One Health non è una “rivoluzione culturale” per i soli addetti ai lavori, richiede innanzi tutto l’impegno personale di ciascuno di noi a modificare il proprio comportamento ed educare bene le nuove generazioni.
La recente pandemia ha evidenziato come nel III Millennio non sia più possibile pensare ad una gestione nazionalistica delle questioni inerenti la salute. Da tali presupposti si è così consolidato il progetto “One Health”, cioè un approccio ideale per progettare e raggiungere livelli di salute globale, oltre i particolarismi e le diseguaglianze. Questa visione olistica, ci auguriamo non utopica, costituisce un modello fondato sull’integrazione di discipline diverse, alla cui base vi è il riconoscimento che la salute umana, animale e l’ecosistema, siano legati indissolubilmente tra loro.
Enrico Larghero
Visitando una mostra di fotografie di Sebastiãn Salgado, mi colpì più di ogni altra quella che ritraeva una tribù nomade di Dinka (Sud Sudan) perché mostrava, con un’immagine assai vivida, la simbiosi stretta e la promiscuità totale tra le mandrie di bufali e gli esseri umani. Ne va della sopravvivenza di entrambi e, ovviamente, le malattie infettive sono messe in comune, come il nomadismo alla ricerca di acqua e pascoli, in un ambiente di savana arida, sempre più arida e avara di sostentamento con il cambiamento climatico in corso.
Altro scenario: fin dal primo dopoguerra, gli antibiotici cono stati introdotti negli allevamenti intensivi non solo per uso terapeutico, ma anche profilattico e poi addirittura come “promotori di crescita” mescolati con il mangime. Il 95% del pollame e il 70% dei suini subiscono oggi questo trattamento. L’80% della produzione mondiale di antibiotici è destinato all’allevamento, alle colture ittiche ed alle piantagioni. Viviamo in un modo impregnato dagli antibiotici e l’umanità ne resta pesantemente contaminata, anche per l’abuso che ne fa a scopo terapeutico. Inevitabile l’emergere di resistenze multiple di sempre più difficile controllo per uomini e animali.
L’invasione del mondo “antropizzato” ai danni di quello selvaggio ha inoltre portato al “salto di specie” (o “spillover”) di virus e batteri dagli animali selvatici, bacino naturale in cui erano da millenni circoscritti, al bestiame ed all’uomo. L’orrenda visione di un “wet market”, come quello di Wuhan (probabile origine, o per lo meno ambiente di diffusione, della pandemia COVID-19), con ammasso di animali, allevati e selvatici, vivi o mezzo morti, macellati e venduti sul posto, rende bene l’idea di quanto nuove epidemie e mancata sicurezza alimentare siano un grave pericolo per tutti noi. Si calcola che negli ultimi 20 anni, le antropozoonosi (malattie comuni a uomo e animali) abbiano fatto 15 milioni di morti tra gli umani e un danno economico per 4.000 miliardi di $ (dato OMS).
Il solo cambiamento climatico poi, nel ventennio 2030-2050, causerà 250.000 morti in più ogni anno per azione diretta ed indiretta: malattie che si espandono,come malaria, dengue, encefalite da zecche, febbre gialla e malattia di Lyme, ma anche diarrea infantile, malnutrizione e colpo di calore. In Africa le donne, perprocurare l’acqua e la legna, dovranno camminare per distanze sempre più grandi; i campi, sempre più secchi e meno produttivi, richiederanno molte più ore di lavoro; donne e bambini saranno quindi sempre più impossibilitati a frequentare gli studiecc. I più poveri della terra restano i più esposti, anche se sono i meno colpevoli: l’Africa Subsahariana produce solo il 2-3% dei gas serra, ma sta pagando il prezzo più alto del cambiamento climatico in corso.
Tutte queste situazioni drammatiche legano indissolubilmente la salute dell’Homo sapiens a quella del regno animale, del regno vegetale e dell’ambiente, “casa comune” di tutti quanti. Ed ecco perché la difesa e la promozione della nostra salute devono assolutamente passare dalla difesa e dalla promozione dell’unica salute del pianeta, con il suo habitat e con gli esseri viventi che lo popolano: “One Health” (OH) appunto.
L’idea è stata fatta propria dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fin dal 2004, con il documento detto «I 12 Princìpi di Manhattan», messaggio conclusivo del simposio “One World One Health”: un’esortazione a tutti i governi e tutte le forze del mondo scientifico e delle Organizzazioni della Società Civile a fare propri i principi della OH. Si era finalmente capita l’importanza dell’ambiente, della globalizzazione e dei pericoli che si presentavano all’orizzonte se non si fosse agito subito in modo integrato.
Non si tratta di una nuova disciplina, ma di un indirizzo di fondo che orienti gli sforzi di promozione della salute a sviluppare efficaci e strutturate forme di cooperazione e integrazione tra medici, veterinari, esperti agro-alimentari e climatici, ad ogni livello, dagli studi scientifici ai programmi di sviluppo e formazione.
Più specificamente, gli obiettivi della OH sono: sviluppare questa nuova competenza tra i decisori e gli operatori delle discipline interessate, affrontare meglio e prevenire le epidemie di origine animale (spillover), controllare ed eliminare le zoonosi/antropozoonosi endemiche, le malattie tropicali neglette e le malattie trasmesse da vettori (malaria, dengue, f. di Lyme ecc), potenziare la sicurezza alimentare «from farm to fork» (valutazione dei rischi, azioni preventive e correttive), frenare la pandemia da antibiotico-resistenza, integrare la difesa ambientale in quella della salute globale (acqua sicura, lotta alle polluzioni ambientali ed al cambiamento climatico).
One Health si fonda sul principio di equità culturale, sociale e politica: tutte le persone e le comunità (incluse quelle emarginate e minoritarie), ma anche tutte le forme di vita e l’ambiente naturale condiviso, meritano pari diritti e opportunità. La tutela dell’ambiente e quella dei diritti umani non sono alternative, ma sono una cosa sola, come sostiene anche Papa Francesco in «Laudato si’» e «Fratelli tutti».
One Health non è una “rivoluzione culturale” per i soli addetti ai lavori, richiede innanzi tutto l’impegno personale di ciascuno di noi a modificare il proprio comportamento ed educare bene le nuove generazioni.
Ugo Marchisio
© Bioetica News Torino, Marzo 2025 - Riproduzione Vietata