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95 marzo-aprile 2023
Speciale Pasqua 2023

Tecnologie “convergenti”: un potenziale rischio per l’umanità senza una prospettiva antropocentrica

Introduzione
A cura di Enrico LARGHERO

Con il crollo di una visione religiosa e spirituale del mondo e con l’affermarsi della laicità e dei “lumi” della ragione, l’uomo ed il suo sapere sono divenuti i protagonisti incontrastati della storia. La sciena è così assurta a depositaria della verità, costituendo in tal modo il punto di riferimento cui ispirarsi, l’unica forma di conoscenza in grado di guidare l’umanità.

Questa odierna mentalità proclama l’insignificanza della finitudine e non ammette che vi siano limiti costitutivi dell’essere umano. La realtà trasformata in un insieme di elementi manipolabili a piacimento, fa emergere tuttavia un nuovo disagio esistenziale, quello legato alla mancanza di un senso da riconoscere e da sviluppare. Infatti la crisi contemporanea dei valori ha portato erroneamente a cercare dei fondamenti non nella morale, ma nelle tecno-scienze. Purtroppo i fatti hanno dimostrato che ciò non corrisponde al  vero e che la tecnica può essere un mezzo, ma non un fine; può fornire gli strumenti per progettare il futuro, ma non può indicarci dove andare.

La grande assente nella cultura odierna è l’etica, ovvero una guida che permetta di disciplinare questo divenire tumultuoso e incontrollato che rischia di essere contro la persona e non a favore della sua dignità. Il progresso, in qualsiasi ambito, non deve essere guardato con sospetto, ma con prudenza. Così le novità proposte dall’ingegno devono essere sottoposte al vaglio della ragione e dell’esperienza prima di poter dimostrare la loro validità.

Essere consci del lato misterioso e indisponibile della vita – scriveva infatti Albert Einstein –   è il più bel sentimento che ci sia dato provare: sta alla radice di ogni arte e di ogni scienza vera e, si potrebbe aggiungere, di ogni vero scienziato che operi per la vita.


«Convergere sulla persona. Tecnologie emergenti per il bene comune» è stato il tema della XXVIII Assemblea Generale promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita, che si è svolta recentemente in Vaticano. Tema fortemente voluto da Papa Francesco il quale, già nella Lettera Humana Communitas del 2019, inviata in occasione del venticinquesimo anniversario della PAV, chiedeva di approfondire. Durante l’Udienza il Santo Padre ha esortato gli scienziati presenti a riflettere su tre temi fondamentali: «il cambiamento di condizioni della vita dell’uomo nel mondo tecnologico; l’impatto delle nuove tecnologie sulla definizione stessa di “uomo” e di “relazione”, con particolare riferimento alla condizione dei soggetti più vulnerabili; il concetto di “conoscenza” e le conseguenze che ne derivano».

Il workshop, seguendo le indicazioni di Papa Francesco, ha affrontato il tema delle tecnologie convergenti nelle diverse prospettive, scientifica, con una analisi sullo stato dell’arte delle nanotecnologie, delle biotecnologie, dell’informatica e delle scienze cognitive; antropologica, declinata negli aspetti filosofici, teologici, etici e giuridici; medico-sanitaria con riferimento all’assistenza pubblica e globale.

Le tecnologie convergenti rappresentano un ambito di carattere scientifico-tecnologico di grande attualità che richiede un approccio interdisciplinare e transdisciplinare; necessita di un dialogo costante, proficuo e costruttivo tra scienza, tecnica, filosofia e teologia, ma anche antropologia, sociologia ed economia in quanto ogni singolo ambito contribuisce a definire e guidare il progresso scientifico che in modo esponenziale si sta sviluppando.

Etica, bussola di orientamento per la realizzazione e salvaguardia del bene comune

«Come affrontare le paure, le incertezze e i rischi che possono emergere da un uso della tecnica a scapito del benessere dell’umanità?» si sono domandati i partecipanti al workshop, come salvaguardare il valore, la dignità e l’integrità della persona umana; come informare ed educare «all’uso delle tecnologie emergenti»; come indirizzarle correttamente verso il raggiungimento del bene comune, seguendo la strada tracciata dalle encicliche Laudato sì e Fratelli tutti.

Di tecnologie convergenti si cominciò a parlare nel 2002 negli Stati Uniti nell’ambito di un convegno organizzato dalla National Science Foundation (Converging Technologies for Improving Human Performance).

Il termine indica l’azione combinata di nanotecnologie (nano); tecnologie applicate agli esseri viventi tra cui le scienze della vita molecolari e la biologia sintetica (bio); sistemi informativi, comunicazioni e intelligenza artificiale (info); scienze cognitive e neuroscienze (cogno). Questo insieme di domini tecno-scientifici e i relativi risultati sono noti con l’acronimo NBIC.

Prospettive straordinarie accolte dal mondo scientifico con entusiasmo, ma anche con preoccupazione per i potenziali rischi derivanti da applicazioni in grado di trasformare in modo radicale ed irreversibile l’essere umano. Non sono voci isolate quelle che acclamano ad un nuovo Rinascimento della natura umana, che spingono verso la perfezione e il potenziamento della capacità fisiche e intellettive di persone sane.

Non a caso Mons. Vincenzo Paglia, presidente della PAV, ha ricordato nella sua prolusione lo scienziato Ishiguro Hiroshi, noto per i suoi robot identici agli umani, il quale «parlò dell’umanità di oggi come l’ultima generazione organica, la prossima sarebbe stata sintetica».

«La Pontificia Accademia per la Vita ha sentito la responsabilità di affrontare», ha continuato Mons. Paglia, «questa nuova frontiera che coinvolge radicalmente l’umano, consapevole che la dimensione etica è indispensabile per salvare, appunto, l’umano». Nei loro interventi gli scienziati invitati hanno sottolineato come lo sviluppo delle tecnologie convergenti debba essere indirizzato in una prospettiva antropocentrica, olistica perché possa conciliarsi, come ha auspicato il Papa, con il parallelo sviluppo dell’essere umano in termini di responsabilità, di valori e di coscienza.

Di fronte a queste nuove e straordinarie innovazioni, ha sottolineato la professoressa Laura Palazzani, è richiesta prudenza; si deve vigilare e «riflettere, caso per caso, su ogni tecnologia ed applicazione» evitando di cadere negli estremismi opposti “utopistici” o “apocalittici”.

Alla bioetica si chiede di estendere la comprensione semantica del termine “Vita” rispetto a quella sino ad oggi intesa, in quanto è in gioco l’essere umano. Sia sempre attivo un dialogo aperto, fiducioso e costruttivo tra le parti, fondamento di ogni relazione e convivenza sociale; il bene comune non sia visto solamente in ottica utilitaristica, ma come condizione in cui tutti possano realizzarsi come persone.

Mons. Paglia ha infine concluso richiamando l’attenzione su come la Chiesa incoraggia il progresso scientifico, prezioso frutto del genio umano, ma «non giustifica in nessun modo tecniche dannose per la dignità dell’essere umano».


Note
  • Ringraziamo il direttore Alberto Riccadonna per la pubblicazione dell’articolo concessaci di  Davide Boasso,  Il progresso della tecnica converga sulla persona,   in «La Voce e il Tempo»,  2 aprile 2023, pp.  27

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