Neuroscienze Quale spazio per la libertà e responsabilità umana?
Torino, sabato 17 giugno 2017, Aula Artistica, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, sezione parallela di Torino
Convegno organizzato dal Centro Cattolico di Bioetica – Arcidiocesi di Torino, con il patrocinio di Amci e Associazione «Bioetica & Persona Onlus»
Dio ci ha donato la vita in una condizione di naturalità fragile e caduca, come ricorda San PAOLO nella Lettera ai Romani (8,20-23). E proprio questa fragilità ci rende vittime del peccato. Ma insieme alla vita Dio ha donato all’uomo anche la completa libertà di gestirla secondo il proprio “libero arbitrio”, cioè libera capacità di scelta.
E ogni scelta presuppone l’esistenza della “responsabilità”. Mentre il semplice libero arbitrio offre all’uomo la libertà di scegliere fra le varie opportunità, magari perseguendo quelle che sono personalmente più convenienti e profittevoli, la responsabilità costituisce l’aspetto morale del libero arbitrio, in quanto inserisce l’atto di riflessione sugli effetti di una libera scelta o di un’omissione. Come afferma il filosofo Filippo SANTONI DE SIO:«Questa forma di responsabilità rispecchia il modo più semplice dell’interazione tra persona e mondo…».
Il principio di “responsabilità” è requisito tipicamente ed esclusivamente umano. Solo l’uomo, fra gli esseri viventi, è in grado di selezionare le proprie azioni attraverso il senso di responsabilità, che orienta i comportamenti umani e i loro effetti sul piano etico, sociale, politico, giuridico.
E l’atto di responsabilità è esercitato dall’uomo come espressione della profondità della sua coscienza. L’uomo, fra tutti gli esseri viventi, è l’unica creatura che, oltre alla coscienza percettiva, che consente di percepire gli avvenimenti che ci investono, e della quale dispongono anche gli altri animali, in grado proporzionale al loro diverso stadio evolutivo, dispone della coscienza introspettiva, che è la forma più profonda di coscienza, cioè l’autocoscienza o coscienza di sé. Coscienza, oltre che di sé, anche degli altri; è la coscienza che consente di percepire il Trascendente, di cogliere l’estinguersi della vita e quindi di prefigurare la propria morte. In sostanza, è quel tratto di coscienza che consente di distinguere il giusto dal non giusto, il bene dal male. E questa capacità di distinzione si realizza attraverso il senso di “responsabilità”.
Fin dall’antichità il concetto di “libero arbitrio” è stato oggetto di grande interesse in ambito filosofico. La domanda essenziale è sempre stata: l’uomo può essere ritenuto responsabile delle proprie azioni, con le conseguenti ricadute sotto il profilo etico e penale? In altri termini, coscienza e libero arbitrio sono semplicemente funzioni illusorie, poiché ciò che avviene è conseguenza di condizioni predeterminate che si verificano in modo automatico? Come sostengono i “deterministi”. Se il quesito avesse risposta affermativa, significherebbe vanificare la capacità di esercitare la propria volontà attraverso il “libero arbitrio”.
Negli ultimi anni le conoscenze scientifiche e lo sviluppo tecnologico nel campo della genetica e delle neuroscienze hanno subito un progressivo e forte incremento. Sul piano genetico, è ormai noto che i geni non sono i soli e assoluti registi delle nostre azioni. La loro funzione è fortemente integrata con il vissuto epigenetico che origina sia dall’interno del nostro stesso organismo sia dalle influenze che noi esercitiamo attraverso l’ambiente esterno, e che ci consentono di attivare o spegnere le attività di determinati geni regolando così la loro funzione. Ed è questo scenario orchestrale genetico-epigenetico che consente all’uomo di superare la dipendenza deterministica per esprimere in modo libero e responsabile la propria volontà, espressione del “libero arbitrio”.
Quanto agli aspetti neuroscientifici, le indagini effettuate mediante strumenti tecnologici sempre più raffinati hanno contribuito a illuminare non poco il complesso mondo della psiche e il suo funzionamento. E, di conseguenza, hanno contribuito a identificare gli ambiti strutturali la cui compromissione si riflette sia sull’esercizio del libero arbitrio sia sulla funzione della responsabilità.
Da queste indagini hanno tratto utilità non solo le conoscenze biologiche, ma anche le scienze forensi, sulle quali tali conoscenze hanno avuto forte impatto. Infatti, le nuove conquiste in questo ambito hanno contribuito a fornire mezzi nuovi e nuovi criteri utili nel processo di indagine dello stato mentale del “reo”, contribuendo a modificare gli aspetti applicativi del complesso ambito del Sistema della Giustizia. In sostanza, i progressi delle conoscenze multidisciplinari in ambito clinico e delle innovazioni strumentali nel settore neuroscientifico, stanno dando un contributo all’approfondimento del rapporto tra libero arbitrio e responsabilità colpevole.
Il libero arbitrio – afferma lo psicologo e psicoterapeuta Stefano LIONETTI – è ritenuto il fondamento della capacità di intendere e di volere: la capacità di intendere indica l’attitudine dell’individuo a comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto in cui agisce, mentre la capacità di volere definisce quanto la persona sia in grado di controllare il proprio comportamento e i propri impulsi.
Ma sappiamo come tali capacità possono essere compromesse da eventi patologici neurodegenerativi o traumatici. In altri termini, come afferma ancora LIONETTI: bisogna decidere se chi ha commesso il fatto ha scelto di farlo in modo “libero” o se, altrimenti non poteva farne a meno, perché non più in grado di autodeterminazione.
In conclusione, il concetto di “responsabilità” ha anche importanti collegamenti con il complesso mondo del binomio mente−cervello umano e i suoi diversi stati di integrità. Si apre così un ampio spazio di dibattito in cui sono coinvolte competenze disciplinari diverse e aperte al dialogo fra i filosofi morali e gli specialisti di materie neuroscientifiche, giuridiche e sociali.
© Bioetica News Torino, Ottobre 2017 - Riproduzione Vietata