Una convivenza pacifica “globale” per rialzarsi dalle “macerie” della società contemporanea Nel messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace
22 Dicembre 2021Papa Francesco ci invita ad intraprendere un cammino in cui ci si deve davvero impegnare, a livello individuale e comunitario, se davvero lo si desidera, per poter riprendersi dalle tante realtà e sfide che ci stanno opprimendo e impedendo di vivere una vita in cui ci si possa sostenere l’uno l’altro e realizzare se stessi in una società in cui insieme si perseguono i valori di giustizia e di pace.
Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace, che si celebrerà il 1 gennaio prossimo, 2022, sul tema Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura pone tre pilastri su cui è possibile crescere e sviluppare una convivenza pacifica da trasmettere alle giovani generazioni future. Sono il dialogo fra generazioni, l’istruzione e l’educazione, e infine il lavoro, che poggiano su una solida base della pace.
Ci sollecita a rialzarci dalle macerie causate dall’egoismo che nutre guerre e conflitti che fanno crescere povertà, sofferenza e discriminazione, che porta alla cura di sé ma al disinteresse nei confronti degli altri e dell’ambiente, ricercando la pace, quale unica via per poter dare una svolta ad un’epoca in cui ci si sente imbrigliati da tante sfide per garantire stabilità alle e per le giovani generazioni; quella pace, non solo desiderata ma resa concretamente possibile, che il profeta Isaia aveva annunciato al popolo ebraico in esilio esclamando, Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (52, 7).
Solo quando si vive nella pace si possono, spiega il Pontefice, fare progetti per il futuro, essere creativi, sognare delle mete, avere un lavoro dignitoso, di poter contribuire alla vita della famiglia e della società. Per non ripetere gli stessi errori, tuttavia, i progetti vanno condivisi e devono essere sostenibili, le soluzioni non devono essere né dei rattoppi né veloci. Riferendosi ai tre concetti-pilastri di costruzione della società, dice che sono «imprescindibili per “dare vita ad un patto sociale”, senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente». L’ambiente culturale deve essere di respiro globale in cui vi è un impegno per «le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature» educate alla promozione dell’ecologia integrale sostenibile incentrata sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente.
Il testo comprende una serie di questioni, molte delle quali abbandonate da tempo, a cui l’umanità intera si trova oggi a dover affrontare.
Se da un lato la pandemia ha fatto riscoprire il valore della solidarietà, dell’essere accomunati dalle conseguenze negative che la pandemia ha riversato nella vita individuale e sociale, della compassione, dall’altro, evidenza Papa Francesco ha portato anche in alcuni ad atteggiamenti di chiusura agli altri o di protesta violenta ma il dialogo rimane l’alternativa sempre possibile.
Papa Francesco si riferisce ad una alleanza tra giovani e anziani resa necessaria dalla accresciuta incertezza sul futuro che la pandemia ha causato e nella quale c’è un aiuto di vicinanza degli uni con gli altri in un’economia e in una tecnologia avanzate, nell’insegnamento dal passato per avere solide basi di riflessione nel presente per la costruzione di un futuro, nella conservazione dell’ambiente, «del creato affidato alla nostra custodia».
Alla conoscenza – istruzione ed educazione – che forma l’individuo e le comunità, a cui deve accompagnarsi una cultura della “cura”, capace di abbattere i “muri”, il Pontefice aggiunge anche la concezione del lavoro inteso come strumento necessario che « è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale». Solo l’unione delle forze può consentire di inventare condizioni e soluzioni lavorative per una vita dignitosa, non precaria, non priva di protezione sociale, libera da ogni forma violenta delle organizzazioni criminali, di riconoscere i lavoratori migranti. Richiama la politica al suo dovere riguardo al lavoro e alle spese militari che «sono aumentate, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda” e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante» investendo le risorse anziché per gli armamenti per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio.
Il Cardinale Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero pontificio per il Servizio dello sviluppo umano integrale, durante la conferenza stampa di presentazione del messaggio del Papa, ha riportato alcuni esempi di analogie tra il popolo di Israele e la società contemporanea. Paragonando la situazione del popolo di Israele in esilio a quella di crisi economica e dei valori della nostra società Turkson ne cita alcuni, l’esperienza di alienazione, di rigetto di un cammino di pace, di esperienza di morte e minaccia alla vita, di inattività o mancanza di un’esistenza produttiva. E quella del desiderio di pace che cresce nella nostra società a seguito dell’esperienza della paura, della ostilità e dell’insicurezza, della mancanza di una innervatura morale ed etica, di una volontà politica capace di impegnarsi per salvaguardare la vita dinanzi alla minaccia dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze economiche e della pandemia, l’incapacità di avere una visione a lungo periodo.
Dopo aver fatto osservare come anche in questo Messaggio i giovani sono al centro dell’attenzione, ricordando la loro consapevolezza del dover stare dentro al conflitto tra noi e la terra e del loro impegno da due anni, chiamati dal Papa stesso, per l’Economy of Francesco che richiama i principi nell’enciclica Laudato sii, ad un dialogo con gli adulti per restituire le ingiustizie fatte ai poveri chiamati dal nel Sr. Alessandra Smerilli ha annunciato il progetto che presto sarà avviato dal Dicastero, “lavoro per tutti”: «sarà una grande operazione di ascolto di tutti coloro che nei diversi luoghi stanno cercando soluzioni creative ai problemi del lavoro. Ascolto, discernimento e messa in comune, creare le condizioni perché qualcosa di nuovo accada. Perché si costruisca la pace attraverso condizioni di lavoro dignitose per tutti», ha infine concluso sr Smerilli.
Quando il Papa parla di un’educazione verso una cultura della “cura” si intende, ha spiegato Padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, «come cura della casa comune e della famiglia comune. Ogni essere umano è chiamato a prendersi cura del creato e dei fratelli e delle sorelle, come una vocazione personale, e per questo gli devono essere assicurate le conoscenze e le competenze necessarie». E ha aggiunto concludendo che «anche qui non possiamo non fare riferimento al contesto migratorio, sempre più popolato da lavoratori impiegati nel settore della cura, esempi silenziosi ed umili di dedizione e sacrificio».