Il 21 agosto scorso Papa Francesco ha annunciato che era in procinto di dare alle stampe una esortazione apostolica finalizzata ad aggiornare la Laudato si’, enciclica pubblicata nel 2015 e dedicata alla promozione dell’ecologia integrale e alla salvaguardia del Creato. Il documento annunciato è stato presentato il 4 ottobre scorso in concomitanza con l’inizio dell’assemblea sinodale e si intitola Laudate Deum. È suddiviso in sei capitoli. Il primo, La crisi climatica globale, presenta con perizia tecnica gli aspetti salienti della crisi in atto. Rileva che è scientificamente provato che la situazione è destinata a peggiorare rapidamente se non ci si impegnerà a contenere l’aumento della temperatura. Ne sono prova i fenomeni estremamente pervasivi che si sono resi sempre più pregnanti negli ultimi cinquant’anni (lo scioglimento dei ghiacciai, l’acidificazione e l’innalzamento dei livelli dei mari, la desertificazione di estese aree prima fertili, ecc.). Malgrado queste certezze, permangono pensieri discordi. C’è chi esaspera il problema sostenendo che ormai si è giunti ad una irrimediabile apocalisse. Altri, anche tra i membri della Chiesa, si rifiutano di riconoscerne la gravità. C’è chi colpevolizza le nazioni povere dimenticando che è la porzione più ricca e meno estesa della popolazione mondiale ad inquinare di più. Altri ancora arrivano a rifiutare l’impegno di evitare l’utilizzo dei combustibili fossili, particolarmente nocivi per l’ecosistema, nel timore infondato che l’impiego delle fonti di energia pulita possano limitare i posti di lavoro.
In contrasto con queste variegate opinioni, Bergoglio, dati alla mano, sostiene la possibilità di mettere un argine agli allarmanti cambiamenti in atto se si condividerà l’urgenza di agire con efficacia. Ricorda quindi due principi fondamentali espressi nelle sue due ultime encicliche. Richiamando la Laudato si’, sottolinea che «tutto è collegato» per cui le questioni ambientali hanno ripercussioni su tutti gli esseri umani e sul vivere sociale di intere generazioni. Il secondo lo ricava da Fratelli tutti: «nessuno si salva da solo» perché siamo tutti interconnessi e ciò che capita dall’altra parte del mondo può avere ripercussioni gravi anche su di noi. La recente pandemia di Covid-19 lo ha dimostrato.
Il secondo capitolo ha per tema Il crescente paradigma tecnocratico, elemento «base dell’attuale processo di degrado ambientale». L’argomento già ampiamente considerato nel capitolo terzo della Laudato si’, è molto delicato. La tecnica, infatti, ha il pregio di aver posto «rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano». Ma può acquisire un tremendo potere e provocare un dominio impressionante soprattutto sui più deboli. Va precisato che non c’è nessuna intenzione nel Pontefice di demonizzare la tecnica. Egli intende esclusivamente mettere in guardia dalla presunzione di pensarsi senza limiti per effetto degli sviluppi tecnologici e di coltivare la smania di «accrescere oltre ogni immaginazione il potere dell’uomo». Per uscire da quest’ultima rischiosa deriva, che già in passato ha prodotto esiti devastanti (decimazioni e annientamento di gruppi etnici, ecc.), sollecita il ripensamento del modello di gestione del potere tecno-scientifico che, non essendo stato saggiamente governato, ha minato la sopravvivenza dell’intero bio-regno. Avverte perciò l’esigenza di accompagnare lo sviluppo con un’etica solida, una cultura e una spiritualità capaci di dominare gli eccessi e ritrovare l’armonia con la natura. Rimarca anche la subdola tendenza a lasciarsi guidare unicamente dalle ingannatrici leggi del mercato. Pone al riguardo l’esempio dei depositi di scorie tossiche. Per poter ottenere l’autorizzazione, annota, gli abitanti del posto individuato vengono illusi con la promessa di avere maggiori opportunità economiche, occupazionali e di sviluppo, se accetteranno l’apertura dei siti. Non vengono però resi espliciti i rischi che corrono a breve e che correranno i loro figli. Così facendo, insiste il Papa, drammaticamente la casa acquistata con il denaro ottenuto dal guadagno proveniente dai permessi dati, si può trasformare in «una tomba» a causa delle malattie procurate dai materiali stoccati. Questo inganno è segno della insana determinazione a usurpare i diritti di quanti hanno «minori condizioni di sviluppo». Si ottengono così vantaggi immediati che però creeranno danni gravi al nostro pianeta non solo nel presente, ma anche nel tempo a venire. Il capitolo si conclude con una domanda di senso che era già centrale nella Laudato si’: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?».
Questo interrogativo, ormai ineludibile, incoraggia il Santo Padre a porre negli ultimi capitoli considerazioni di carattere biopolitico, non frequenti nei documenti magisteriali, ma più che mai opportuni in un’esortazione di questo tenore. Nel terzo capitolo, La debolezza della politica internazionale, lamenta la mancanza di adeguati accordi multilaterali tra gli Stati; richiama la necessità di istituire una accreditata autorità mondiale destinata ad operare a favore del bene comune, della lotta alla miseria e della difesa dei valori umani fondamentali. È un rilievo già presente nella Pacem in terris, pubblicata nel 1963 da San Giovanni XXIII per favorire la pace fra le nazioni.
Nel corso degli anni, le organizzazioni intergovernative, nonostante i persistenti conflitti armati, i maggiori movimenti delle persone e i più frequenti scambi di risorse, hanno perso rilevanza perché molte nazioni si sono percepite sempre più come realtà chiuse e hanno reso sterile l’attuazione di una maggiore solidarietà e sussidiarietà. Francesco non esprime l’intento d’emarginare le amministrazioni locali, ma agogna l’incremento delle consultazioni ad ampio raggio e la conseguente legittimazione autorevole delle decisioni prese per il bene della collettività e dell’habitat in cui siamo tutti chiamati a vivere. Il quarto capitolo, Le conferenze sul clima: progressi e fallimenti, pone attenzione alle Conference of Parties (COP), riunioni annuali dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Si susseguono dal 1995. Decisiva è stata la COP21 svoltasi a Parigi che ha stabilito di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5ºC.
Si può amaramente constatare che i lavori di queste conferenze non hanno prodotto le speranze desiderate perché spesso non sono stati sufficientemente valorizzati e sono mancati gli opportuni meccanismi di controllo, di verifica e di sanzione. L’ultima, la COP 27, svoltasi nel 2022 a Sharm el-Sheikh (Egitto), ha inoltre evidenziato l’ulteriore fatica scaturita dall’invasione dell’Ucraina che ha originato una grave crisi energetica e ha imposto il ritorno ai combustibili fossili. Il capitolo quinto, Che cosa ci si aspetta dalla COP 28 di Dubai?, avanza delle proposte molto concrete per la COP che avrà inizio il 30 novembre del corrente anno. Non è la prima volta che questo avviene. Il Vaticano, in preparazione alla COP 26, aveva già dimostrato il suo particolare coinvolgimento promuovendo il 4 ottobre 2021 un incontro che aveva ottenuto l’adesione di leader religiosi e scienziati e che si era concluso con un Appello congiunto fatto pervenire all’assise internazionale. Il Pontefice auspica per l’appuntamento di Dubai una «decisa accelerazione della transizione energetica»; l’impiego diffuso delle energie pulite efficienti, vincolanti, monitorabili e il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali. Il testo è rivolto a tutte le persone di buona volontà ma l’ultimo capitolo, denominato Le motivazioni spirituali, è diretto ai cattolici. Le grandi decisioni sul clima spettano alla politica nazionale e internazionale, ma, alla luce degli insegnamenti biblici, si rammenta ai discepoli del Signore il dovere di essere promotori convinti di un «percorso di riconciliazione con il mondo».
© Bioetica News Torino, Novembre 2023 - Riproduzione Vietata