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Rapporto Matić su salute sessuale e riproduttiva approvato in Parlamento europeo E alcune criticità sollevate

26 Giugno 2021

Il Parlamento europeo ha approvato in sessione plenaria giovedì 24 giugno un documento risolutivo con una serie di misure da promuovere nell’Unione Europea mirate al perseguimento di diversi diritti, tra i quali di autonomia personale, al pieno rispetto all’orientamento sessuale e all’identità e parità di genere, di accesso ai servizi sanitari di alta qualità, in tema di «salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’UE, nel quadro della salute delle donne».

Proposto dal relatore Predrag Matić della Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere il Rapporto ha ottenuto 378 voti a favore, 255 contrari e 42 astensioni; è focalizzato attorno ai seguenti punti:

  • Prodotti mestruali: in termini di sicurezza, ampia disponibilità, riutilizzabilità, privati di sostanze tossiche; propone l’eliminazione dell’Iva su tali prodotti.
  • Un’educazione sessuale completa a partire dalle scuole primarie, anche per i bambini che non frequentano la scuola, adeguata alla loro età, non giudicante nei confronti della diversità degli orientamenti sessuali, delle identità di genere, delle caratteristiche sessuali. Un’educazione che informa sulla pianificazione familiare, sull’accesso ai servizi della salute riproduttiva, sulle gravidanze indesiderate e sulle malattie legate alla salute sessuale e riproduttiva.

Poi un’informazione sull’endometriosi, programmi di educazione mestruale per tutti i bambini e per poter, da parte di chi ha le mestruazioni, “di operare scelte informate sul proprio ciclo e corpo” e prodotti gratuiti per il ciclo mestruale – pannolini, tamponi – per chi è povero; una vigilanza da parte degli Stati per evitare la diffusione di una disinformazione discriminatoria basata su stereotipi o pregiudizi da parte dei media ma accurata e scientificamente fondata non lesiva delle donne, delle persone lgbt.

  • La contraccezione con accesso per tutti ai metodi più moderni di alta qualità e all’informazione. Rimozione delle barriere che ne impediscono la scelta. La copertura sia estesa a tutte le persone in età riproduttiva e siano garantiti assistenza medica e psicologica regolare da parte dei servizi sanitari, anche per la contraccezione d’emergenza senza prescrizione.
  • Assistenza per l’aborto sicuro e legale fondata sulla salute delle donne. Deve dipendere sempre da una decisione volontaria ed essere accessibile a tutti. Invita a migliorare i metodi esistenti e alla depenalizzazione per eliminare gli ostacoli ad esempio di “natura giuridica, quasi giuridica e informale all’accesso, tra i quali limitazioni dei tempi e delle motivazioni ammissibili, periodo di attesa ingiustificati dal punto di vista medico, mancanza di professionisti sanitari formati e disponibili, negazione delle cure mediche sulla base di convinzioni personali”.
    Le disposizioni giuridiche nazionali sull’aborto andrebbero riviste per allinearle con le norme internazionali sui diritti umani. Viene fatto riferimento a quei “Stati membri che applicano leggi fortemente restrittive che vietano l’aborto, salvo determinate circostanze, costringendo le donne a ricorrere all’aborto clandestino, a portare le donne ad una gravidanza contro la lor volontà, subendo così una violenza di genere.” La legalità dell’aborto venga garantito “nelle prime fasi della gravidanza e se necessario, anche oltre, se la salute o la vita della persona in stato di gravidanza sono in pericolo”. Alcuni Stati adottano iniziative regressive compromettendo la salute sessuale e riproduttiva.

Su obiezione di coscienza, pur ammettendo tale diritto ritiene tuttavia che “l’obiezione di coscienza individuale non può interferire con il diritto del paziente di avere pieno accesso all’assistenza e ai servizi sanitari”; non condivide in alcuni casi il consenso al personale medico o a istituti medici al rifiuto di fornire servizi sanitari sulla base dell’obiezione di coscienza per motivi religiosi o di coscienza che porta a repentaglio la vita e i diritti delle donne; osserva come sia di ostacolo all’accesso allo screening prenatale pregiudicando il buon esito di eventuali cure da effettuarsi durante o dopo il parto, oltre che violare il diritto delle donne a ricevere informazioni sulle condizioni fetali. Invita gli Stati a far sì che vi siano misure normative che possano garantire la non compromissione dell’accesso tempestivo delle donne da parte dell’obiezione di coscienza.

Il testo comprende anche altri punti al riguardo che sono stati introdotti con una votazione a parte e che riguardano temi di carattere generale come maternità, riproduzione medicalmente assistita, pianificazione familiare, neonatologia, caldeggiando diritti alla cura e all’assistenza da garantire per le donne nel mondo:

– l’accesso alle terapie per la fertilità sia per tutte le persone senza discriminazioni in età riproduttiva, a prescindere dal contesto socio-economico, dallo stato civile, dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale;

assistenza alla maternità, alla gravidanza e al parto di qualità, compresa quella ostetrica, prenatale, postnatale e durante il parto, per tutti giungendo anche a modificare eventualmente leggi e politiche che escludono determinati gruppi ed eliminando le restrizioni giuridiche o politiche discriminatorie basate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, nazionalità o condizione di migrante.
Viene condannata la violenza ginecologica e ostetrica legate all’assistenza durante il parto e si suggerisce una formazione in materia di diritti umani delle donne, sui principi del consenso informato, sulla scelta informata dell’assistenza per coloro che offrono tale assistenza sanitaria.

Poi si sofferma sull’allattamento al seno, tra i più bassi della regione europea dell’Oms, su cui evidenzia il bisogno di rafforzare la campagna di sensibilizzazione.

  • Gli effetti della pandemia di Covid-19 sui servizi per la salute sessuale e riproduttiva si sono fatti sentire nell’ambito della contraccezione e nell’accesso dei contraccettivi e all’aborto a causa delle misure di confinamento. Si delinea un’impegno per non interrompere la produzione e la catena di approvvigionamento dei contraccettivi mettendo in risalto come buone pratiche la fornitura di questi prodotti alle donne sotto una certa età e di teleconsulti sul loro accesso. E nel caso dell’aborto, di non limitarlo, ma anche mediante l’utilizzo della pillola abortiva durante e dopo la pandemia da Covid-19. Vengano garantiti nonostante la pandemia il pieno accesso alle terapie e all’assistenza alla fertilità.
  • In termini di diritti di democrazia, uguaglianza di genere e sradicamento della violenza di genere. Costituisce violenza di genere anche quando si limita l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva e i loro diritti istituendo leggi restrittive. Riconosce la prostituzione che ovunque è fonte della tratta di minori e donne vulnerabili. La Commissione per l’Uguaglianza dovrebbe condannare il regresso ai diritti delle donne e elaborare misure concrete per contrastarlo. La parità di genere va integrata nel programma dell’Onu Eu4Health. Si richiede l’eliminazione della pratica della mutilazione genitale femminile e i matrimoni infantili, precoci e forzati, quest’ultimi costituiscono una violazione dei diritti umani in quanto espongono donne e ragazze ad abusi, discriminazioni e violenze; più di 200 milioni nel mondo hanno subito tale tipo di mutilazione. Diffusione di dispositivi per l’igiene mestruale nelle scuole per non far perdere i giorni di scuola e garantire la salute riguardo alle malattie sessualmente trasmissibili, all’aborto, al parto, alla contraccezione. Rafforzare la lotta all’uso dello stupro durante la guerra o a seguito di catastrofi naturali.
    Infine l’istituzione di un inviato speciale dell’Unione europea per la salute sessuale e riproduttiva e l’aggiunta di un capitolo sui diritti umani democrazia nella relazione annuale dell’Unione Europea.

Criticità sollevate contro il Rapporto Matić 

La Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, Comece, aveva scritto il 17 giugno una dichiarazione alla bozza del Rapporto Matić in vista della presentazione finale nella sessione plenaria parlamentare. Ne espresse la mancanza di «un bilanciamento equilibrato legale ed etico di tutti i diritti coinvolti» nonostante accogliesse la preoccupazione maggiore del testo di proteggere la salute e i diritti delle donne.

Sull’interruzione volontaria della gravidanza riferiva che «il progetto di risoluzione è caratterizzato da una prospettiva unilaterale in tutto, in particolare sulla questione dell’aborto, che non tiene pienamente conto delle situazioni di vita delle persone interessate e dei loro corrispondenti diritti umani». Il fatto che, nella bozza della risoluzione, venga considerato come «servizio essenziale alla salute» che debba essere disponibile per tutti, «degrada il bambino non ancora nato» e poi si afferma che «Come Chiesa, noi siamo convinti che la vita umana dall’inizio, incluso la vita non ancora nata, possiede la sua dignità e diritto indipendente da proteggere. Nella prospettiva della Chiesa l’aborto non è un mezzo di pianificazione familiare o parte di una assistenza sanitaria ordinaria». Attinse alle Sacre Scritture e all’insegnamento della Chiesa secondo cui il bambino non ancora nato ha una vita indipendente, creata ad immagine di Dio a cui deve la sua esistenza, ha il diritto umano a vivere.

Altro tema toccato è l’obiezione di coscienza, rivendicandolo: «è un’emanazione della libertà di coscienza come previsto dall’art. 10.1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea», citando anche il documento parlamentare europeo della Risoluzione n. 1763 del 2010 che lo riconosce: «Nessuna persona, ospedale o istituzione sarà obbligata, tenuta ad esserlo o discriminata contro ogni modo a causa di un rifiuto nell’effettuare, nel sistemare, assistere o sottomettersi ad un’interruzione volontaria di gravidanza, praticare per qualunque motivo un aborto umano o l’eutanasia o qualunque atto che potrebbe causare la morte di un feto umano o embrione».

Dalla Conferenza episcopale polacca, il suo presidente Arcivescovo Stanislaw Gądecki, tra l’altro interessata, visto che nei confronti della Polonia il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione datata 26 novembre 2020 sul divieto di fatto del diritto all’aborto, commentò e dichiarò in una nota del 22 giugno c.a: «l’aborto è sempre una violazione del diritto umano fondamentale alla vita, una violazione persino più orrenda perché riguarda la vita umana dei più fragili e completamente indifesi. Si tratta quindi di un atto di discriminazione più ingiusta». E che viene negato non solo il diritto alla vita ma anche quello fondamentale e umano, il diritto alla libertà di coscienza, diritto espresso dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stessa. Concluse infine che «l’adozione della risoluzione potrebbe dunque essere anche vista come un attacco alle costituzioni di molti Stati membri».

(CCBYSA)

(Aggiornamento 26 giugno 2021 alle ore 18.09)

redazione Bioetica News Torino