simbolo, non è identico ai segnali elettrici prodotti dalle reti neurali, pur essendo correlato con essi, poiché è una qualità completamente diversa dall’attività elettrica. Il profumo è un’esperienza, una sensazione che rende l’informazione portata dai segnali elettrici cosciente: lo “sentiamo” nella nostra coscienza.
Un computer non è cosciente del profumo della rosa, ma la sua risposta al simbolo “rosa” (riconosciuto) è inconscia (non sente), perché basata sul suo programma.
La coscienza è lo spazio interno dove, dopo essere stati elaborati dal nostro cervello, i segnali che provengono dal mondo esterno vengono tradotti in sensazioni, sentimenti e significati che “proviamo” dentro di noi.
Un fenomeno fisico è ciò che avviene nel mondo materiale, accessibile dall’esterno attraverso i sensi corporei (come detto nel paragrafo precedente) o mediante strumenti tecnologici, e questo origina in un osservatore un’esperienza in terza persona. Al contrario un sentimento è un’esperienza in prima persona che è accessibile solo al mondo interno di chi lo prova.
Ritorniamo alla rosa e al suo profumo: la “conversione” dei segnali elettrici (simboli) prodotti dai sensori odoriferi per riconoscere il nome-simbolo “rosa” è fatta dalle reti neurali del cervello. Come avvenga la “conversione” da un simbolo (segnale elettrico) alla sensazione è completamente inspiegabile dalla fisica classica: quale è il fenomeno fisico responsabile della sensazione (olfattiva della rosa, nel nostro caso) che percepisco in prima persona? Come fa la coscienza a emergere da segnali elettrici o biochimici? Come può un sistema biologico, una macchina biologica, provare qualche cosa? E come può pensare a sé stesso?
Anche nei casi più semplici non si sa ancora in che modo l’accensione di specifici neuroni determini la componente soggettiva della percezione conscia. Ciò che manca sono le regole necessarie per estrapolare l’esperienza soggettiva dalle proprietà chimico-fisiche delle cellule fisiche interconnesse fra loro.
La biologia quantistica applicata: nuova opportunità per comprendere i meccanismi della coscienza
Un tentativo di dare risposte a questi interrogativi è quello di applicare dei principi di meccanica quantistica in biologia e in ambito neuroscientifico. È stato evidenziato come la nuova scienza della biologia quantistica può essere la rivoluzione del pensiero biologico per lo studio dei correlati neuronali della coscienza. Inoltre, la meccanica quantistica può rappresentare un cambiamento metodologico per analizzare gli elementi dell’esperienza soggettiva.
La teoria quantistica della coscienza più nota è la teoria di PENROSE-HAMEROFF: la coscienza è un effetto quantistico. La coscienza sarebbe basata su vibrazioni quantistiche nei microtubuli all’interno dei neuroni cerebrali (un processo definito OOR – Orchestrated Objective Reduction).
Secondo Penrose e Hameroff, un approccio meccanico quantistico alla coscienza può spiegare tutte le manifestazioni del comportamento umano, compreso il libero arbitrio. Il cervello sfrutterebbe infatti la proprietà dei sistemi fisici quantistici di trovarsi in uno stato sovrapposto multiplo al fine di esplorare una serie di opzioni diverse in un piccolo lasso di tempo.
Inoltre, ipotizzarono che la tubulina in un neurone sia in correlazione quantistica (azione misteriosa a distanza) con la tubulina in molti altri neuroni. Quindi, se tutti i neuroni nel cervello sono collegati con questa correlazione quantistica, allora essi potrebbero interconnettere tutta l’informazione codificata in nervi separati, e di conseguenza superare il problema del collegamento, cioè come fanno tutti gli impulsi provenienti dai diversi sensi e dalla memoria (sono impulsi isolati) a generare la percezione unitaria dell’oggetto, dell’animale, della persona.
Articolo tratto dalla rubrica Bioetica e Notizie de «La Voce e il Tempo» per la cui pubblicazione ringraziamo il direttore Alberto Riccadonna
© Bioetica News Torino, Aprile 2022 - Riproduzione Vietata