L’articolo esplora come la bioetica possa intervenire quando le ideologie vorrebbero influenzare le decisioni sanitarie, come nel caso di genitori che rifiutano per il figlio minore una trasfusione di sangue da donatori vaccinati contro il COVID-19. L’autore propone che, qualora le pronunzie della Corte di Cassazione riguardino tematiche bioetiche, il Comitato Nazionale per la Bioetica realizzi delle note esplicative al fine di favorire un dibattito pubblico più razionale e informato.
L’essere umano, immerso nella storia, si trova quotidianamente di fronte a scelte dicotomiche. Tra queste, una delle più rilevanti riguarda il confronto tra un approccio idealistico e uno ideologico.
La via più semplice, ma anche la più limitante, è quella dell’ideologia. Aderire rigidamente a una convinzione senza metterla mai in discussione può sembrare rassicurante, ma rischia di distorcere la realtà.
Le ideologie, infatti, possono diventare pericolose, come dimostra un recente caso giudiziario1. Un bambino di due anni, affetto da una grave malformazione cardiaca, necessitava di un intervento chirurgico che prevedeva delle trasfusioni di sangue. I genitori, tuttavia, avevano acconsentito alla trasfusione solo a condizione che il sangue provenisse da donatori non vaccinati contro il COVID-19. La loro richiesta si basava:
- su timori (scientificamente infondati) riguardanti la proteina spike contenuta nel vaccino;
- su (presunte) motivazioni legate al credo religioso.
L’ospedale ha respinto tale richiesta, ritenendola priva di fondamento. Il giudice tutelare, quindi, applicando il principio del «best interest of the child», ha nominato il Direttore Generale come curatore del minore, autorizzando l’intervento e le trasfusioni senza restrizioni di sorta sui donatori.
La Cassazione ha successivamente confermato questa decisione, sottolineando che non esiste alcun rischio scientifico legato alle trasfusioni da donatori vaccinati e che le convinzioni ideologiche dei genitori non possono prevalere sulla tutela della salute del bambino.
Dal punto di vista legale, la vicenda appare chiara e le decisioni dei giudici sono pienamente condivisibili. Tuttavia, sorge un ulteriore interrogativo: come è possibile che dei genitori possano mettere in pericolo la vita del proprio figlio a causa di un pregiudizio privo di fondamenti scientifici?
Le argomentazioni avanzate dai genitori, tra l’altro, si rivelano contraddittorie. Infatti:
- la proteina spike è presente nel sangue di tutti i donatori non vaccinati che hanno contratto il COVID-19 (e che sono la maggior parte dei donatori non vaccinati);
- da un punto di vista religioso, al fine di fugare ogni possibile dubbio, persino il Santo Padre si è espresso favorevolmente nei confronti della vaccinazione contro il COVID-19.
Questo caso dimostra come l’adesione acritica a un’ideologia possa condurre a scelte irrazionali e dannose. Fortunatamente, il diritto interviene per proteggere i minori.
Resta comunque una domanda: cosa può fare la bioetica per prevenire situazioni simili?
Una possibile soluzione, nei casi bioeticamente rilevanti, potrebbe essere quella di accompagnare le pronunzie della Suprema Corte con una nota esplicativa del Comitato Nazionale per la Bioetica. Questo documento dovrebbe essere di facile comprensione, in modo tale da chiarire gli aspetti bioetici delle decisioni giurisprudenziali. In questo modo si potrebbe favorire un dibattito pubblico più informato e meno polarizzato.
Solo attraverso una maggiore comprensione si può promuovere l’accettazione di decisioni basate sulla ragione e sul buon senso, piuttosto che su preconcetti ideologici.

- Si veda in tal senso: Francesco Machina Grifeo, «No a trasfusioni da vaccinati Covid», l’ospedale decide sull’intervento al posto dei genitori, in Il Sole 24 Ore – Norme & Tributi Plus – Diritto, 04.02.2025, <https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/no-trasfusioni-vaccinati-covid-l-ospedale-decide-sull-intervento-posto-genitori-AGpG1oiC?refresh_ce=1> (ultima visita: 23.02.2025)
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