Medico specializzato in Chirurgia Vascolare. Dirigente responsabile del Dipartimento Day Surgery multispecialistico presso l’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli. Ha svolto l’incarico di dirigente responsabile di qualità presso il Dipartimento Emergenza – Urgenza Asl Vercelli presso l’Ospedale di Vercelli e di dirigente sanitario della divisione di Chirurgia Generale presso la medesima struttura ospedaliera. È vice presidente nazionale dell’Associazione Nazionale dei Medici Cattolici (AMCI) e dal 2000 membro permanente del Comitato Medico Internazionale di Lourdes (CMIL).
D. Ha partecipato recentemente al Convegno internazionale di Bioetica, che si è tenuto di recente a Malta, in video-conferenza, «Bioetica e i cinque sensi», organizzato dal Dipartimento di Teologia Morale della Facoltà di Teologia dell’Università di Malta, diretto dal prof. Ray Zammit, con la consulenza scientifica italiana del filosofo e bioeticista Prof. Pietro Grassi. Sono state trattate ed approfondite, nel corso delle quattro giornate, tematiche legate alla pratica clinica nelle diverse fasi della vita approfondendo aspetti diversi in una dimensione pluridisciplinare. Che cosa Le ha lasciato questo Convegno?
R. L’ampia riflessione a 360° sui cinque sensi di questo interessantissimo Convegno Internazionale ci aiuta, non solo a ricordare il passato e a tracciare delle nuove vie per il futuro, ma soprattutto a comprendere maggiormente l’importanza dei cinque sensi nella nostra vita di tutti i giorni e nella nostra professione di medici.
E questo risulta ancor più importante per noi chirurghi, dal momento che siamo sempre più affascinati, ed addirittura dominati, dalle nuove tecnologie e dalla chirurgia robotica. Nella nostra pratica quotidiana è infatti possibile ricercare la sorgente della nostra tradizione e del nostro passato, un passato non nostalgico, ma vivo, illuminante e, per molti aspetti, imprescindibile, proprio perchè capace di riscaldare il nostro cuore e spingerci a non arrenderci dinanzi alle nuove sfide della medicina e della bioetica, in una società che sembra di poter (o meglio voler) prescindere, sempre più, dai cinque sensi e dalle relazioni umane.
Diventa interessante, a tal proposito, sviluppare una pratica terapeutica che, a partire dalle suggestioni dei cinque sensi, sia capace di farci riacquistare quei rapporti umani e relazionali che credevamo d’aver perduto per sempre, e che comunque sono sempre più indispensabili, per dare un giusto equilibrio alla medicina (…e chirurgia) moderna, che non potrà mai essere affidata solo ai freddi calcoli ed indicazioni delle intelligenze artificiali ed ai bracci robotici.
D. E proprio su chirurgia robotica ha esposto la Sua relazione, nella prima sessione, intitolata «Presupposto dell’esistenza: i sensi come mediazione del mondo». Dinanzi all’uso di avanzati strumenti tecnologici, rispetto al passato come è cambiata la figura e il ruolo del medico chirurgo?
R. La medicina si è basata per molti secoli su conoscenza, percezione, intuito e sensibilità; e da qui anche la necessità di tutti i medici e chirurghi di affidarsi ai cinque sensi, di cui la natura ha dotato l’essere umano. Ma, evidentemente, la natura non bastava, e neppure l’istinto; ed allora l’uomo si è affidato, sempre più, al progresso scientifico e tecnologico.
E quindi, oggigiorno, i cinque sensi sembrano relegati al mesto ruolo di supporto ai potentissimi mezzi tecnologico-informatici, esageratamente sofisticati ed ipertecnologici. Ed ecco che la medicina moderna pensa (o meglio si illude) di poter fare a meno delle mani del medico e del chirurgo e dei cinque sensi, sostituendoli con sofisticati strumenti tecnologici, informatici e robotici, che offrono, senza dubbio, nuove e maggiori possibilità diagnostico/terapeutiche, impensabili solo fino a pochi anni fa.
Oggi c’è un ricorso sempre più diffuso ‒ oserei dire esasperato ‒ alle nuove tecnologie, con il rischio intrinseco di un freddo distacco, che riduce sempre più il “contatto fisico” con i pazienti. Un contatto, che si è ancor più ridotto a causa del Covid. Ed oggi la chirurgia, ricorre maggiormente alle tecnologie più moderne e, di recente, addirittura alla robotica ed alle intelligenze artificiali, sempre più determinanti… e, per molti versi, addirittura egemoniche.
È ormai chiaro a tutti che, per alcune discipline della Chirurgia, ci sono stati straordinari progressi, che consentono al chirurgo mano fermissima (e addirittura ruotabile a 360 gradi), e vista perfetta attraverso ai monitor ad altissima definizione 3D. Ed infatti la chirurgia robotica consente dei nuovi e rivoluzionari interventi, inimmaginabili fino solo a pochi decenni fa.
D. Quali sono le problematiche emergenti?
R. Molti si domandano: «E se durante l’intervento qualcosa va storto? Se il paziente subisce un danno per un malfunzionamento del robot? Chi è il responsabile?». Oggi, purtroppo, non esistono ancora delle risposte esaustive a queste domande e ci troviamo, quindi, di fronte ad una questione etica (ma anche legale) molto importante.
Il robot offre evidenti vantaggi, soprattutto per il chirurgo; ma presenta anche notevoli vantaggi per il paziente e la società. E tuttavia la chirurgia robotica presenta anche alcuni rischi e svantaggi, ad es. il chirurgo perde la sensazione tattile e la percezione della tensione, col rischio di causare lesioni ad organi e tessuti. Manca poi anche l’olfatto: molto importante perché, nella chirurgia tradizionale, aiuta il chirurgo a capire meglio alcune situazioni particolari (microperforazioni intestinali, necrosi, infezioni etc.). Oltretutto la Chirurgia Robotica può essere eseguita anche a notevole distanza: telechirurgia. Ma l’applicazione della chirurgia robotica (e soprattutto della telechirurgia) deve sempre presupporre diverse attenzioni tecnico-scientifiche, ma anche etico-morali.
Proprio per questo credo che, per il futuro, si dovrà pensare ad un nuovo ed ampio progetto educativo e formativo per i chirurghi. Sì, perché quello che si deve assolutamente evitare, con la Chirurgia Robotica, è la sostituzione del robot al rapporto umano e al contatto fisico, che è imprescindibile in ogni relazione umana; e in modo particolare nel rapporto medico/paziente. E questo perché la “care” solo artificiale di una macchina porta alla disumanizzazione della cura e ad un’oggettivazione del paziente.
D. Di che cosa c’è necessità allora perché la tecnica possa essere di aiuto e non domini, non stravolga la dimensione umana nella relazione medico – paziente? Quali sono le sfide future nel campo della Chirurgia Robotica?
R. La Chirurgia Robotica è senza dubbio la Chirurgia del futuro, non possiamo negarlo e neppure impedirlo, perché consentirà nuovi indiscutibili ed irrinunciabili vantaggi per il paziente; ma, è bene sottolinearlo, porterà anche nuove problematiche ed inquietudini! E proprio per questo occorrerà definire meglio anche il quadro sociale ed etico-giuridico, e questo perché al centro ci deve essere sempre l’uomo … e nessuno deve essere lasciato indietro.
Abbiamo visto che il progresso tecnologico corre. E corre molto più veloce della riflessione etica e della legislazione. E se, da un lato, è giusto, anzi necessario, che il progresso continui a correre, tuttavia deve procedere all’interno di un quadro di riferimento etico-antropologico e giuridico-culturale.
Ed infine si deve assolutamente evitare la dicotomia aprioristica di scegliere tra l’high tech e l’high touch, come fossero due opzioni separabili, intercambiabili o addirittura antitetiche. E quindi la riflessione sul ruolo e il significato che hanno i sensi nella relazione terapeutica deve necessariamente fondarsi su diversi approcci: filosofico, etico, comunicativo, socio-politico e legislativo, oltre che a quello strettamente medico. Solo così la nostra civiltà, e con essa l’arte stessa della cura, potranno avere un futuro!
© Bioetica News Torino, Novembre 2020 - Riproduzione Vietata