L’ACOS è un’Associazione Cattolica di Operatori Sanitari impegnata a qualsiasi livello operativo nel contesto socio-sanitario-assistenziale, estesa a livello nazionale e la sede centrale è a Roma. Le finalità proprie, come recita lo Statuto, sono essenzialmente tre:
− Punto di riferimento è il Vangelo;
− La formazione a tutti i livelli: etico-professionale, umano e spirituale;
−L’aggregazione dei suoi membri attraverso gli incontri associativi.
Alla luce di quanto detto, Tutelare la salute diventa per l’Associazione un particolare impegno ed una sfida. Questo tipo di servizio rappresenta una sfida: per le risorse richieste, le competenze messe in gioco, la capacità di cambiamento sempre più rapido, l’esigenza di dialogo e di empatia verso l’assistito, i propri famigliari e con i colleghi, la richiesta di conoscenze tecniche e per le problematiche etiche. Gli ambiti umano-relazionali richiedono all’operatore impegno e fatica oltre alla capacità di mettersi in discussione e di confrontarsi con l’altro; il coraggio di aderenza ai propri valori; la presa di posizione a favore del malato in condizioni ritenute giuste; una formazione continua, coraggio e coerenza oltre ad una provocazione aperta.
Non è tanto lo sviluppo tecnico scientifico che deve preoccupare coloro che operano nella sanità, bensì ciò che esso implica a livello umano-etico e sociale. Gli operatori, dovranno fronteggiare realtà sempre più complesse, pertanto è necessario un cambiamento di mentalità, ce lo chiedono gli stessi ammalati, i loro famigliari sempre più informati delle loro condizioni di salute, ce lo domanda la stessa società, lo stesso mutare delle patologie e della clinica, basti pensare alle Dipendenze, alla Trapiantologia, alle Malattie psico-somatiche, psichiatriche, alla Robotica. Tuttavia la persona ci sta davanti nelle sua fragilità, paure, insicurezze… In che cosa ci viene richiesto di cambiare? Che risposte dare a quanto ci interpella? Pensando a queste realtà ho ritenuto opportuno orientare la mia riflessione all’ambito umano-professionale e spirituale dell’operatore e/o volontario. Le fonti delle mie riflessioni sono volutamente ristrette:
− Nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere 12-13 aprile 2019
− Discorso di Papa Francesco ai membri della Federazione dei Collegi Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari, Vigilatrici D’Infanzia (IPASVI), oggi FNOPI, 3 marzo 2018
− Discorso di Papa Francesco all’Associazione Cattolica Operatori Sanitari (ACOS) lo scorso 17 maggio 2019
− Messaggio di Papa Francesco per la XXVII Giornata Mondiale del Malato 2019, 25 novembre 2018
− Nuova Carta degli Operatori Sanitari del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari 2016.
I riferimenti hanno in comune:
− Il valore e significato della persona, in se stessa e verso l’altro;
− I rischi che gli operatori incontrano nella realtà del lavoro e nel servizio di volontariato;
− La necessità, per il personale, di prendersi del tempo, di creare degli spazi per la riflessione e se necessario accettare di farsi aiutare;
− Il bisogno di condivisione delle proprie esperienze;
− Il formarsi continuamente sul piano umano, etico e spirituale.
Nella lettura del Codice Deontologico dell’infermiere (2019) sono rimasta particolarmente colpita dall’articolo 4, Capo I, là dove in forma lapidaria enuncia − La relazione è tempo di cura−. Ditemi se è più difficile fare una prestazione tecnica, ad esempio una medicazione complessa. o affrontare con il malato, dubbi, paure, ansie, problematiche di carattere etico, stare accanto in condizioni scabrose, in momenti difficili per i famigliari? È più che mai necessario essere preparati a fronteggiare eventi simili senza cercare scuse o scappatoie come la mancanza di tempo. Il CD è un richiamo anche a questo aspetto innovativo, ciò fa pensare ad un cambio di rotta anche nel contesto professionale, pur non chiedendoci di essere degli psicologi, ma semplicemente delle persone attente e sensibili. Denso di significato anche della successiva affermazione: «nell’agire professionale l’infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando l’ascolto ed il dialogo» (Capo I, art.4). Una relazione che può diventare difficile, ardua in certi momenti: «L’Infermiere si impegna a sostenere la relazione assistenziale anche qualora la persona assistita manifesti concezioni etiche diverse dalle proprie».
La Nuova Carta degli Operatori Sanitari dà in proposito delle indicazioni chiare in merito. Già l’inizio del documento enuncia che «L’attività degli operatori sanitari è fondamentalmente un servizio alla vita e alla salute» (1), considerati beni primari della persona umana. Sempre il testo citato aggiunge: «La cura della salute si svolge nella pratica quotidiana in una relazione interpersonale contraddistinta dalla fiducia, da un sincero atteggiamento di compassione, nel rispetto della sua autonomia, con disponibilità, attenzione, comprensione, condivisione, dialogo, insieme a servizio, competenza e coscienza professionale». Da questi brevi riferimenti e dai successivi si rileva una maggior rilevanza all’essere che al saper fare. Non è forse più necessario saper fare bene tecnologicamente? Il primo aspetto è scontato, ma forse è giunto il momento di migliorare, curare l’aspetto educativo relazionale con l’altro, approfondendo anche la conoscenza di se stessi delle proprie emozioni, sentimenti, motivazioni. Nella misura che la persona è ben strutturata interiormente, robusta anche psicologicamente sarà in grado di svolgere con competenza le proprie funzioni. Per questo è richiesto all’infermiere, «una seria preparazione e formazione continua, al fine di mantenere la dovuta competenza professionale» (NCOS, 5)
Dai due documenti citati si possono elencare le parole chiave quali:
− Centralità della persona
− Tempo di relazione = tempo di cura (ascolto e dialogo)
− Tempo di confronto, di supervisione.
Se il prendersi cura dell’altro è un ambito rilevante nello svolgimento della professione, il prendersi cura di sé è alla base della riuscita nel prendersi cura dell’altro, ne consegue che saper prendersi del tempo per sé sapersi liberare del tempo per ricaricarsi è una misura saggia. Papa Francesco ha definito l’infermiere: “crocevia di mille relazioni” (Discorso ai membri Ipasvi, 3 marzo 2018), riconoscendo il valore dell’attività svolta dagli operatori. Tutti sappiamo come la realtà professionale e del volontariato non sia idilliaca, nel percorso formativo ce lo siamo sentiti ripetere molte volte, ma ora assorbiti da una attività frenetica, una turnistica a volte massacrante, per molti operatori da conciliare con le esigenze famigliari, rende le giornate molto faticose e dure. Ci si chiede: dove è rimasto quell’insegnamento a saper cogliere e soddisfare il bisogno di trascendente di spiritualità del malato e dentro se stessi?
Papa Francesco pone in evidenza da un lato la necessità di essere preparati alle esigenze clinico, assistenziali di oggi che richiedono, sono sue parole: «Attenzione e competenza e confronto. Ed è proprio in questa sintesi di capacità tecniche e sensibilità umana che si manifesta il pieno valore e la preziosità del vostro lavoro» (Discorso ai membri Ipasvi, 3 marzo 2018). Egli definisce coloro che operano nel mondo della salute “esperti di umanità” ed invita ad utilizzare, a contatto con il malato, gesti operativi quali la «medicina delle carezze, di tenerezze, di gesti gratuiti, immediati e semplici, la tenerezza è la chiave per capire l’ammalato» (Discorso, 3 marzo 2018). Mi domando se abbiamo il coraggio di accarezzare la persona malata, magari in fase terminale, sappiamo rivolgere un sorriso, una stretta di mano quando le parole sono di troppo? Cogliere la sua solitudine. Il toccare i corpi spesso lacerati da ferite più profonde di quelle fisiche, avviene con attenzione e comprensione o è un toccare puramente tecnico dal sapore meccanico, attratti dalla necessità di verifica della funzionalità delle apparecchiature?
Tuttavia va riconosciuto e ciascun operatore ne fa esperienza, della fatica quotidiana e della incisività non sempre positiva, sulla vita personale dell’operatore stesso. Cosa fare per evitare tale rischio? Sempre P. Francesco riconoscendo tale pericolo ci ripete; «State attenti!» (Discorso, 3 marzo 2018). «Rischiate di essere bruciati!» (Discorso ai partecipanti ACOS, 17 maggio 2019). La realtà odierna del percorso di cura è complessa a qualsiasi livello di operatività così come l’evolversi dei processi, ci si chiede che ruolo ha l’operatore nel cambiamento, come si deve porre. Oggi con la robotica si studia il suo inserimento anche nella cura, è forse sostitutivo della componente umana che l’operatore ha in se stesso? Non va dimenticato che la «guarigione, passa non solo dal corpo ma anche dallo spirito, dalla capacità di ritrovare fiducia e di reagire». Pertanto: «il malato non può essere trattato come una macchina, né il sistema sanitario come una catena di montaggio» (Discorso, 17 maggio 2019).
Nella giornata celebrativa il 40mo di Fondazione dell’Associazione ACOS, nell’Udienza tenutasi nella Sala Clementina, Papa Francesco ci ha fatto dono di un messaggio prezioso, utile nella nostra riflessione odierna che vorrei condividere con voi i punti più significativi:
−La cura che prestate ai malati, così impegnativa e coinvolgente esige che ci si prenda cura anche di voi;
− La formazione è un obiettivo che la vostra Associazione da sempre persegue e vi invito a portarlo avanti con determinazione;
− Valorizzate sempre l’esperienza associativa affrontando le sfide che vi attendono;
−Per mantenere vivo il vostro spirito, vi esorto ad essere fedeli alla preghiera e a nutrirvi della Parola di Dio. Vi accompagno con la preghiera in questo prezioso compito di testimonianza (Cfr. 17 maggio 2019).
Il che significa:
− Prendersi cura, ovvero avere il coraggio nella giornata di trovare degli spazi anche limitati da dedicare a qualcosa che ci piace: una camminata, lettura, incontrare degli amici…;
−Formarci, aggiornarci non solo per ottemperare il vincolo delle ECM, ma per un desiderio e piacere personale su tematiche diverse;
−Valorizzare i momenti di incontri tra amici; appartenere ad un gruppo ad una associazione, diventa fonte di appartenenza, condivisione, di sostegno di amicizia;
− Per il cristiano ma anche per i credenti in generale, fedeltà ai momenti di interiorità, di contatto con il trascendente, di preghiera. Trovare la forza da un colloquio vivo con il Signore. Per il Cristiano nutrirsi della Parola di Dio.
Aspetti che possono essere considerati come percorsi del Volersi bene, che diventano strumenti preziosi nella medicina di oggi ma anche per affrontare i cambiamenti di domani, per tutelare se stessi e per aiutare la persona malata ed i propri familiari.
Il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ha ristampato nel 2016 la Nuova Carta degli Operatori Sanitaria, già citata, nella quale vengono affrontate le principali tematiche del vivere e del morire. È uno strumento prezioso che aiuta non solo a conoscere le principali problematiche di carattere etico, ma ne esprime gli orientamenti, le scelte e le decisioni da tenere.
Un’ultima riflessione, ma non per importanza, merita evidenziare la differenza nel mondo della sanità e nella realtà sociale, il Volontariato. Questi a differenza del personale sanitario in generale, svolgono il loro servizio, pur attenendosi a delle regole specifiche dello Statuto, dedicano il proprio tempo definito, di vicinanza, di presenza accanto alla persona nelle situazioni molteplici di necessità a scopo gratuito. A costoro risulta particolarmente pregnante il messaggio di P. Francesco per la Giornata Mondiale del Malato 2019. Egli parla del volontario come l’emblema del dono differenziandola dal regalo, in quanto dono di qualcosa, il proprio tempo, la propria presenza. In tal modo egli stabilisce un legame favorendo un riconoscimento reciproco. P. Francesco indica il criterio della presenza del Volontario ”L’amore gratuito” (25 novembre 2018).
Conosciamo molto bene ed apprezziamo la presenza di queste persone che oggi più che mai costituiscono una rete preziosa di presenza e di aiuto operativo in tutti i settori. Si riconosce che se non fossero presenti nel contesto sociale e sanitario, saremmo molto più poveri e scopriremmo dei vuoti che difficilmente le politiche statali riuscirebbero a colmare. La realtà del volontariato è destinata per sua natura a crescere sempre di più e se ben integrata con il personale sanitario costruirebbe una sinergia preziosa. Bene definisce P. Francesco costoro come coloro:
− «che vivono in modo eloquente la spiritualità del buon Samaritano»
−«sono segno di presenza della Chiesa nel mondo»
− «sono amici disinteressati»
− «coloro che realizzano l’umanizzazione delle cure»
− «coloro che esprimono l’attenzione della Chiesa nella tutela dei diritti dei malati»
Il terzo settore, così definito l’insieme di tutte le associazioni solidaristiche senza scopo di lucro, è destinato a prendere più posto nel mondo civile, strutturandosi e prendendo forma a fronte di una realtà più riduttiva di presenza dello Stato a fronteggiare i bisogni dei cittadini a motivo della scarsità delle risorse e ad occupare quei posti assistenziali lasciati scoperti. In un divenire sempre più evoluto da un lato, ma prettamente specialistico permane fortemente il rischio di settori generali di cura e assistenza scoperti che solo dalla generosità a gratuità possono essere ricoperti.
Vorrei ora concludere le mie riflessioni centrate quasi esclusivamente agli operatori non per escludere i malati ma al fine di offrire opportunità di conoscenza personale, di possibilità interiori da utilizzare, di sostenibilità dei rischi lavorativi, tutela personale, di coraggio nel fronteggiare gli ostacoli, e, perché no, di entusiasmo nell’esercizio della propria professione.
© Bioetica News Torino, Settembre 2019 - Riproduzione Vietata