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83 Dicembre 2021
Speciale Natale 2021 Per una nuova speranza

Per una riflessione su eventi del 2021 mediante l’arte e il fotogiornalismo

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E. “Mono” Carrasco, “Un altro mondo è possibile” 2019, MAU Torino/F. Mazzoli

L’Italia conferma di condividere pienamente l’obiettivo di un mondo libero da armi nucleare e resta particolarmente impegnata nei settori del disarmo. Con questo annuncio della Farnesina si apriva, si era nel mese di gennaio 2021, la prospettiva di una rotta nuova verso cui incamminarsi, resa possibile dall‘entrata in vigore del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, perché la pace non può essere raggiunta, come ha affermato Papa Francesco, attraverso la minaccia dell’annientamento totale. Lo stesso giorno i vescovi cattolici di tutto il mondo sottoscrissero un documento con cui accoglievano questo importante passaggio sostenendo che «la cooperazione internazionale è essenziale per affrontare la pandemia Covid-19, il cambiamento climatico, il divario tra ricchi e poveri e la minaccia universale delle armi nucleari».

All’accelerazione della corsa globale alle armi si contrappone questo dicembre l’accordo globale chiamando i capi di Stato di tutto il mondo a ridurre le spese militari del 2% l’anno per cinque anni; viene firmato da 50 Nobel e presidenti di Accademie della Scienza nazionale. Dal 2000 ad oggi — cita Pax Christi — la spesa si sta avvicinando a 2 mila miliardi di dollari all’anno.

Per il Forum della Pace che si teneva a novembre a Parigi Papa Francesco spiegava come la giustificazione del riarmo è «un ‘idea abusata di deterrenza fondata sull’equilibrio delle dotazioni di armamenti» e «gli Stati sono inclini a perseguire i propri interessi principalmente sulla base dell’uso o della minaccia della forza piuttosto che garantire la costruzione e il mantenimento della pace».

Nel discorso per la celebrazione della 54° Giornata mondiale della Pace del 1 gennaio 2022, intitolato Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura, il Papa fa un elenco dei drammi umani il cui dolore accresce dinanzi ad atteggiamento bellicoso e indifferente. Spiega infatti come sia amplificato «l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale».

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“Un anziano tornato a Homs con la sua famiglia”  © Val Morgan/SCIAF (Caritas Scozia) riproduzione riservata

Sono passati dieci anni dai graffiti di Da’ra nel 2011 con cui il popolo siriano protestava per la libertà e ha trovato una decennale guerra civile sanguinosa che ha ridotto il paese in macerie. Sono stati costretti 13 milioni di uomini, donne e bambini a lasciare le loro case: una metà ha dovuto cercare rifugio in Turchia, Giordania, Libano e Germania, l’altra metà sono sfollati interni, costretti ad abbandonare le loro case per le aree del nord-ovest e nord est della Siria; il flusso non si arresta. È nel dossier di marzo 2021, a cura di Soddu F., Cavalletti F. e Beccegato, in cui la Caritas italiana in La speranza del ritorno. Dieci anni di guerra, fra violenze, distruzione e vite sospese, analizza la questione del loro ritorno a casa ripercorrendo prima i vari scenari del conflitto con le testimonianze di sfollati e studi specifici e proponendo poi possibili vie per far riprendere loro la vita nei luoghi dove l’hanno interrotta. Riporta che il 56% delle famiglie che vivono nei campi del nord-ovest della Siria sono sfollati da più di cinque anni; «nel 90% si tratta di campi spontanei autogestiti dalla popolazione dove manca ogni forma organizzata di legalità e assistenza». La scelta del ritorno volontario nel proprio Paese è influenzata dalla possibilità di trovarvi un lavoro dignitoso per provvedere alla propria famiglia e dai servizi pubblici, in primis l’educazione dei propri figli, ma quel che li impedisce più di tutto è il timore di subire persecuzioni.

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Alluvione, Inondazione del fiume Elz a Monreal, Eifel, il 15 luglio 2021/ Bioetica News Torino – riproduzione riservata

Piogge più rare ma più intense capaci di scaricare grandi quantitativi di acqua in poche ore è lo scenario a cui stiamo sempre più spesso assistendo. L’ondata di maltempo che si è riversata quest’estate in Germania, Lussemburgo e Olanda ne è un esempio: ha trascinato dietro di sé centinaia di vittime, cambiato la fisionomia dei paesaggi, lasciato macerie, inquinamento, costretto a lasciare le proprie case e tante difficoltà per una ripresa delle attività. Un fenomeno che meteorologi ed esperti sul clima associano agli effetti del cambiamento climatico con la maggiore frequenza delle piogge intense.

Pensavano di trovarsi sull’isola Oodaaq, nell’estremo nord della Groenlandia, invece quest’estate ad agosto si trovavano su un’altra isola di ghiaccio ancora sconosciuta, più a nord di 780 mt da Oodaaq. È la scoperta di un gruppo di scienziati dell’Università di Copenhagen durante una spedizione. Non si sa per quanto tempo esisterà: «Per principio potrebbe svanire non appena una nuova tempesta la investirà», aveva affermato.

La Fao ha posto di recente il problema dell’alimentazione sana e sicura e la reperibilità del cibo dinanzi all’impatto dei cambiamenti climatici. La produzione agricola nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana, in The State of the Worlds Land and water resources for food and agricolture della Fao, dovrà raddoppiare la richiesta mentre il resto del mondo avrà bisogno di almeno del 30 per cento in più. Gli sforzi fatti per ridurre la piaga della malnutrizione rischiano di essere vanificati. Propone una politica agricola sostenibile che abbia cura delle risorse della terra e dell’acqua, che vanno protette. Sostiene che il cambiamento climatico rivoluzionerà la situazione attuale portando benefici ad alcuni paesi e problemi ad altri.

Si prospetta che alcuni paesi vedranno ridursi le loro aree adatte alla coltivazione come l’Africa Centrale e l’Europa orientale e saranno costretti a gestire in modo nuovo le risorse terrestri e acquatiche. L’aumento delle temperature favorirà l’estensione di produzioni cerealicole in altitudini più alte, in Canada, nell’Eurasia settentrionale e in alcune parti dell’Oceania e del Sud America; invece regioni come l’Africa Centrale e l’Europa Orientale vedranno ridursi le aree coltivabili richiedendo sistemi nuovi.

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Apertura della cerimonia delle Olimpiadi di Tokyo 2020, Stadio nazionale, 23 luglio 2021/Bioetica News Torino – riproduzione riservata

Le Olimpiadi di Tokyo, nella loro XXXII edizione, sono slittate di un anno, la cerimonia di inaugurazione ha avuto inizio il 23 luglio 2021, a causa della pandemia da Covid-19, non senza tensioni fino all’ultimo momento. La stretta morsa virale faceva paura ai giapponesi che per la maggior parte temevano l’arrivo di una compagine sportiva da ogni parte del mondo, seppure il pubblico fosse assente per le misure restrittive, ed esprimevano il loro dissenso manifestando in strada e con raccolta firme. C’è stata anche la fuga degli sponsor all’inizio dinanzi ad un’organizzazione che pareva tintinnante nel controllo dei contagi. Questi Giochi erano in agenda a Buenos Aires dal 2013. Ha lasciato anche una certa inquietudine la notizia di una giovane atleta velocista bielorussa che per timore di subire minacce alla propria vita da parte del suo governo l’abbia portata ad una fuga in Polonia per un post sui social in cui criticava i suoi tecnici.

Le competizioni hanno fatto sentire il peso che i giochi olimpici hanno avuto in tutta loro storia, partecipazione, amicizia, integrazione e fratellanza. 109 sono state le medaglie tra Olimpiadi e Paraolimpiadi portate a casa dagli Azzurri. Nel riceverli al Quirinale dopo un mese dal ritorno, Sergio Mattarella così li accolse: «Vi sono momenti in cui lo sport assume un significato più ampio, questo è uno di quelli. Il nostro Paese provato dalla pandemia è in ripresa, si è sentito rappresentato dal protagonismo di olimpici e paraolimpici, si è sentito ben interpretato, si è sentito coinvolto», sottolineando poi ancora che «le tante medaglie delle Paralimpiadi hanno certamente spinto tante ragazze e tanti ragazzi con disabilità a dedicarsi allo sport, a individuare nello sport una delle strade della propria realizzazione».

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“Hardship of Life” di Mehemet Aslan/ Siena International Photo Awards 2021, Fotografo dell’Anno – riproduzione riservata

È la foto che ha potuto girare il mondo facendo conoscere l’obbrobrio della guerra e la dignità umana che è sempre insita nell’individuo nonostante la grave disabilità e che viene percepita in modo profondo in quello scatto del fotografo turco Mehemet Aslan che racconta di un semplice gesto quotidiano, quello di un abbraccio caloroso di un padre con il proprio figlio in una storia di guerra. Quel che lascia sgomenti non è quell’abbraccio ma il male che una guerra o un conflitto fanno alla persona e al popolo, privandolo di tutto quello che più si desidera, una vita da trascorrere in serenità, il potersi realizzare in una comunità pacifica di cui ci si sente partecipi e potersi curare. Vincitore della Foto dell’Anno, Hardship of Life, tra migliaia di immagini pervenute per il Contest di fotografia di Siena International Photo Award da 163 paesi, premiata a ottobre 2021, è Aslan e assieme a lui i protagonisti ritratti presso un campo di profughi in Turchia, nel distretto di Reyhanli della provincia turca di Hatay, a confine con la Siria. Vittime di una guerra in Siria, iniziata nel 2011, che ha portato la disabilità ad entrambi a causa di una bomba: alla gamba il padre e la malformazione congenita per il piccolo dovuta all’assunzione di farmaci da parte della madre che quando lo aveva in grembo aveva respirato il gas nervino.

Il decennale conflitto in Siria ha lasciato sul campo – si stima per Save the children, impegnata sin dalla crisi a raggiungere i bambini più vulnerabili rimasti all’interno della Siria – quasi 120 mila piccole vittime fra feriti ed uccisi e un forte impatto nella loro fragile vita che dovrebbe essere vissuta come molti loro coetanei di altri Paesi dove non vi è guerra, nella serenità tipica dell’età dell’infanzia. Vivono nella paura di perdere sotto i bombardamenti i loro genitori e le loro case, di non poter più andare a scuola, di poter avere ancora un pasto fisso. Il 90% dei minori necessita di assistenza umanitaria. Più di 1300 strutture sanitarie ed educative, incluse le scuole, sono state direttamente oggetto di attacchi.

La pandemia ha peggiorato la grave situazione di crisi economica portando nella metà del 2021 il Paese tra i dieci nel mondo ad avere la più elevata insicurezza alimentare per circa 12 milioni e 800 mila persone secondo i dati del Global Humanitarian Overview 2022 in Syrian Arab Republic. Tra i rischi nel far fronte alla povertà da parte di famiglie vi sono il matrimonio forzato di minori e il lavoro minorile.

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ArtLords, murale(Torino novembre 2021), ex cartiera di via Fossano/Foto L. Mazzoli riproduzione riservata

Fa parte delle installazioni degli artisti di ArtLords, un collettivo che ha lasciato l’Afghanistan dalla fine di agosto. In questo murale realizzato a Torino nel mese di novembre, Lima Ahmad, Omaid Shrifi e Kabir Mokamel descrivono una ragazza che cammina con una cartina dell’Afghanistan sottobraccio, come un collage variopinto di libri di scuola, al pari delle donne afghane con la pianola sottobraccio dipinte nei muri di Kabul dall’artista Shamsia Hassani. Esprime il diritto delle donne alla libertà, all’educazione e all’istruzione. L’opera pubblica è realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle politiche giovanili della Città di Torino e la Fondazione per l’Architettura MuraArte Torino.

Cop 26 Glasgow 2021
Il Primo ministro britannico Boris Johnson e il Segretario generale delle Nazioni Unite salutano il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Mario Draghi all’arrivo al Summit mondiale dei leader Cop 26 Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima presso il Scottish Exhibition Centre di Glasgow/ Photograph Karwai Tang/UK Government – riproduzione riservata

Rimandato di un anno a causa della pandemia il 26mo Vertice internazionale, presieduto dal Regno Unito in partenariato con l’Italia, a cui vi hanno preso parte quasi 200 Paesi, si è concluso dopo due settimane di negoziati, il 13 novembre 2021 con il Patto di Glasgow per il clima con il quale ci si impegna a seguire le linee guida dell’Accordo di Parigi, stipulato nel 2015. A differenza di quest’ultimo che fissava il tetto in 2°C entro il quale mantenere l’innalzamento della temperatura si è fatto un passo in più, anche se in ritardo, fissando l’obiettivo a 1,5°C entro il 2100. Purtroppo si è dovuto invece negoziare all’ultimo con l’India perdendo sulla necessità di eliminare l’utilizzo del carbone, obiettivo che è stato sostituito con quello di ridurne gradualmente l’uso.

Non è mancata la voce internazionale dei giovani presentata da un documento stilato durante il loro primo Summit globale, Youth4Climate, tenutosi il 28 -30 settembre 2021 in Milano e consegnato ai ministri nel corso della riunione di preparazione alla Cop26. Ovunque le manifestazioni del movimento giovanile Fridays for Future hanno diffuso con ogni sforzo la necessità di maturare la consapevolezza della custodia della terra, perché è già troppo tardi, che bisogna agire subito.

Anche dalle realtà della comunità sanitaria era arrivata in prossimità del Vertice una Lettera firmata da 450 organizzazioni e oltre 3 mila professionisti sanitari in cui si chiedeva un’azione incisiva per proteggere la salute dei cittadini e delle generazioni future dalla crisi climatica, preoccupati dal sesto Rapporto scientifico di valutazione che lo studio intergovernativo aveva rilasciato ad agosto. Gli scienziati affermavano che ogni decimo di un grado in eccesso di 1.5°C avrebbe comportato serie conseguenze sulla salute e vita delle persone e che «molti di questi cambiamenti sono senza precedenti in migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, e alcuni tra quelli che sono già in atto – come il continuo aumento del livello del mare – sono irreversibili in centinaia o migliaia di anni».

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Giorgio Parisi con il Diploma del Premio Nobel per la Fisica 2021 dopo la cerimonia tenutasi all’Università La Sapienza di Roma © Nobel Prize Outreach/L. Sbarbori – riproduzione riservata

Un riconoscimento per la scienza italiana è stato dato dall’Accademia reale delle scienze svedese di Stoccolma, situata presso il prestigioso Karolinska Institutet, che ha insignito il 5 ottobre il premio per la Fisica a Giorgio Parisi, professore ordinario di Fisica teoretica alla Sapienza di Roma, con la seguente motivazione: «per le scoperte rivoluzionarie relative alla cromodinamica quantistica e lo studio dei sistemi disordinati complessi», che per la casualità e il disordine che li caratterizza sono di difficile comprensione. Un premio che è andato per metà condiviso con altri due scienziati il giapponese della Princeton University negli Usa Syukuro Manabe e il tedesco del Max Plank Institute for Meteorology di Amburgo Klaus Hasselmann, questi ultimi, «per aver studiato un modello relativo al clima della Terra, quantificandone la variabilità e prevendendo in modo affidabile il riscaldamento globale».

Il conferimento della medaglia e del diploma a Parisi è avvenuto da parte dell’ambasciatore di Svezia Jan Björklund durante la cerimonia tenutasi presso l’Aula Magna del Rettorato della Sapienza di Roma il 6 dicembre.

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Un nuovo volo per l’Italia dalla Libia che dà speranza © Comunità di Sant’Egidio – riproduzione riservata

Concludiamo con l’accoglienza e il percorso di integrazione possibile a chi vive il dramma delle migrazioni e ha bisogno di protezione internazionale. Pensare ad aiutare chi vive il dramma della guerra, dello sfruttamento, gravi ingiustizie è possibile. I percorsi legali evitano i pericolosi viaggi nelle mani di aguzzini senza scrupoli. 163 sono i migranti morti nell’ultimo fine settimana al largo della Libia, dà la notizia l’Organizzazione internazionale per le migrazioni che aggiunge che nel 2021 hanno perso la vita lungo la rotta del Mediterraneo Centrale 1508 persone.

Un mese fa sono arrivati in Italia 93 richiedenti asilo dalla Libia mediante i corridoi umanitari grazie al Protocollo di Intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, il Ministero dell’Interno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola valdese. Eccetto i 3 minori stranieri non accompagnati che seguiranno un’accoglienza dedicata, agli altri 90 spetteranno percorsi di integrazione secondo il modello previsto dei corridoi umanitari.

«Finalmente finisce per queste persone l’incubo di soprusi e violenze nei campi di detenzione e si apre un futuro diverso, all’insegna dei diritti umani » aveva commentato Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio. «È un forte messaggio anche per l’Europa, finora in ordine sparso e spesso insensibile, di fronte ad un fenomeno, come quello dell’immigrazione, che è necessario affrontare con urgenza e, al tempo stesso, con la dovuta umanità».

Siglato, in questi giorni è l’accordo per il progetto di inserimento socio-lavorativo di migranti vulnerabili tra il Commissariato straordinario di Anpal, specializzata in politiche attive del lavoro e la rappresentanza Unchr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. Poi quello tra l’agenzia Onu per i rifugiati e la Comunità di Sant’Egidio firmato per poter rispondere in modo più adeguato ai loro bisogni, all’accesso umanitario e alle emergenze. Recente è il nuovo protocollo della Cei con il governo italiano per l’apertura di un corridoio umanitario da Iran e Pakistan per il trasferimento in Italia in sicurezza e in legalità rifugiati afghani con un progetto di integrazione collegato.

Non può lasciare indifferenti la notizia di un mese fa del bambino assiderato nella foresta, confinato tra migliaia di migranti invisibili, lasciati in un rigido inverno, tra il lungo muro di filo spinato che separa la Bielorussia e la Polonia.

© Bioetica News Torino, Dicembre 2021 - Riproduzione Vietata