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Procedura d’uso per ricerca scientifica e formazione del corpo dopo la morte Approvata intesa tra il Ministero della Salute e le regioni

28 Luglio 2022

Nella riunione della Conferenza stato-regioni di mercoledì 27 luglio sono stati discussi e approvati numerosi temi di materia sanitaria e tra questi il servizio di ausili, ortesi e protesi per lo svolgimento di attività amatoriali delle persone con disabilità fisica che è stato rinviato.

Le regioni hanno dato il loro accordo, con qualche osservazione che viene riportata nell’intesa, sul regolamento di disposizione del corpo e dei tessuti post-mortem a scopo di ricerca, formazione e studio normata dalla legge n. 10 del 10 febbraio 2020, entrata in vigore dal 19 marzo 2020 (GU n.55 del 4 marzo 2020), per la parte relativa all’art. 8. Quest’ultimo chiede di definire le modalità e i tempi di conservazione, trasporto, utilizzo e restituzione del corpo del defunto alla famiglia in condizioni dignitose per la sepoltura e i motivi per i quali non si può far un tal uso del cadavere. Non sono incluse le attività di prelievo e trapianto degli organi e dei tessuti.

La legge consente a un maggiorenne capace di intendere e volere di esprimere tale volontà in vita mediante una dichiarazione di consenso (dette disposizioni anticipate di trattamento). Il documento, in base alla legge del 22 dicembre 2017 n. 219 sul consenso informato e dat, viene redatto con atto pubblico o scrittura privata autenticata o consegnata personalmente al comune di residenza registrandola se vi è un apposito registro oppure presso le strutture sanitarie. In caso di impossibilità per le condizioni fisiche viene accettata anche una videoregistrazione o rilasciata con altri dispositivi di comunicazione. In caso di minore o incapace il consenso è espresso da un genitore, tutore, amministratore di sostegno o rappresentante legale.

I casi in cui un corpo non può essere utilizzato dalla ricerca scientifica, per studio e formazione sono i seguenti: innanzitutto quando c’è una morte violenta o si ipotizza l’accadimento di un reato. Poi:

  • se presenta infezioni da Hiv, Hbv, Hcv, tubercolosi, sifilide, encefalopatie spongiformi trasmissibili, infezioni dovute all’assistenza – quando l’infezione è causa esclusiva o prevalente del decesso – e quelle associate all’antimicrobico-resistenza, Sars-CoV-2 – compreso i casi probabili, sospetti e confermati -, infezioni emergenti o particolari patologie a cui gli operatori sanitari possono esporsi in modo grave.
  • se hanno avuto trattamenti recenti con radionuclidi terapeutici
  • se necessita autopsia giudiziaria o un riscontro diagnostico
  • se vi sono ferite estese aperte di natura post-traumatica e gravi mutilazioni
  • se il soggetto si è suicidato
  • se l’individuo è deceduto all’estero.

Può essere anche che il centro di riferimento che dovrebbe accoglierlo lo rifiuta comunicando l’intenzione al medico accertatore del decesso quando l’asl non riceve la certificazione medica che attesta l’assenza di malattie infettive entro cinque giorni dal decesso e quando il trasporto della salma ritarda e non arriva al centro nei setti giorni dal decesso.

I centri di riferimento sono strutture sanitarie, aziende ospedaliere e Irccs che vengono individuati quali luoghi per la conservazione e utilizzo dei corpi dal Ministero della Salute con i rappresentanti delle regioni.

Il primo passo della procedura riguarda l’accertamento di morte. Lo stesso medico nel momento in cui apprende la notizia dalla persona di “fiducia” indicata in un atto scritto di consenso per volontà della persona prima che morisse o nel caso di un defunto minore o incapace di intendere e volere dai genitori o tutori o affidatari, individua il centro di riferimento più vicino dal sito del ministero della Salute comunicandone il decesso. Si passa ad un altro centro qualora quello scelto per motivi diversi di tipo organizzativo non può.

Il secondo passo è l’accertamento del centro di riferimento dell’effettiva esistenza della dichiarazione rilasciata. Poi il responsabile del centro fa richiesta entro 48 ore all’Asl territoriale di acquisire il cadavere e lo preleva dopo aver ricevuto l’autorizzazione e copia del certificato necroscopico, della scheda di morte Istat e della documentazione sanitaria relativa all’ultimo ricovero, nonché eventualmente ulteriori informazioni sanitarie. Il Centro di riferimento è tenuto a conservare la documentazione per dieci anni. Prima di prelevarlo l’Asl invia al Comune copia di autorizzazione alla destinazione del corpo richiedendo il rilascio di autorizzazione al trasporto presso il centro di riferimento.

Il terzo passo riguarda il tempo in cui il corpo è tenuto in obitorio, almeno 24 ore.

Il quarto passo riguarda i compiti del Centro di riferimento che descrive lo stato del cadavere, deve identificarlo e registralo, rendendo tracciabili tutte le fasi di uso del corpo e delle parti anatomiche.

Il quinto passo riguarda la restituzione che deve essere “in condizioni dignitose” alla famiglia da parte del Centro di riferimento entro 12 mesi. Se la famiglia non lo richiede è il Centro a provvedere per la sepoltura o, per volontà espressa dal defunto, alla cremazione seguendo la prassi dell’ordinamento di stato civile per inumazione, tumulazione o cremazione.

L’art. 5 disciplina la formazione del personale medico e sanitario e la comunicazione informativa pubblica rivolta ai cittadini.

redazione Bioetica News Torino