Redazionale ottobre 2022
Tutti, noi abitanti della terra, stiamo vivendo, in maniera differente a seconda delle circostanze degli accadimenti, gli effetti gravosi del cambiamento climatico in corso su cui gli scienziati hanno da tempo allertato, tra periodi di prolungata siccità e precipitazioni di maggiore intensità con cicloni più frequenti e di maggiore dimensione persino laddove non erano soliti apparire.
Tanto le inondazioni quanto le siccità impoveriscono la vita umana, l’ambiente e la natura economica di un intero Paese, non solo nel territorio locale colpito dove disseminano anche morti. Dal 2000 in poi c’è stato un aumento di eventi alluvionali del 134% rispetto alle due decadi precedenti, affermano gli esperti e autori del World Meteorological Organization (State of Climate Service 2021). Abbiamo visto come le abbondanti precipitazioni hanno sottratto in Pakistan la vita a più di un migliaio di persone, in Uganda hanno sepolto tutto ciò a cui era legato il loro sostentamento e rifugio; la siccità ha reso nei paesi in via di sviluppo più esposti al rischio di sopravvivenza e mortalità le condizioni di vita dei bambini già in sofferenza per nutrizione e condizioni igienico-sanitarie, di famiglie il cui sostentamento è legato alle risorse produttive della terra. Nel solo 2020 la siccità ha colpito 13 milioni di persone in Mali, Burkina Faso e in Nigeria. Anche noi nella nostra penisola constatiamo i danni causati dal cambiamento del clima, l’episodio più recente è quello dell’alluvione nelle Marche.
La condotta umana contribuisce al surriscaldamento del clima; gli scienziati del gruppo di lavoro intergovernativo sul cambiamento climatico (Ippc) delle Nazioni Unite, sono più di duecento, ne hanno dimostrato la sua “sostanziale evidenza” e nel loro rapporto del 2018, Global Warning of 1.5°, scrivevano che per «limitare il riscaldamento a 1.5° Celsius al di sopra dei livelli pre-industriali richiederebbe un cambiamento di trasformazione sistemico, integrato con uno sviluppo sostenibile». Sottolineavano che seppure diversi paesi si stavano impegnando verso l’accordo di Parigi nel transitare verso fonti energetiche libere dal carbone fossile e un uso del suolo meno dannoso alla salute umana e all’ambiente, tuttavia ne indicavano la necessità di una collaborazione, un’alleanza fra tutte le popolazioni del mondo: «la mitigazione del riscaldamento a 1.5°C richiederà una dimensione più grande e un passo di cambiamento per trasformare i sistemi energetici, terrestri, urbani e industriali a livello mondiale».
E arrivati al sesto Rapporto, pubblicato alcuni mesi fa, in aprile, intitolato Mitigazione del cambiamento climatico, ci sollecitano ad agire in fretta: «se non ci saranno riduzioni di emissioni (di gas serra ndr) immediate e strutturate in tutti i settori, l’1.5°C. sarà al di sopra della portata» e quindi, prevedendo gli scenari futuri a cui si potrà andare incontro, entro il 2030 le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte del 43% per mitigarne gli effetti climatici a 1.5°C. Alla base vi sono i nostri stili di vita e comportamenti socio-economici-produttivi da modificare per migliorare la nostra salute e benessere di cui ci presentano alcune possibili azioni.
Come può la sostenibilità tradursi anche in benessere? Grammenos Mastrojeni, docente di Ambiente e Geostrategia, nel suo libro Effetti farfalla (2021), spiega come ciò non significa ritornare ad un’economia retrograda, il paradosso in cui viviamo è che «avremmo i mezzi e le conoscenze per un presente di giustizia, benessere e salute ma abbiamo abbracciato un sistema che rende tutto questo precario. Serve un rapporto con i territori naturali e sociali che li protegga affinché loro ci proteggano, e quindi una decisa sterzata verso la sostenibilità. E tutto può partire da un abito che, davvero, fa il monaco», in cui ciascuno può fare la sua parte tracciando il proprio percorso. L’autore evidenzia come le soluzioni non possono essere dettate con una serie di regole fisse per tutti riportando tra i diversi casi quello di un padre di famiglia monoreddito che vive fuori città per motivi economici per il quale «senza spostarsi in macchina, perderebbe anche quella mezz’ora serale che può trascorrere con i figli…A questo padre di famiglia la natura chiede di continuare a usare l’auto e di piantare invece un albero, se vive in campagna, o di coltivare l’orto, oppure di ospitare un’arnia per le api».
In questo numero trattiamo il tema della “transizione ecologica” e dell’economia verde discusso nel convegno on line promosso dal Centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino il 17 settembre da esperti con competenze diverse, dal titolo Sviluppo sostenibile e green economy: tra luci e ombre. È giunto il saluto del vescovo di Torino e Susa monsignor Roberto Repole, il cui messaggio è stato letto dal professor Giuseppe Zeppegno, nel quale si richiama alla necessità di porre un’armonia giusta e rispettosa con il creato volto al benessere di tutti sollecitata da Papa Francesco per la salvaguardia dell’esistenza umana. Il Prof. Giorgio Palestro, presidente del Centro ha introdotto l’argomento definendo il significato dei due concetti. Con la moderazione dei professori Enrico Larghero responsabile Master in Bioetica della Facoltà Teologica di Torino e Luca Battaglini Ordinario di Scienze e Tecnologie animali presso il Dipartimento di Scienze agrarie forestali e alimentari di Torino, il professor Giorgio Vacchiano di Scienze e Tecnologie dei sistemi arborei e forestali del Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali – produzione, territorio, agroenergia de La Statale di Milano, ha presentato nella lectio magistralis l’importanza del ruolo delle foreste nel contenimento degli effetti climatici. Ha proseguito Giovanni Zanetti, professore emerito di Economia dell’impresa presso l’Università degli Studi di Torino, ex- membro di consulenza scientifica presso il CNR, che ha analizzato la complessità della transizione ecologica nel sistema produttivo. Poi Pier Paolo Simonini, docente di Etica ecologica presso la Facoltà Teologica di Torino, ha messo in luce alcuni aspetti etici di tutela delle fragilità e delle marginalità e della persona nel suo insieme nella fase della transizione ecologica. Ha concluso con una riflessione bioetica il professore emerito di Teologia morale Mario Rossino. Presentiamo i contributi scritti dei relatori e anche video, curati da Paola Pena e ringraziando il Centro Cattolico di Bioetica.
L’argomento viene approfondito anche nella seconda parte del mini-dossier Salute e Ambiente: quale futuro per l’uomo? ― la prima parte è uscita nel numero di settembre ― riferito al corso formativo de “I martedì dell’Amci” di Torino, accreditato ecm per tutte le professioni sanitarie, tenutosi quest’anno dal 22 febbraio al 7 giugno. Con Andrea Ponta, ingegnere nucleare e dottore di ricerca in Energetica, ci si addentra negli stili di vita di una persona “sostenibile” mentre con Marco Bussone, giornalista specialista in società ed economia montana, nelle problematiche del vivere in montagna oggi e del nuovo patto in corso “Green communities”.
Fa memoria culturale del paesaggio, che è bellezza e identità di un popolo, Laura Mazzoli nella sua rubrica Bioetica e arte, posando lo sguardo sulle colline e la loro gente di Tabusso, di Casorati e Antonietta Raphaël, accompagnato dall’ascolto degli scritti pavesiani in Arte è paesaggio. Ci segnala anche alcuni eventi artistici in corso.
Mariella Lombardi Ricci, docente emerito di Bioetica, ci descrive cosa sono le cure palliative pediatriche con una riflessione etica sul loro uso mentre il professore Ignazio Iacone, docente di Bioetica presso l’Università Lum Casamassima di Bari, fa un’analisi del pensiero transumanista sulla vita e sul morire.
Concludiamo con le rubriche delle novità editoriali dello Scaffale a cura della professoressa Carla Corbella docente di Etica della vita presso la Facoltà Teologica di Torino, del Libro con la recensione di Martina Casalone su Le sfide dell’infosfera per un credente di Matteo Bergamaschi e del Film sugli effetti del cambiamento climatico nello scenario romano in Siccità del regista Paolo Virzì, recensito dalla giornalista Ilaria Losapio.
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