Tra paziente e medico fiducia sull’ultimo tratto
15 Ottobre 2015Il 17 settembre la Fondazione Cortile dei Gentili ha presentato nella sede del Senato un documento sulle scelte di fine vita («Linee propositive per un diritto della relazione di cura e delle decisioni di fine vita») col quale intende offrire la definizione di principi condivisi e adeguati alla realtà del
delicatissimo rapporto fra medico e paziente. Il testo è stato elaborato da alcuni membri del Comitato scientifico del Cortile, grazie all’aiuto anche di contributi estremi di credenti e non credenti. Il testo presenta tre principi cui le cure dovrebbero ispirarsi: appropriatezza, proporzionalità e consensualità. «La cura – vi si legge – è appropriata non solo quando soddisfa i parametri di oggettiva validità scientifica, ma quando è in sintonia con il sentire del paziente rispetto al suo bene e riscuote cosi la sua fiducia». E ancora: «La cura è proporzionale quando tiene conto insieme dei benefici e della sofferenza della persona curata… La cura è infine consensuale, perché consensuale è tutta la relazione di cura, un processo che deve portare alle decisioni terapeutiche in modo commisurato alle condizioni del paziente».
L’attuazione di questi principi si realizza con una serie di strumenti: la pianificazione condivisa delle cure; il fiduciario, cioè la persona dalla quale il paziente può decidere di essere affiancato o rappresentato; le dichiarazioni anticipate del paziente. La lettura del documento rivela un forte impegno di
confronto su temi delicati: «Nei casi di legittimo rifiuto o di non proporzionalità delle cure l’astensione e l’interruzione sono condotte che adempiono a un dovere deontologico e come tali devono essere sottratte a sanzione, sia civile che penale. Per converso, ove l’interruzione esiga l’intervento del medico e possano insorgere in ciò i presupposti per l’obiezione di coscienza, il medico potrà legittimamente sottrarsi all’intervento, nel rispetto tuttavia del dovere deontologico di assicurare altrimenti la continuità di assistenza». Quest’ultimo punto – l’obiezione di coscienza – richiede approfondita discussione, stante la forte e pericolosa tendenza mondiale a livello legislativo a ridurne gli spazi.
Più in generale occorre chiedersi se l’eleganza della relazione medico-paziente, come è descritta nel testo, sia realistica in rapporto alle condizioni dei malati e all’organizzazione del nostro sistema sanitario. Leges sine morìbus vanae: una buona linea guida senza una buona prassi è irrilevante. Ed è noto che sulla buona prassi, dalla quale siamo abbastanza lontani, occorre lavorare molto. Infine una parola va al legislatore. Il documento si propone certamente come aiuto per un intervento sulle decisioni di fine vita. Anche qui sorge una domanda: il Parlamento saprà cogliere la complessità dei valori in gioco, trovando un equilibrio rispettoso delle persone deboli e lasciando da parte le derive libertarie in agguato? Auspichiamo che il documento apra un dibattito di qualità.
Michele Aramini
Fonte: «Avvenire»