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Un linguaggio che sradica la cultura cristiana non può essere inclusivo Criticata la bozza documento della Commissione UE all'uguaglianza sulla comunicazione inclusiva

30 Novembre 2021

Non è con la scelta di un linguaggio neutrale volto a sradicare l’appartenenza culturale e religiosa che ci si pone in un atteggiamento antidiscriminatorio e di rispetto nei confronti dell’altro, sia individuo, gruppo o sia popolo.

Ha suscitato forti criticità in alcuni punti, prevalentemente dall’ambiente cattolico, ma non solo, il documento presentato di recente e ritirato in data odierna, 30 novembre, dalla proponente stessa della Commissione europea all’Uguaglianza Helena Dalli. In forma di bozza il testo, #UnionOfEquality ad uso interno, delineava linee guida della Commissione europea per una comunicazione istituzionale inclusiva da adottare nella Commissione tra colleghi ed esterna per documentare giornalisti, postare i social media etc. Scusandosi ha ammesso pubblicamente che «non si tratta di un documento maturo e non incontra gli standard di qualità della Commissione» e «necessita chiaramente più lavoro». Si è posta l’obiettivo di «illustrare la diversità della cultura europea e mettere in primo piano la natura inclusiva della Commissione europea verso tutti i cammini di vita e credenze dei cittadini europei».

Perché il documento ha sollevato reazioni?

Tra suggerimenti e regole per bandire stereotipi di genere, di età, di razza, si vieta l’uso maschile riferito alle attività lavorative come policemen, poliziotti, o workmen, lavoratori o il pronome maschile egli e il suo (he e his). Si cancellano le espressioni tradizionali di cortesia di indirizzo generico finora usate: Miss o Mrs, Signorina o Signora, ma si deve usare il neutro Ms per tutto e nel caso di persone al di fuori del genere maschile e femminile o sulle quali non si hanno informazioni Mx è appropriato. Scompare l’espressione Gentili Signore e Signori (Ladies and Gentlemen) sostituita da gentili colleghi o gentili partecipanti (Dear colleagues/participants). All’uso di wives (mogli) va preferito quello di partners.

Non si parte dal presupposto che tutti siano eterosessuali, identificati con il loro genere dalla nascita. Compaiono partner o gay person, non semplicemente a gay. O presumendo che tutti sono Cristiani e pertanto Holiday (festività) sostituisce Christmas (Natale).

Non si devono usare nomi propri derivati dalla religione cristiana come Maria e Giovanni, un altro nome o piuttosto il cognome.

La risposta della Chiesa cattolica nell’Unione Europea (Comece)

Mentre apprezza l’importanza dell’uguaglianza e della non discriminazione nel linguaggio della comunicazione non può però fare «a meno di essere preoccupata sull’impressione che una questione antireligiosa caratterizzi alcuni passaggi della bozza del documento». Riporta l’esempio della difficoltà che si verrebbe a trovare il personale della Commissione che non può usare l’espressione “Vacanza natalizie” (Christmas holiday) o nomi cristiani o nominare quelli religiosi.

Afferma con tono asciutto ed esplicativo il presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione Europea (Comece) il Cardinale Jean-Claude Hollerich: «Mentre la Chiesa cattolica nell’Unione europea sostiene del tutto l’uguaglianza e combatte la discriminazione, è anche chiaro che tutti questi due obiettivi non possono condurre a distorsioni o autocensure. La premessa di valore della inclusività non dovrebbe causare l’effetto opposto dell’esclusione». Conclude che attende una revisione del documento che ha causato un certo imbarazzo nel rappresentare le istituzioni dell’Unione europea.

Dal Vaticano

Nel condividere quel che più oggi sta a cuore, la cancellazione di tutte le discriminazioni, ciononostante il segretario di Stato della Santa Sede il cardinale Pietro Parolin, in un’intervista a Vatican News afferma che: «questa non è certamente la strada per raggiungere questo scopo. Perché alla fine si rischia di distruggere, annientare la persona, in due direzioni principali. La prima, quella della differenziazione che caratterizza il nostro mondo, la tendenza purtroppo è quella di omologare tutto, non sapendo rispettare invece anche le giuste differenze, che naturalmente non devono diventare contrapposizione o fonte di discriminazione, ma devono integrarsi proprio per costruire una umanità piena e integrale».

La seconda riguarda «la dimenticanza di ciò che è una realtà. E chi va contro la realtà si mette in serio pericolo. E poi c’è la cancellazione di quelle che sono le radici, soprattutto per quanto riguarda le feste cristiane, la dimensione cristiana anche della nostra Europa. Certo, noi sappiamo che l’Europa deve la sua esistenza e la sua identità a tanti apporti, ma certamente non si può dimenticare che uno degli apporti principali, se non il principale, è stato proprio il cristianesimo. Quindi, distruggere la differenza e distruggere le radici vuol dire proprio distruggere la persona».

redazione Bioetica News Torino