Quando compare la miocardite associata al Covid-19 Studio internazionale coordinato da Niguarda di Milano e dall'ateneo di Brescia. Alcune raccomandazioni
19 Aprile 2022Un gruppo di ricercatori italiani presso l’Ospedale milanese di Niguarda di Milano e l’Università di Brescia hanno coordinato uno studio internazionale e multicentrico sulla miocardite associata all’infezione da Sars-CoV-2 nei pazienti ricoverati per Covid in ospedale.
Hanno visionato i dati clinici di 50 mila pazienti ricoverati in 23 ospedali situati in Europa e negli Stati Uniti dall’inizio della pandemia, da febbraio 2020 ad aprile 2021. Dalla loro ricerca emerge che questa patologia, un’infiammazione del tessuto muscolare del cuore, il miocardio, tra le complicanze del Covid-19 appare in quasi 3 pazienti su ogni 1000 ricoverati scatenata da una reazione immunitaria indotta dall’infezione virale e non da un’azione diretta del virus contro il cuore, spiega il prof. Enrico Ammirati specialista della Cardiologia 2 di Niguarda; può insorgere in modo grave e pericoloso nel 40% dei casi colpendo la fascia di età di adulti attorno ai 38 anni; tra i vaccinati meno del 5% ha un decorso grave.
Dall’analisi dei dati a disposizione rilevano che la maggior parte delle miocarditi si è sviluppata nelle persone nelle quali il Covid-19 si è manifestato senza i sintomi tipici della “polmonite interstiziale” ma che i pazienti con i sintomi di polmonite e miocardite hanno una prognosi più critica.
Gli Autori di questa ricerca, pubblicata sulla rivista americana Journal of the American College of Cardiology il 16 marzo 2022, hanno «cercato di rispondere ad alcune questioni cliniche legate alla cura dei pazienti adulti, dall’età di 18 anni in poi, che hanno sviluppato sintomi cardiaci (dolore al costato, dispnea, palpitazioni, sincope) dopo aver contratto il Covid-19 [e] forniscono, in assenza di una robusta presenza di dati clinici sperimentali, una guida pratica di valutazione e gestione della miocardite e della sequela post acuta di Sars-CoV-2 (Pasc) e per un ritorno alla ripresa dell’attività sportiva». Precisano che le raccomandazioni possono essere applicate ad una ampia ma non determinata categoria di popolazione e che approcci individualizzati possono essere necessari per popolazioni specifiche come le donne in gravidanza, i malati di cardiopatie congenite, e che altre sequele cardiovascolari associate al Covid-19 come la trombosi non sono comprese.
Nell’articolo di Maria Cristina Valsecchi il prof. Ammirati consiglia ai pazienti che hanno avuto miocardite acuta di controllarsi da tre fino a sei mesi dopo la loro dimissione ospedaliera.
La ricerca della miocardite si è basata sull’esecuzione di risonanza magnetica cardiaca o sulla biopsia cardiaca.
Le miocarditi associate al Covid-19 si manifestano per lo più con sintomi di febbre, dispnea, tosse e dolore al costato; altri sintomi sono fastidio al petto, affaticamento, palpitazioni e sincope. Tendenzialmente cessano entro tre mesi dalla diagnosi iniziale ma possono persistere per più di 12 mesi. Si stima a livello mondiale 10 casi fino a 106 ogni 100mila individui con un’incidenza annuale di 1milione e 800 mila.
Ci sono ancora questioni aperte sul danno cardiaco dovuto al Sars-Cov-2: ad esempio i dati delle biopsie hanno mostrato come l’infiammazione sia diversa dalle miocarditi classiche; un esempio ― nella nota dell’ateneo ― è l‘impiego del cortisone, un noto immunosoppressore, usato nel 55% dei casi, apparentemente con beneficio, anche se il ruolo di questo farmaco nelle miocarditi acute in generale e nelle miocarditi da COVID-19 nello specifico avrà bisogno di essere approfondito ulteriormente.
Quadro epidemiologico dal loro studio pubblicato su Jacc
In generale la miocardite si sviluppa nelle forme più lievi dovuta ad un’infezione virale, colpisce spesso la fascia giovanile e di frequente guarisce in modo spontaneo. Associata al Covid-19, mentre uno studio recente basato sulla popolazione di giovani sotto i 20 anni da 48 organizzazioni sanitarie statunitensi stima un’incidenza della miocardite legata al Covid-19 attorno ai 450 casi ogni milione, dai dati di indagine di autopsia e di risonanza cardio magnetica (CMR) negli studi prospettici e retrospettivi di pazienti ospedalizzati i dati dall’autopsia e della risonanza cardio magnetica sono propensi per un’incidenza totale più elevata.
Dai dati ecocardiografici di studi prospettici, trasversali di pazienti ospedalizzati per il Covid-19 si rileva che la disfunzione miocardica può essere presente fino al 40%,
La risonanza magnetica CMR si è rivelata la più attendibile nell’identificazione del coinvolgimento miocardico; è stata usata in diversi studi per valutare soggetti con Covid sintomatici e asintomatici sia in ospedale che negli ambulatori. In uno studio (Putmann VO, Carerj ML et al.) di 100 pazienti (33% ospedalizzati) sottoposti a risonanza in media dopo 71 giorni dall’esito positivo al test anti-Covid-19 si è riscontrato un LGE (il gadolinio, un tracciante inerte per raffigurare il miocardio patologico da quello normale) non ischemico per il 20% e prolungate mappe dei tempi di rilassamento T1 e T2 , rispettivamente per il 73 % e il 60%. Scoperte simili sono state osservate in altri studi di cardiorisonanza magnetica, come quello di Hannman K, Houbois C et al., con gradi variabili di LGE e mappature anormali nei soggetti convalescenti da Covid-19. La variabilità nelle scoperte osservate con CMR riflettono probabilmente differenze nelle popolazioni studiate, tempo relativo all’esordio dell’infezione e i protocolli di immagini specifiche e interpretazioni usate.
Risultano anche variati gli esiti dell’autopsia cardiaca tra i pazienti con il Covid-19. In uno studio di Halushka MK, Vander Heide RS et al. di 277 autopsie cardiache provenienti da 22 studi le miocarditi classiche sono state individuate nel 7,2%, i nonmyocarditis inflammatory infiltrate nel 12,6%, ischemia singola cellula nel 13,7% e infarto miocardico acuto nel 4,7%. Uno scompenso istopatologico cardiovascolare, ad esempio si è osservato il trombo microvascolare o macrovascolare in 47,8%. In generale, riportano gli autori, questi dati suggeriscono che sebbene la miocardite fulminante come causa di morte sia rara la lesione e l’infiammazione cardiaca non specifica non lo sono.
Si tratta ancora di approfondire l’argomento, ossia l’identificazione dei fattori di rischio per le miocarditi associate al Covid-19. In generale le miocarditi virali non associate al Sars-CoV-2 sono più comuni negli uomini. E anche se un modello simile sia stato osservato nelle miocarditi associate al Covid-19 non si può escludere la possibilità di una distorsione da selezione. In un’ampia revisione di 38 pazienti con miocardite associata a Covid-19, 26 soggetti erano maschi, pari al 68%. Una predominanza maschile è stata osservata anche in uno studio di miocarditi negli atleti. Sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C) e miocarditi possono manifestarsi dopo la vaccinazione anti-Covid. Dal confronto, un numero maggiore di fattori di rischio esistono per il danno miocardico associato al Covid-19, come l’età avanzata, il sesso maschile, la malattia cardiovascolare, obesità, diabete mellito, immunosoppressione, ipertensione e malattia sistemica severa.
Le miocarditi che seguono il vaccino mRNA anti-Covid sono un’entità separata ma correlata a quelle che succedono dopo aver contratto il Sars-CoV-2. Il rischio di miocardite in una popolazione generale era più elevato dopo la seconda dose e più elevato tra i maschi nell’età tra i 16 e i 19 anni differenza di rischio di 137 milioni).
Sintesi di criteri diagnostici e raccomandazioni correlati alla sequela cardiovascolare di Covid-19 negli adulti
- miocardite è definita da: 1 sintomi cardiaci – dolore al costato, dispnea, palpitazioni sincope 2 un elevato c Tn e 3 anormale elettrocardiografico, ecocardiografico, CMR e indagini istopatologiche sulla valutazione della biopsia o di postmortem in assenza di una malattia coronarica
- quando cresce il sospetto di un coinvolgimento cardiaco associato al Covid-19, una prova iniziale dovrebbe consistere in un ECG, misurazione di cTn e di una ecocardiogramma
- un consulto cardiologico viene raccomandato per coloro con un crescente cTn e/o con Ecg o anormalità ecocardiografiche concernenti la miocardite
- il CMR è raccomandato in pazienti emodinamicamente stabili con sospetti miocarditi
- l’ospedalizzazione viene raccomandata per i pazienti con miocarditi definite che possono essere miti o moderati in severità, idealmente ad un centro di insufficienza cardiaca in fase avanzata. I pazienti con miocardite fulminante dovrebbero essere gestiti presso centri con un esperto in scompenso cardiaco in fase avanzata, sostegno meccanico circolatorio e altre terapie avanzate
- i pazienti con miocardite e polmonite da Covid-19 dovrebbero essere trattati con corticosteroidi.
- per i pazienti con coinvolgimento pericardiale sospetto, trattamento con Nsaids, colchicina e prednisone è ragionevole
- si possono considerare i corticosteroidi per via intravenosa con miocarditi sospette o confermate con Covid-19 con compromessa emodinamica o MIS-A. L’uso empirico di corticosteroidi possono anche essere considerati in quelli con evidenza da biopsia di severe myocardial infiltrates o miocarditi fulminanti, bilanciate contro il rischio di infezione
- come appropriato la linea guida per la terapia medica per l’attacco di cuore dovrebbe incominciarsi e continuare dopo la dimissione
- è rara la miocardite che si manifesta dopo la vaccinazione anti covid mRNA. Il più elevato tasso osservato è stato nei soggetti giovani e maschi tra i 12 e i 17 anni dopo la seconda dose vaccinale
- la vaccinazione covid-19 è associata ad un beneficio-rischio favorevole per i gruppi di età e sesso valutati finora
- in generale le miocarditi associate al vaccino dovrebbero essere diagnosticate, categorizzate e trattate in un modo analogo alle miocarditi che succedono all’infezione da Sars-CoV-2.