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106 Settembre
Speciale Dignitas Infinita

Tra destino e salvezza: la fortuna ed il mondo nel mosaico della basilica del Salvatore a Torino con un'intervista al direttore del Museo Diocesano, Paolo Messina

Abstract

Cos’è la fortuna? Matrigna o amica? Alla figura divina che ne personifica il concetto Orazio si rivolge negli anni incerti del suo tempo, tra le guerre civili e le ignote sorti di Roma. E la fortuna è soggetto iconografico centrale, inserita nella mappa del mondo del pavimento musivo della basilica del Salvatore nell’XII secolo a Torino. Qui il complesso programma iconografico dell’opera esprime la mutevolezza e la caducità terrena. La fugacità della propria condizione esistenziale soggetta all’imprevedibilità della fortuna ed il volere di Dio si uniscono a delineare in un messaggio salvifico la sorte del mondo e dei suoi abitanti.
Il grande mosaico recuperato, restaurato ed in mostra da giugno all’interno del Museo diocesano di Torino consente di percorrere i temi dell’esistenza attraverso l’arte e di riflettere sulle connessioni culturali greco e romane in dialogo con la cultura cristiana. Oggi, in un mondo diviso e in guerra, in cui si riproduce immutato il paradigma della divisione tra le genti, la fortuna posta al centro della mappa del mondo nel mosaico parla della fragilità dell’esistenza terrena ed è monito che guarda alla temporaneità illusoria dei beni materiali e del potere con un messaggio universale che attraversa il tempo e le culture.

«O diva, gratum quae regis Antium,
praesens vel imo tollere de gradu
mortale corpus vel superbos
vertere funeribus triumphos»

«O dea che regni sulla cara Anzio,
capace di sollevare
dal più basso gradino l’uomo
o di mutare in lutti i superbi trionfi»

(Orazio, Le Odi, Libro 1, XXXV)

Cos’è la fortuna? Matrigna o amica? Alla figura divina che ne personifica il concetto Orazio si rivolge negli anni incerti del suo tempo, tra le guerre civili e le ignote sorti di Roma.
La rappresentazione della fortuna, tema dall’antica impronta classica e pagana, inserita all’interno di una basilica paleocristiana alla fine del XII secolo richiama la dicotomia tra destino e salvezza. E’ quanto ammiriamo nel mosaico – databile tra il 1170 e il 1190 – recuperato e riposizionato dopo il suo restauro nel sito che corrisponde all’antica navata centrale della chiesa inferiore della Cattedrale, all’interno del Museo diocesano di Torino 1 .

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Mosaico della fortuna della basilica del Salvatore, Museo Diocesano Torino, dettaglio. ©foto Gianfranco Roselli. Per gentile concessione del Museo Diocesano TO, riproduzione vietata

Incontro di culture

Qui la fortuna, la volubilità del destino, i cambiamenti e il dominio sulle sorti dell’umanità, con le loro antiche connessioni culturali greche e romane, dialogano con la cultura cristiana. La nuova esposizione, inaugurata a giugno scorso, mostra l’opera realizzata per la chiesa del Salvatore nel XII secolo e raffigurante la ruota della fortuna al centro della mappa del mondo 2 . Un complesso programma iconografico, parzialmente conservato ma completamente leggibile, che accosta due temi propri dell’immaginario culturale medievale, rappresentando visivamente le conoscenze geografiche presenti nella trattatistica e gli insegnamenti moraleggianti sulla vanità delle glorie terrene narrati nei testi letterari.
Attraverso l’iconografia della dea coronata e della ruota, del mondo e degli esseri che la abitano, del potere e delle sventure che lo bilanciano, il mosaico presbiteriale compone una traiettoria tra classicità greca e latina e cristianesimo medievale. Tema profano, quello della fortuna, che attraversa i modelli figurativi che dall’antichità, dalla letteratura classica passano ai codici miniati, al romanico per giungere nel presbiterio della chiesa, a comporre i 54 metri quadrati di mosaico pavimentale, in tessere bianche e nere ed elementi in terracotta, visibile al termine dei gradini da cui si accedeva al presbiterio.

Segno di inculturazione, come ha indicato l’arcivescovo di Torino mons. Repole, e armonizzazione del cristianesimo con le culture antiche, rielaborando immagini e narrazioni. Osserva l’arcivescovo:
“Il mosaico fungeva da pavimento per il presbiterio della Basilica e, come gran parte delle opere e degli apparati decorativi che troviamo nelle chiese antiche, intendeva portare un messaggio forte: la caducità delle nostre vite, dei nostri pensieri, delle nostre opere materiali. E’ un messaggio universale, perché l’arte ha la forza di parlare al cuore degli uomini di ogni tempo” 3 .
La mutevolezza e la caducità terrena, la fugacità della propria condizione soggetta all’imprevedibilità della fortuna ed il volere di Dio si uniscono così a delineare in un messaggio salvifico la sorte del mondo e dei suoi abitanti.

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Mosaico della fortuna della basilica del Salvatore, Museo Diocesano Torino, dettaglio. ©foto Gianfranco Roselli. Per gentile concessione del Museo Diocesano TO, riproduzione vietata

la corona, la ruota e la mappa del mondo

Sul volgere del XII secolo l’area presbiteriale della chiesa del Salvatore fu ampliata verso ovest, rialzata rispetto alle navate e arricchita da questo grande mosaico, raffigurante la fortuna e la rappresentazione della mappa del mondo. Il percorso dalla navata centrale al presbiterio si dischiudeva con una frase a monito della vanità e caducità terrena inserita nella pavimentazione musiva, parole ammonitrici di cui sono oggi visibili i frammenti. Al centro della composizione la fortuna appare nell’atto di far girare la ruota, che regola le sorti dell’uomo, lo innalza e lo fa cadere, determina successi e disgrazie. Il moto di ascesa e discesa è rappresentato da una figura che sale, raggiunge l’apice della gloria per poi precipitare trascinato dalla sventura.  Il mosaico è una grande mappa del mondo conosciuto ed evocato attraverso animali e figure fantastiche – come i grifoni, i leoni, l’elefante e le gru -, che abitavano le regioni della terra, anche le più lontane e misteriose. Attorno alla scena della fortuna appaiono tondi con figure di animali ed il cerchio dell’Oceano con i segni delle onde delimita le terre allora note dei continenti di Europa, Africa e Asia. Dagli angoli della mappa soffiano i venti personificati. La narrazione richiama i passi delle Etymologie e del De natura rerum di Isidoro di Siviglia (VI-VII sec).

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Mosaico della fortuna della basilica del Salvatore, Museo Diocesano Torino, dettaglio. ©foto Gianfranco Roselli. Per gentile concessione del Museo Diocesano TO, riproduzione vietata

La fortuna al centro della mappa del mondo nel mosaico della chiesa del Salvatore parla della fragilità dell’esistenza terrena con un messaggio universale che attraversa il tempo e le culture.

fortuna: matrigna o amica?

Cos’è la fortuna? Matrigna o amica? Parola ancipite, dalla doppia natura, fausta e infausta, connessa al latino fors, il caso, che prelude a condizioni incerte e casuali, propizie o di sventura. Rappresentata nell’arte statuaria e in santuari a lei dedicati, venerata seppure nell’oscurità dei suoi disegni imprevedibili ed incomprensibili agli umani. E’ il fato latino, ineluttabile ed imperscrutabile destino. Alla figura divina che ne personifica il concetto Orazio si rivolge negli anni vaghi del suo tempo, tra i lutti delle guerre civili e l’incertezza delle sorti di Roma. E’ la tyche greca, che esprime non solo casualità, ma anche inevitabilità, venerata anche a Roma.

Può cambiarti la vita e rendere visibili gli opposti: il trionfo e la morte, e mutare improvvisamente il percorso e la condizione. Orazio rammenta che tutti la invocano e cita due condizioni in balia della sorte, quella del contadino povero della terra e di chi è alla mercè del mare. Nelle parole di Orazio c’è il presentimento dei pericoli latenti dell’estensione territoriale e della dimensione imperiale, del potere politico connesso a quello militare; affiora il senso di colpa per le devastazioni delle guerre civili fratricide e la reverenza per le nuove generazioni -immuni da quelle colpe- su cui fondare la ricostruzione morale di Roma. Temuta dai selvaggi Daci e dagli Sciti pastori nomadi, dai fieri abitanti dell’antico Lazio, dalle madri dei re barbari e dai potenti. Il rapido mutare delle situazioni è legato a lei, e Orazio dipinge la folla che si solleva e il dilagare della rivolta che tutto avvolge e travolge. Il volgo si allontana, si dileguano gli amici quando la fortuna abbandona i potenti, attorno si fa il vuoto: il volgo “infido”, come la meretrice che falsamente giura fedeltà, tradisce. La fortuna è preceduta da un servo terribile, ananke la necessità, che avanza con gli strumenti del suo lavoro, quelli della tortura; la necessità è un carnefice, che crocifigge. Nell’ode precedente, la XXXIV, il potere di Giove e quello della fortuna si confondono:

« Valet ima summis
mutare et insignem attenuat deus
obscura promens: hinc apicem rapax
Fortuna cum stridore acuto
sustulit, hic posuisse gaudet.
»

« Il dio muta gli abissi in cime, e il buio
in luce, e rende umile il superbo.
Con stridìo lacerante la Fortuna
strappa il diadema a un re, poi si compiace
di metterlo sul capo a un altro uomo.
»

Avviandosi i tempi tardoantichi e medievali e liberata dal caso, la fortuna conferma il suo carattere imperscrutabile all’uomo unendolo al senso della provvidenza divina a cui affidarsi. Nel De consolatione philosophiae di Boezio sono presentati il simbolismo della ruota della fortuna e il monito a non cedere alla lusinga 4 . Qui la dea, indifferente alle pene e sofferenze umane, richiama al filosofo la forza che muove la ruota e porta al fondo ciò che è in alto ed eleva ciò che è in basso. La ruota è metafora letteraria in Dante – «Però giri fortuna la sua ruota / come le piace, e ‘l villan la sua marra» 5 -, il quale affida a Virgilio la riflessione sulla caducità dei beni affidati alla fortuna, connettendo la rappresentazione classica (come una fiera che trattiene tra i suoi artigli le ricchezze del mondo) e la vera natura della fortuna come “general ministra e duce” nell’ordine provvidenziale del moto dei cieli 6 .

Alle descrizioni letterarie della fortuna e della ruota corrispondono le rappresentazioni figurative nei disegni dei manoscritti, come nel codice di Montecassino dell’XI sec. (cod 189) dove quattro figure sono disposte intorno a un cerchio agli estremi di due assi ortogonali e la sfortuna e l’incertezza si palesano come attributi della condizione della vita. La ruota è figurazione dello scorrere della vita e rimanda e richiama l’invocazione a Dio giudice, alternativa tra la fortuna e il caso. Con connotazione morale, l’immagine è presente nei manoscritti di testi sacri e di letteratura profana. Nell’ Hortus deliciarum, opera enciclopedica moralistica della badessa Herrad von Landsberg (XII dC), destinata alla educazione ed elevazione spirituale, è disegnata la ruota della fortuna. Presentata con una figura femminile incoronata, seduta in trono, mostra la vanità del mondo attraverso personaggi che precipitano o ascendono. Il tema è anche posto in opposizione alla sapienza o virtù, come nel Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli, opera miniata di fine XII nella quale la vittoria di Enrico VI sul normanno Tancredi è presentata come vittoria della sapienza sulla fortuna. La ruota della fortuna compare nel taccuino dei disegni di Villard de Honnecourt (1225 dC ca).

Alla ruota della fortuna, soggetto morale, letterario, filosofico, storico-politico e iconografico, diffuso dall’età classica a quella moderna, il pavimento musivo di Torino affianca un altro focus: la rappresentazione del mondo. Guardando la bellezza dei mondi noti nel XII secolo e rappresentati iconograficamente nel mosaico appare l’eco di tutta la complessità di popoli citati da Orazio e che temono la fortuna, in una descrizione che accomuna l’umanità nelle sorti e nella inquietudine della vita sino ai confini ignoti della terra.
Nel cerchio di Oceano, che racchiude e coinvolge tutti i popoli, conosciuti o leggendari, affiora la condizione che ci accomuna nel tempo e nello spazio del mondo, nei nostri destini e nel senso dell’esistenza.
Un tema profano, calpestabile senza offesa alcuna nel mosaico pavimentale del presbiterio del XII secolo, e che innesta i contenuti del cristianesimo ed il senso della vita e della salvezza.

un mosaico per riflettere

INTERVISTA A PAOLO MESSINA, DIRETTORE DEL MUSEO DIOCESANO DI TORINO 7

D.  La collocazione del mosaico all’interno del Museo diocesano recupera il legame con la storia della basilica del Salvatore e ha determinato una riorganizzazione degli spazi espositivi museali. Quali sono state le scelte, i risultati e le reazioni?

R. La collocazione scelta è quella che risultava ottimale sia per le rilevanti dimensioni del mosaico, che rendevano opportuna la collocazione nella navata centrale sia in riferimento alla sua originaria funzione di pavimento del presbiterio dell’antica chiesa del Salvatore, poiché il mosaico si trova ora al centro dell’area museale dedicata all’Eucaristia e alla sua celebrazione. Si è posta cura ad evitare che la quinta con i grandi video che aiutano la comprensione del mosaico non fosse di altezza tale da far perdere la percezione complessiva del volume architettonico di tale navata. È stata una scelta confortata dalle reazioni dei visitatori, che mostrano di apprezzare anche la nuova collocazione resasi necessaria per il grande Cristo crocifisso proveniente dalla Collegiata alta di Rivoli e alcune altre statue, ora raggruppate tematicamente.

D. Pensi che la visita al mosaico possa stimolare una riflessione etica e spirituale, oltre la fruizione storico artistica? In particolare guardando al programma iconografico realizzato, con l’allegoria della ruota della fortuna inserita nella mappa del mondo, tra destino e salvezza, il suo monito può parlare a tutti, al di là della dimensione della fede, ed essere percepito come attuale ancora oggi e universale per tutti?

R. Se la visita non stimolasse anche la riflessione etica e spirituale, resterebbe insoddisfatta una finalità propria di qualsiasi allestimento museale e ancor più di un Museo diocesano.

Il tema della caducità o per lo meno della temporaneità di ogni condizione umana, un tempo richiamato con l’espressione memento mori e con l’invito, in ambito cristiano, alle pratiche spirituali di apparecchio alla buona morte, resta comunque attuale e universale, come universale è l’esperienza del limite e del non prevedibile né controllabile, con cui fare quotidianamente i conti nelle vicende umane, non solo in riferimento alla morte.

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Mosaico della fortuna della basilica del Salvatore, Museo Diocesano Torino, dettaglio. ©foto Gianfranco Roselli. Per gentile concessione del Museo Diocesano TO, riproduzione vietata

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La figura della fortuna che fa girare la ruota e regola le sorti dell’uomo interroga su destino e salvezza, su fato e provvidenza. Condividendo motivi antichi, intreccia temi profani della classicità, richiami biblici, narrazioni letterarie e immagini dell’arte e dell’architettura.
La bellezza e la felicità così come i drammi e le sciagure sono parte della vita e del suo corso, nella mutevolezza e caducità. Condizione che ci accomuna tutti, oggi come sempre, in un mondo disunito e in guerra, in cui si riproduce immutato il paradigma della divisione tra le genti. Dall’antichità pagana al cristianesimo il messaggio di una comune condizione esistenziale inscritta nella mappa del mondo, al di là delle perenni divisioni e separazioni dei popoli e dell’umanità, suggerisce di addentrarsi nella dicotomia di destino e salvezza e di ricongiungere allo spirito la ricerca di verità e di valori, liberandosi della contingente e precaria dimensione materiale.

Cos’è poi la fortuna? Dal paradosso del Libro del Siracide (20, 9) il monito suggerisce di non fermarsi all’apparenza « Nelle disgrazie può trovarsi la fortuna per un uomo,/mentre un profitto può essere una perdita. »
Così la filosofia suggeriva a Boezio di guardare:

« Che cosa è dunque quella, o Boezio, la quale t’ha in tristezza sbattuto, e a sì gran pianto?
Io per me penso che tu abbi alcuna cosa veduto nuova e indisusata. Se tu stimi che la fortuna si sia verso te mutata, tu l’erri.
Questi son sempre stati i costumi suoi, così è fatta la natura di lei; anzi ha ella, rivolgendotisi, mantenuto più tosto la sua costanza, che è proprio di mutarsi:
cotale era ella quando t’accarezzava; cotale quando con zimbelli e allettamenti di non vera felicità ti si girava d’intorno, sollazzandoti » 8.

Oggi come un tempo, la fortuna posta al centro della mappa del mondo nel mosaico della chiesa del Salvatore, parla della fragilità dell’esistenza terrena ed è segno che guarda alla temporaneità illusoria dei beni materiali e del potere con un messaggio universale che attraversa i secoli e le culture e ci contrassegna tutti nella nostra umanità e nel bisogno di spirito.

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Mosaico della fortuna della basilica del Salvatore, Museo Diocesano Torino, dettaglio. ©foto Gianfranco Roselli. Per gentile concessione del Museo Diocesano TO, riproduzione vietata

Note

1 Durante lavori di manutenzione nell’area del duomo nel 1909 fu individuato il mosaico, documentato e fotografato dallo studioso Pietro Toesca. Il mosaico era già incompleto a seguito dello scavo delle tombe dei secoli XV e XVI. I frammenti del pavimento musivo furono rimossi e conservati nel Museo civico e ricomposti nel 1934 a Palazzo Madama, alterando la posizione dei frammenti per adattarli all’esposizione. Nuovamente rimosso nel 1989 fu oggetto di restauro al fine di ricomporre il disegno originario dell’opera e di rimontarne correttamente le parti. Il mosaico fu ricollocato a fianco del duomo, in corrispondenza del presbiterio dell’antica basilica, e visibile dal 2006, tra il muro perimetrale del Duomo e il campanile, grazie alla struttura vetrata progettata dallo studio Gabetti e Isola. Cause conservative e infiltrazioni d’acqua, determinarono il suo smontaggio nel 2015 e la conservazione nei depositi dei Musei Reali. Oggi, dopo il restauro con il sostegno della Consulta torinese dei beni culturali e di Reale Mutua, il mosaico ha trovato la propria definitiva sistemazione, nell’allestimento di Massimo Venegoni, all’interno del Museo Diocesano. L’attuale collocazione, nell’area museale e archeologica sottostante il duomo, restituisce visibilità alla grande opera musiva. Tale intervento ha determinato un riallestimento dell’area eucaristica del Museo. Il Museo diocesano fu inaugurato nel 2008 dal card. Poletto con la direzione di don Luigi Cervellin ed il contributo scientifico di don Natale Maffioli e successivamente posto sotto la guida di don Carlo Franco. Sito negli spazi della chiesa inferiore della Cattedrale di San Giovanni, mostra parti emerse dagli scavi archeologici, una stratificazione di secoli di storia, come i resti di edifici d’epoca romana, delle basiliche paleocristiane ed un sepolcreto medievale. L’attuale collocazione dell’opera musiva pavimentale della chiesa del Salvatore e la sua fruibilità museale avviene in corrispondenza all’apertura al pubblico dello straordinario percorso archeologico sotterraneo della chiesa antica, da parte dei Musei Reali che ricompone una linea di scoperta, conoscenza e fruizione dei segni del passato e che attraversa l’età romana e giunge alla cristianità nell’area reale e religiosa della città. Si ricongiunge così visibilmente una storia di segni e di fede iniziata alla fine del IV secolo quando il fulcro della città cristiana era rappresentato dalla chiesa dedicata a Cristo Salvatore, fatta costruire da Massimo, primo vescovo di Torino.

2 Tra il 1996 e il 2000 nuove campagne di scavi consentirono di approfondire il sito archeologico. L’antica basilica del Salvatore a tre navate fu fondata a fine IV sec , ricostruita agli inizi dell’XI sec., ampliata nel XII sec, demolita a fine ‘400 per la costruzione del nuovo Duomo.

3 Da Cartella stampa “Presentazione restauro e allestimento mosaico medievale di San Salvatore”, venerdì 21 giugno 2024 Museo diocesano Torino, in occasione della inaugurazione del restauro e dell’inserimento espositivo del mosaico al Museo diocesano il 21 giugno 2024.

4 Boezio, De consolatione philosophiae, 524 d.C.

II, 1 «Non illa miseros audit, haud curat fletus; / ultroque gemitus dura quos fecit ridet: / sic illa ludit, sic suas probat vires» ; «Non ascolta gli infelici, non si cura dei loro pianti; / deride inoltre i lamenti che essa, crudele, ha provocato: / così essa scherza, così mette alla prova le sue forze».

II, 2 «Rotam volubili orbe versamus, infima summis, summa infimis mutare gaudemus. Ascende, si placet, sed ea lege, uti ne, cum ludicri mei ratio poscet descendere iniuriam putes» ; «facciamo girare la ruota in volubile cerchio, godiamo  del  mutare  le  cose infime  con  quelle  più elevate e le  più elevate  con le  infime. Sali, se ti è gradito, a questo patto, che tu non stimi offensivo discendere quando la regola del mio gioco lo chiede».

5 Inf. XV, vv. 95-96

6 Inf. VII vv. 67-99

7 Paolo Messina, diacono, è l’attuale direttore del Museo diocesano di Torino per il triennio 2023 – 2026

8 Boezio, De consolatione Philosophiae, Libro II.

 

© Bioetica News Torino, Settembre 2024 - Riproduzione Vietata

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