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Perplessità sul farmaco Tiopentone sodico, o Pentothal, e non solo sul suicidio assistito (caso “Mario”)

14 Febbraio 2022

Ora è arrivato il benestare per il farmaco per l’iniezione letale richiesto dal signor Mario (“nome di fantasia”) nel processo presso il Tribunale di Ancona nella domanda di potersi dare la morte mediante il “suicidio medicalmente assistito” contro l’Azienda sanitaria regionale delle Marche nel far valere la sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 pronunciatasi sull’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 580 del c.p. su istigazione o aiuto al suicidio che verteva sulla vicenda del dJ Fabio che venne accompagnato in auto dall’Italia alla Svizzera da Cappato in una clinica dove avrebbe ricevuto con il proprio consenso il suicidio assistito.

La conferma arriva in una nota dell’Associazione Luca Coscioni, in difesa del loro assistito, datata 11 febbraio. Il gruppo tecnico multidisciplinare nominato dall’Asur Marche per ordine del Tribunale ha valutato la fattibilità «se la modalità ed il farmaco (Tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi) prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile (rispetto all’alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda continuativa, e ad ogni altra soluzione in concreto praticabile, compresa la somministrazione di un farmaco diverso».

Nella sua relazione tecnico-scientifica, come riferisce l’Associazione Coscioni, c’è una risposta che arriva “facilitata” dopo le informazioni tecniche di un consulente di parte sulle modalità idonee di somministrazione del farmaco: «Il Tiopentone sodico appare idoneo a garantire una morte rapida (minuti) e indolore ad un dosaggio non inferiore a 3-5 grammi per una persona adulta del peso di 70 kg. La modalità di somministrazione è quella dell’auto somministrazione mediante infusione endovenosa».

Ora si attenderà la sentenza del Tribunale e la questione è tutt’altro che definita. Come afferma la bioeticista Assuntina Morresi su Avvenire: «La battaglia sulle procedure per il suicidio assistito, da parte di chi sostiene Mario nella sua dolorosa richiesta di morire, è fatta di forzature al quadro normativo»; e prosegue commentando la relazione del Gruppo tecnico: «riguardo le modalità di esecuzione del suicidio di Mario, vediamo che non tutto è ancora chiarito: ad esempio, non si dice cosa fare se le procedure non vanno come previsto, nei tempi e nei modi; non è specificato chi e come si procura il farmaco e il sistema per autoinfusione, con responsabilità che cambiano a seconda del luogo in cui il suicidio avviene»; e infine che lo stesso «elenca i motivi per cui, pur essendosi pronunciato dettagliatamente in merito a diverse opzioni possibili, non è in grado di “esprimere una definizione, oggettivamente valida, circa la ‘morte più dignitosa possibile’ tra le procedure prese in esame”».

Il Comitato etico delle Marche sulla base della relazione del gruppo tecnico, ai quesiti del Tribunale aveva espresso novembre scorso nel parere la sussistenza delle condizioni indicate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 per il signor Mario, tetraplegico da più di dieci anni a seguito di un incidente stradale. In sintesi, il soggetto è capace di intendere e volere; presenta una patologia cronica irreversibile; si ritiene, previa premessa della difficile determinazione su un elemento soggettivo, che la sua storia e le sue dichiarazioni siano coerenti con la manifestazione di una sofferenza sia fisica, sia psicologica che soggettivamente può considerare intollerabili; ha interrotto la ventilazione assistita (sostegno vitale) e rifiutato la sedazione profonda continua in associazione con la terapia del dolore che avrebbe lenito le sofferenze causate dall’interruzione del sostegno vitale; non ha accettato le proposte terapeutiche di integrazione della terapia con farmaci antidolorifici.

Tuttavia il Comitato etico aveva espresso allora alcune mancanze su modalità e metodica del farmaco scelto, il tiopentone sodico, specificando in un punto che «non viene motivato quale siano i presupposti per i quali è stata scelta la specifica dose di 20 grammi supportata dalle evidenze che la letteratura scientifica riporta, non riportando specifiche motivazioni in merito».

L’annuncio da parte dell’Associazione Coscioni sulla “validazione” del farmaco da parte del Comitato etico risuona come un “precedente” sdoganatorio per poter avviare legalmente l’aiuto al suicidio assistito in Italia, o di potersi dare la morte, di cui è materia però di discussione in Parlamento, e dell’atto eutanasico di dare la morte ad un paziente su richiesta dello stesso, che è argomento del referendum promosso dall’Associazione Coscioni sulla cui ammissibilità del quesito però sarà oggetto di pronunciamento della Corte Costituzionale il 15 febbraio pv. Allora è davvero così?

Veniamo a conoscenza di affermazioni e riflessioni sul farmaco in questione e altri utilizzati per l’iniezione letale

Una scelta che si può dire inopportuna per il Tiopentone sodico. Un  barbiturico della categoria degli anestetici generali, il  cui nome  commerciale più comunemente conosciuto è Pentothal, associato all’iniezione letale  per la quale  è stato il primo  ad essere somministrato negli Stati Uniti. Lo stabilimento italiano di Liscate, nel Milanese, della casa farmaceutica statunitense Hospira sospese la produzione e vendita per l’estero perché non finisse per la pratica della pena di morte negli Usa al di là delle mere indicazioni di anestetico per sedazione preparatoria sotto controllo medico o brevi interventi chirurgici.

Era dicembre 2010 infatti quando  il governo italiano, a fronte della  normativa nazionale ed europea che vieta ogni forma di cooperazione con la pena di morte, tortura o altro trattamento disumano,  con un atto parlamentare  assumeva  l’impegno di garantire la produzione e la vendita di sodio tiopentale all’estero da parte dello stabilimento di Liscate Hospira a condizione  che l’autorizzazione fosse solo per uso medico e richiedeva che nell’autorizzazione all’immissione al commercio venisse precisato  l’utilizzo solo per le strutture ospedaliere e che  nei contratti di compravendita Hospira non avrebbe consentito la distribuzione del prodotto per la pratica dell’iniezione letale.  Hospira dichiarava in quell’occasione tramite il manager americano Daniel Rosenberg:  «L’azienda non ha mai avallato l’impiego dei propri farmaci nelle procedure impiegate per la pena di morte. Siamo soddisfatti per il voto favorevole espresso dal Parlamento».

E non passò appena un mese, era il 24 gennaio 2011 quando la casa farmaceutica statunitense Hospira  vi rinunciò alla produzione nello stabilimento italiano di Liscate. Dopo il confronto con le istituzioni italiane e con i grossisti, questi ultimi  canale di distribuzione ai clienti,  riguardo all’uso di  Pentothal per le iniezioni  nelle pene capitali negli Usa, annunciò in una nota:  «l’azienda non ha il potere di evitare che il farmaco possa pervenire agli istituti di pena ed essere utilizzato per la pena capitale. Ma non intendiamo rischiare di risultare inadempiente verso le autorità italiane qualora il prodotto fosse infine utilizzato nelle procedure per la pena di morte. Non vogliamo esporre i nostri dipendenti né l’azienda a questo rischio. Tenuto conto delle problematiche legate al farmaco, così come delle richieste delle istituzioni italiane e delle complessità operative per riportare il farmaco sul mercato, Hospira ha deliberato di cessare la produzione».

Il sodio tiopentale non è commercializzato in Italia; il sito dell’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, riporta il foglietto illustrativo del farmaco, il cui uso è revocato, nel quale si possono osservare le numerose precauzioni e controindicazioni del farmaco. Viene impiegato per uso veterinario dai piccoli a grossi animali, prodotto da Intervet Production srl,  per interventi chirurgici brevi, di 15 – 20 minuti, per riduzioni di fratture, esami fisici, radiografici e cure odontoiatriche e come anestetico preparatorio per l’impiego di un anestetico volatile in operazioni prolungate.

Da autopsie di detenuti giustiziati con iniezione letale si è osservato, secondo un’analisi statunitense del National Public Radio, diffusa dall’associazione internazionale Nessuno tocchi Caino, che si batte per l’abolizione della pena di morte nel mondo, il 1 ottobre 2020, emerge che su più di 200 detenuti «l’84% mostrava segni di edema polmonare, una condizione in cui i polmoni di una persona si riempiono di liquido che crea la sensazione di soffocamento o annegamento che gli esperti hanno paragonato al waterboarding. I risultati dell’edema polmonare erano endemici alla morte per iniezione letale». Ed erano coinvolti «sodio tiopentale, pentobarbital, midazolam ed etomidato».

Nella piattaforma britannica Lethal injection Information Center di informazione per la prevenzione dell’uso improprio di farmaci per le iniezioni letali, riporta l’elenco di 16 farmaci per l’iniezione letale nel protocollo d’uso di stati e governo federale statunitense, tra cui il tiopentale sodium è presente in 13 stati e risulta non approvato per uso medico e non disponibile per l’acquisto negli Usa. Vi appare una notizia recente, datata 20 dicembre 2021, in cui lo stato del Nevada è alle prese con la legittimità costituzionale di un nuovo protocollo per l’iniezione letale che consisterebbe in una combinazione di farmaci non testata e sperimentale per l’esecuzione capitale di un detenuto, la prima in più di 15 anni. Viene riportato un’estratto del medico capo dell’ufficio sanitario del Nevada Azzam nell’udienza al giudice federale in Las Vegas sull’efficacia dei farmaci proposti: «Non c’è alcun medicamento che possa essere progettato per uccidere la gente».

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redazione Bioetica News Torino
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