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75 Gennaio 2021
Speciale Bioetica dell'Infanzia

Redazionale

Gentili Lettrici e Lettori,

Alcuni giorni fa abbiamo commemorato le vittime della Shoah nella giornata internazionale ad essa dedicata. Rivisitarne la memoria, seppure dolorosa, per la efferata violenza subita che scalfisce i nostri cuori, diviene anche occasione di un esame di coscienza all’interno di noi stessi oltre alla conservazione di un ricordo, una storia non tanto lontana negli anni, che va custodito e trasmesso ai giovani, di generazione in generazione, affinché un tale scempio genocida disumanizzante non possa più ripetersi ed essere capaci di non far emergere i germogli di odio.

Ci fa piacere condividere con voi un pensiero, tra i tanti, che la ragazza ebrea Anne Frank (1929 – 1945) scrisse nel suo diario, regalo per il tredicesimo compleanno e per lei un’amica di nome Kitty, attraverso la quale impariamo a conoscerla nelle giornate trascorse nei due anni di clandestinità trascorsi in un appartamento di un edificio di Amsterdam, fino al 1944, prima che entri attraverso i cancelli di Auschwitz-Birkenau con scritto “il lavoro rende liberi” da cui la sua sorte, come milioni e milioni di altri, è segnata nel più disumano dei modi, oltre ogni perversione.

Un mese prima dell’irruzione nella casa e dell’arresto con i suoi familiari e altri nascosti, Anne così scrisse: «Chi ancora afferma che qui nell’alloggio segreto gli adulti hanno una vita difficile, non si rende certamente conto della gravità e del numero dei problemi che ci assillano, problemi per i quali forse noi siamo troppo giovani, ma che ci incalzano di continuo, sino a che, dopo lungo tempo, noi crediamo di aver trovato una soluzione; ma è una soluzione che non sembra capace di resistere ai fatti, che la annullano. Ecco la difficoltà in questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà». Continua poi. «È un grande miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo […] odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, anche quando questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità» (15 luglio 1944, Il diario di Anne Frank, Mondadori, rist 1976).

Nel mondo odierno ci sono ancora diritti negati all’infanzia e all’adolescenza dall’istruzione a un pasto adeguato, all’acqua potabile, alle cure sanitarie e a vivere la loro età senza sfruttamento di lavoro minorile, sessuale, con matrimoni forzati, con reclutamenti in gruppi armati, in condizioni precarie nei territori di guerra, nei campi profughi. In Italia con Croazia, Bulgaria e Grecia la Commissione Europea ha affidato nel luglio 2020 all’Unicef l’avviamento di progetti pilota per il contrasto alle disuguaglianze e alla povertà minorile.

Un’osservazione sul mondo dell’infanzia con le problematiche emergenti in una società globalizzata e culturale complessa, da cui riceve molteplici stimoli, è fonte di un recente studio scientifico pluridisciplinare sul tema della Bioetica dell’infanzia, condotto dal Centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino e promosso dalla Commissione «Etica e Deontologia» dell’Ordine dei Medici della Provincia di Torino. Presenta gli aspetti formativi generali, fisio-psicologici, sociali e medici attraverso l’esperienza professionale di esperti nel campo sanitario dalla neonatologia con Gabriella Maria Caroni alla neuropsichiatria infantile con Pia Massaglia alla pediatria di famiglia con Marisa Bobbio e nel campo pedagogico con Emanuela Solei e sociologico con Roberto Francesco Scalon.

L’attenzione bioetica nelle prime fasi di sviluppo evolutivo del bambino e della bambina trova le sue motivazioni. Spiega il professor Giorgio Palestro Presidente del Centro Cattolico di Bioetica e docente emerito di anatomia e istologia patologica, alla guida di tale studio nella sua introduzione: «È infatti il periodo più delicato e anche il più esposto alle influenze che le diverse figure deputate alla formazione del bambino possono determinare nel suo percorso. Non raramente si verificano azioni sbilanciate nei vari momenti di crescita, sia alimentari sia comportamentali da parte dei diversi attori che operano sulla crescita del bambino. Ne possono derivare implicazioni che possono influire sul percorso di crescita psicologica del bambino. È in sostanza la fragilità e la estrema influenzabilità del bambino durante la sua fase evolutiva, che ne impongono una tutela e un’attenzione nei confronti dei diversi soggetti che, in forme diverse, intervengono nel suo sviluppo per evitare i rischi che si generino anomalie che possono sfociare in turbe evolutive e deformazioni permanenti».

Proponiamo in questo un numero la pubblicazione dello studio citato «Bioetica dell’infanzia», i cui articoli sono usciti nel corso del 2020, nella pagina della rubrica di Bioetica dedicata nel settimanale «La Voce e il Tempo», e per la quale ringraziamo per l’autorizzazione concessaci e la collaborazione il direttore Alberto Riccadonna, gli Autori e l’Omceo di Torino.

Il numero prosegue con altri due articoli di attualità, uno sui Social e minori con un’intervista alla neuropsichiatra infantile Pia Massaglia, a seguito della vicenda della bambina di Palermo di appena 10 anni, morta, la cui più probabile causa è un gioco pericoloso sui social, l’altro La libertà di fede, il diritto di pensiero e di insegnamento da una discussione ripresa dalla stampa sull’adozione dell’introduzione del manuale di bioetica di Elio Sgreccia nell’Università Europea di Roma.

Concludiamo con le tradizionali rubriche dedicate alle novità editoriali, Lo Scaffale a cura di Carla Corbella Docente di Etica della Vita, le recensioni saggistiche su Social…mente del giornalista Lanfranco Norcini Pala e Siamo relazione. Neuroscienze e teologia, un incontro possibile dell’antropologo Nicola D’Onghia, rispettivamente a cura delle nostre collaboratrici Martina Casalone e Ilaria Losapio, quest’ultima curatrice della recensione del film Piece of Woman di Kornél Mudruczó.

La redazione «Bioetica News Torino»

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