Macchina da presa, penna e taccuino o portatile e cellulare sono gli strumenti di un servizio giornalistico. Si viene a conoscenza degli avvenimenti nel mondo, a livello generale e approfondito, mediante reportage ed inchieste, dagli operatori sul campo.
L’informazione viene diffusa ogni giorno dai media nelle diverse edizioni dei telegiornali, nelle pagine aggiornate, di ora in ora, dei quotidiani online. L’attenzione è sempre riposta per la maggior parte sui fatti più recenti.
Si può soffermarsi però a riflettere, per rivivere e far memoria, per conoscere, per posare uno sguardo differente, per interpellare la propria coscienza su eventi che sono accaduti nel mondo, che riguardano le molteplici difficoltà di popolazioni, storie di persone, habitat, temi sociali, scorrendo alcune immagini di affermati e professionisti fotoreporter e fotogiornalisti, già pubblicate sui media e riviste scientifiche internazionali, che sono state premiate dalla giuria internazionale della rassegna mondiale fotografica World Press Photo, che si tiene una volta all’anno e sono visibili sul sito ad essa dedicata, a fronte di migliaia di immagini pervenute.
Palazzo Madama di Torino ospiterà la mostra del 2021, prevedendo l’apertura da fine aprile, salvo imprevisti a causa di misure restrittive per il Covid-19 che hanno già inciso per le visite nel corso della mostra del 2020, conclusasi agli inizi di marzo di quest’anno.
Fra più di un centinaio di immagini, opere artistiche, si potrà sostare davanti a quel “muro” di plastica, malleabile, che si piega, si stropiccia e consente di dare, seppure in un modo nuovo, un accogliente e caloroso gesto di affettuosità da lungo tempo atteso, in First Embrace di M. Nissen (agosto 2020), che è tra i finalisti del 2021. Ritrae un abbraccio in una casa di cura brasiliana di una infermiera ad una donna anziana ultraottantenne, situazione che rievoca la drammaticità della situazione vissuta nel mondo a causa della diffusione virale del Sars-CoV-2, e anche nel nostro Paese, quello delle persone anziane isolate nelle strutture di cura che avrebbero dovuto difenderle e si sono rivelate trappole di morte, della loro fragilità e del loro bisogno di relazioni con le persone più care, degli operatori sanitari che si sono presi cura di loro, assistendoli, anche nei contatti telefonici con i familiari e le persone più care, e accompagnandoli “per mano” fino alla morte nelle terapie intensive degli ospedali, sopraffatti dal dolore di tante vite portate via dal Covid-19 ogni giorno.
La sofferenza che traspare dal volto e dal corpo debilitato da una malattia incurabile è ritratta da Jeremy Lempin in Doctor Peyo and Mister Hassen (finalista 2021), in una stanza di cura palliativa di un ospedale francese: una madre che riposa con accanto, nel letto, il proprio bambino mentre le è vicino un cavallo della pet terapy che con il muso la accarezza. Le ferite psicologiche e fisiche dei bambini vittime di guerra, di conflitti e di persecuzioni, sono profonde e difficili da rimarginare, la loro infanzia e adolescenza sono perdute. È lo sguardo fisso di una ragazza armena affetta dalla sindrome della Rassegnazione (RS), scattata in un centro di accoglienza per rifugiati in Polonia da Tomek Kaczor in Awakening (giugno 2019, World Press Photo 2020, 1 premio, ritratto singolo). Condizione di passività, assenza di stimoli al mangiare, al bere, fino ad essere nutriti con un sondino. Prevalentemente colpisce i bambini migranti, traumatizzati psicologicamente dalle lunghe e complesse attese o rifiuti di richiesta del permesso di soggiorno, individuata in Svezia, ma poi anche osservata in Italia e dai bambini provenienti dai Balcani.
Frammenti di storie di vita in fuga dalla crisi economica e politica del proprio Paese, come il gruppo che sta attraversando il sentiero per entrare illegalmente in Columbia, in Exodus di Nicolò Filippo Rosso (ottobre 2018, 3° premio al Photo Contest WPF 2020) e sulle strade, accalcati, a manifestare per i diritti negati o contro il governo come quella di un giovane, tra i manifestanti per la libertà dal sistema governativo dittatoriale nella capitale sudanese di Khartoum, che recita una poesia di protesta per un governo civile, nella speranza di un cambiamento di vita, che appare nel Straight Voice di Yasuyoshi Chiba, premiata foto dell’anno 2020 World Press Photo.
Le calamità naturali, siccità, inondazioni, incendi, infestazioni di sciami di locuste del deserto, mettono a dura prova la resilienza e la sopravvivenza delle singole famiglie e comunità nei paesi meno sviluppati e a medio-basso reddito, lasciando un’agricoltura danneggiata con cibo ancora più ridotto, nonché problemi di sicurezza alimentare, e una perdita su cui vivere e sfamarsi, quella del bestiame. Migliaia di temibili divoratrici locuste del deserto impediscono la visione nitida del paesaggio naturale tranne quella di un uomo che con indosso una mascherina bianca dimena le mani cercando di allontanarle dal terreno: è in Fighting Locust Invasion in East Africa di Luis Tato (aprile 2020, finalista 2021), ambientato a Samburu County, in Kenya. Il fotogiornalista spiega che le locuste del deserto, Schistocerca gregaria, sono potenzialmente le più distruttive, si spostano veloci fino a 150 kilometri al giorno e un singolo sciame può contenere tra i 40 e gli 80 milioni di locuste per chilometro quadrato; producono fino a 5 generazioni all’anno; in Kenya nel 2020 si è avuta la peggiore infestazione negli ultimi 70 anni. Il Covid-19 ha ulteriormente aggravato la situazione, rallentandone il contrasto con i pesticidi. La Fao nel nuovo Rapporto afferma infatti che ai problemi climatici :
anche i parassiti, le malattie e le infestazioni che colpiscono i raccolti e gli allevamenti animali sono diventati un importante fattore di stress per il settore agricolo. Nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018 queste catastrofi biologiche hanno determinato il 9 percento di tutte le perdite di produzione agricola e animale. La potenziale minaccia rappresentata dalle calamità che rientrano in tale categoria si è manifestata nel 2020, quando enormi sciami di locuste del deserto hanno devastato il Grande Corno d’Africa, la Penisola araba, e l’Asia sudoccidentale, pregiudicando i raccolti e mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare.
A quali effetti climatici si andrà incontro se non si rispetta l’ambiente, la natura in cui si vive? È in sofferenza la regione tropicale e fertile del Pantanal in Brasile quasi un terzo dell’area riconosciuta Riserva mondiale di Biosfera dall’Unesco è bruciata dalle fiamme nel 2020, a causa della grave siccità che sta perversando da un paio di anni ma anche dall’attività umana per espansione di aziende agricole per allevamento e accaparramento delle terre come denuncia Green Peace (Come la carne venduta in Europa distrugge il Pantanal, 4 marzo 2021). Fusti d’albero spogli, inceneriti, tra un terreno su cui vi sono qualche foglia verde e la sagoma di un animale che si mimetizza tra i colori scuri del dopo incendio, dal pelo bruciacchiato, immortalato vivo, sofferente o come imbalsamato: è quello che è rimasto di un terreno rigoglioso da cui dipende la vita umana e del pianeta, ritratta dal fotogiornalista Lalo de Almeida in Pantanal Ablaze (finalista 2021).
I ghiacciai arretrano e sullo sfondo delle alte vette dell’Himalaya campeggia una “montagna” di ghiaccio in One Way to fight climate change: make your own glacier di Ciril Jazbec (finalista 2021), una delle 26 realizzate dalle comunità del Ladakh, nell’India settentrionale e ideata nel 2013 dall’ingegnere Sonam Wangchuck, per far fronte alla mancanza di acqua. Essa rilascia l’acqua per i raccolti nel periodo estivo.
La plastica, un altro urgente problema della società contemporanea, riversata negli oceani, che distrugge l’habitat marino, uccide e danneggia la salute animale e in un circolo vizioso si ritorce su quella umana. Con il Covid-19 la situazione è peggiorata: Ralph Pace in California Sea Lion Plays with Mask (finalista 2021), mostra un’otaria che guarda stupita una mascherina. Nel testo, di corredo alla fotografia naturalistica si riporta un’indagine della Bbc che ha stimato129 miliardi di dispositivi facciali e 65 miliardi di guanti usa e getta in plastica usati al mese durante la pandemia. Un danno ambientale che viene ad aggiungersi agli 8 milioni di tonnellate di plastica che si riversano negli oceani ogni anno.
Concludo con uno stralcio di Papa Francesco dalla recente enciclica Fratelli tutti: «Quando parliamo di avere cura della casa comune che è il pianeta, ci appelliamo a quel minimo di coscienza universale e di preoccupazione per la cura reciproca che ancora può rimanere nelle persone. Infatti, se qualcuno possiede acqua in avanzo, e tuttavia la conserva pensando all’umanità, è perché ha raggiunto un livello morale che gli permette di andare oltre sé stesso e il proprio gruppo di appartenenza. Ciò è meravigliosamente umano! Questo stesso atteggiamento è quello che si richiede per riconoscere i diritti di ogni essere umano, benché sia nato al di là delle proprie frontiere».
© Bioetica News Torino, Marzo 2021 - Riproduzione Vietata