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110 Febbraio - Marzo 2025
Inserto Il suicidio assistito

Suicidio assistito Riflessione del professor Giuseppe Zeppegno, docente di bioetica, sul fine vita, legalizzato a partir dall'11 febbraio 2025 nella regione Toscana

Siamo i padroni assoluti della nostra vita, oppure essendo l’esistenza un dono, ne siamo solo i custodi e quindi non possiamo decidere quando porvi fine? Il dilemma ha origini antiche, ma, nell’era delle tecnoscienze ha assunto nuovi significati. Sottratto all’ambito biologico, filosofico e teologico si è gravato di ulteriori valenze ideologico-politiche. Le recenti cronache toscane in tema di suicidio assistiti hanno nuovamente acceso le polemiche riproponendo, da parte di alcuni, la necessità di una legge per normare la materia non solo a livello regionale, ma nazionale. Le riflessioni equilibrate e competenti di Giuseppe Zeppegno allargano l’orizzonte con la prospettiva della Bioetica, contribuendo così, da un altro punto di vista, a far luce sulle tematiche del fine vita.   

Enrico Larghero


Il ricorso al suicidio medicalmente assistito dall’11 febbraio scorso è legale in Toscana. La legge, denominata Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024, è stata approvata con larga maggioranza: 27 voti favorevoli,13 contrari e un astenuto. L’hanno sostenuta gli schieramenti di sinistra (DP, Cinque Stelle, Italia viva e gruppo misto). Si sono dimostrate contrarie le compagini di destra (Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega). Stabilisce che le procedure per provocare la morte possono essere messe in atto quando sono presenti i seguenti requisiti stilati con l’attenta consulenza di un medico di fiducia: l’irreversibilità della patologia; la grave sofferenza fisica e/o psicologica; la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale; la capacità da parte del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli; l’adeguata manifestazione del consenso e l’informazione sulla possibilità di ricorrere alle cure palliative. Stupisce il fatto che si dichiari che è sufficiente informare dell’esistenza delle cure palliative. La Sentenza 242/2019della Corte costituzionale prevede, invece, che sia preventivamente stato affrontato un percorso con tali cure. È notoriamente provato che alleviando le sofferenze, diminuiscono drasticamente le richieste di provocare il decesso. La legge, inoltre, dispone che entro venti giorni dalla presentazione dei requisiti addotti dal richiedente, l’ASL competente dovrà convocare una Commissione che avrà il compito di valutare l’idoneità della domanda. Se sarà riconosciuta valida, la medesima Commissione dovrà definire le modalità di attuazione della procedura entro dieci giorni. Nei successivi sette giorni l’ASL dovrà predisporre gratuitamente il supporto tecnico, il farmaco e l’assistenza medica necessaria per l’attuazione dell’exitus finale. Allo scopo la Regione ha già stanziato 10.000 euro annui per il prossimo triennio.

Il testo assume in gran parte la proposta di legge stilata dall’ Associazione Luca Coscioni e titolata Procedure e tempi per l’assistenza regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale. L’Associazione, notando che il Parlamento ritarda a definire una normativa generale in materia, ha ritenuto di poter individuare la possibilità di ottenere lo scopo prefissato attraverso leggi regionali. La Toscana ha raggiunto per prima l’obiettivo ma la gran parte delle altre Regioni stanno valutando o hanno valutato con esiti discordi la questione. L’Abruzzo riprende il 18 febbraio prossimo l’iter per l’approvazione. La Puglia, le Marche, l’Emilia-Romagna, l’Umbria, la Liguria, la Lombardia, la Sardegna, la Campania, la Basilicata, la Calabria e la Valle d’Aosta hanno depositato un testo in materia. La discussione in alcuni casi si è arenata, in altri casi non si è ancora conclusa o si attendono nuovi progetti. In Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Lazio e Veneto, con motivazioni diverse, la proposta non è stata accolta o decisamente bocciata. Le uniche Regioni a non aver ancora posto la questione sono il Molise, la Sicilia e il Trentino-Alto Adige. Va annotato che la decisione della Toscana e quanto eventualmente decreteranno altre Regioni, molto probabilmente, sarà rigettata dalla Corte costituzionale perché nel nostro paese le materie dell’ordinamento civile e penale sono di esclusiva competenza del legislatore nazionale, quindi del Parlamento. 

Al di là di quanto sarà stabilito nel prossimo futuro dalle competenti istituzioni, come ricorda la nota pubblicata a fine gennaio dai vescovi toscani, per affrontare in modo adeguato la gravosa questione del fine vita è indispensabile superare al più presto «la lentezza della macchina politica statale a dare riferimenti legislativi al tema». Anziché legiferare sulle deresponsabilizzanti scelte suicidarie, sarebbe però opportuno ampliare la disponibilità del Servizio sanitario nazionale di gestire in modo adeguato la cura delle persone giunte alla fase terminale della vita. Va inoltre riaffermato che la dignità del malato in condizioni terminali richiede di evitare ogni intervento che procrastina unicamente il processo di morte. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, rifacendosi alla secolare tradizione ecclesiale, sostiene al riguardo che «l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima». È auspicabile quindi l’evitamento di ogni ostinazione terapeutica irragionevole. La desistenza, che non ha niente a che fare con l’eutanasia, ha il grande pregio di sospendere nella fase della terminalità ogni intervento che risulta inefficace per il miglioramento delle condizioni cliniche del paziente e allo stesso tempo di accompagnare verso la naturale conclusione dell’esistenza terrena secondo i più opportuni criteri bioetici e deontologici. 

Giuseppe Zeppegno

© Bioetica News Torino, Marzo 2025 - Riproduzione Vietata

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