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Soddisfatto Gimema. Superata la II fase di ricerca senza chemioterapia nella cura della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia+

03 Novembre 2020

Con effetti collaterali limitati rispetto ad una chemioterapia tradizionale, pochi effetti tossici di grado 3 o superiore e una stimolazione del sistema immunitario che si attiva contro il tumore è il risultato di uno studio clinico, alla sua seconda fase di ricerca con la terapia a base di Dasatinib e blinatumomab nella cura della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (LAL Ph+) nell’adulto, condotto da Robin Foà, professore di Ematologia all’Università Sapienza di Roma.

La ricerca è promossa dalla Fondazione Gimema (Gruppo italiano Malattie EMatologiche dell’adulto) che vi partecipa con collaboratori e ne dà l’annuncio degli esiti del lavoro pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine alcuni giorni fa (Dasatinib-Blinatumomab for Ph-Positive Acute Lymphoblastic Leukemia in Adults, 22 october, doi: 10.1056/NEJMoa2016272).

Lo studio ha esplorato un approccio clinico innovativo senza ricorrere alla chemioterapia, a cui da anni è impegnata la Fondazione. Sono stati somministrati «un’inibitore delle tirosin chinasi, il Dasatinib, in fase di induzione del trattamento e dal seguente utilizzo di un anticorpo monoclonale bispecifico, il Blinatumumab nel corso della fase di consolidamento», afferma Gimema (29 ottobre 2020). Il blinatumumab è, viene spiegato, è un anticorpo monoclonale bispecifico che lega cioè contemporaneamente un anticorpo alla cellula leucemica provocandone la distruzione “mirata”.

GIMEMA_STUDIO CLINIC_leucemia 2020
Immagine del trattamento usato nello studio clinico © New England Journal of Medicine

«La mortalità associata al successivo trapianto è risultata molto bassa e probabilmente questo è legato al fatto che i pazienti non hanno alle spalle la tossicità del trattamento chemioterapico», sostiene il prof. Foà che ha coordinato il gruppo di ricercatori provenienti da diverse strutture ospedaliere italiane nell’ambito dell’ematologia, della trapiantologia e della medicina traslazionale. Dei 63 pazienti arruolati senza limiti di età a partire dai 18 anni, di età media 54 anni, che vanno dai 24 agli 82, è stata osservata una «completa remissione nel 98%» dei casi. Nell’articolo scientifico pubblicato si afferma che «al termine della trattamento di induzione con dasatinib (giorno 85) il 29% dei pazienti ha avuto una risposta molecolare, e questa percentuale è aumentata fino al 60% dopo due cicli di blinatumomab; la percentuale dei pazienti con una risposta molecolare è cresciuta ulteriormente dopo i cicli aggiuntivi di blinatumomab. Ad un follow-up in media di 18 mesi, la sopravvivenza generale è stata del 95% e la sopravvivenza libera da malattia è stata dell’88%». E riporta che vi sono stati registrati 21 effetti avversi di grado 3 o superiore, 24 pazienti hanno ricevuto un allotrapianto di cellule staminali e una morte correlata a trapianto.

Un cammino della medicina clinica a cui si ripone una speranza nel buon esito delle fasi successive della ricerca per l’approvazione del trattamento terapico.

(aggiornamento 3 novembre 2020 ore 17)
Redazione Bioetica News Torino