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87 Aprile 2022
Speciale Neuroscienze Le nuove frontiere della medicina

Neuroscienze: dalle origini alla contemporaneità Prima Parte. Inquadramento storico dalle origini al Seicento

Introduzione

a cura di Enrico Larghero

L’uomo si è interessato al funzionamento del corpo fin dall’antichità, rivolgendo particolare attenzione a quella parte che senza dubbio lo distingue dagli altri esemplari della sua specie: il cervello. Grazie alla testimonianza scritta dagli Egizi, consistente in due papiri risalenti al 1550 a.C. circa, sappiamo che questa grande civiltà conosceva bene l’importante ruolo del cervello umano, che era descritto come il “luogo delle funzioni mentali”.
Nell’Antica Grecia Aristotele attribuiva invece al cuore tutto il protagonismo del controllo delle emozioni, mentre si riferiva all’encefalo come ad una grande massa gelatinosa e niente di più. Un altro studioso greco, Galeno, concepiva invece il cervello come il centro di controllo delle funzioni corporee, proprio come Ippocrate, il padre della Medicina. Le teorie di questi grandi studiosi rimasero in auge sino al Medioevo, epoca a partire dalla quale iniziarono ad affermarsi le scienze sperimentali e, con esse, il progresso nella conoscenza del funzionamento del sistema nervoso.
Salvatore Gentile, medico e Direttore del reparto di Neurologia dell’Ospedale Universitario Molinette di Torino, ripercorre in due incontri questo affascinante viaggio nella mente umana.

Il cervello – scriveva la poetessa Emily Dickinson – ha corridoi che vanno oltre gli spazi materiali.   

Neuroscienze: descrizione

Per neuroscienze si intende quell’insieme di discipline che studiano come è organizzato e come funziona il sistema nervoso (SN). Questo si compone di una parte centrale (encefalo e midollo spinale) e di una parte periferica (nervi spinali e nervi cranici). L’encefalo, il principale oggetto di studio delle neuroscienze, è di certo un organo complesso e misterioso. Esso ci consente non solo di avere consapevolezza di quello che si verifica nel mondo esterno (coscienza) ma ci consente pure di avere consapevolezza di questa consapevolezza (autocoscienza).

A tutt’oggi non sappiamo come nasce la coscienza ma sappiamo di certo che essa è una prerogativa dell’encefalo e, in particolare, di una sua struttura rappresentata dalla corteccia cerebrale. L’encefalo ha il compito di ricevere informazioni, esaminarle e pianificare risposte. Esistono nella corteccia cerebrale aree deputate a compiti specifici ma tali aree necessitano, per espletare al meglio e completamente il loro compito, del supporto di altre aree in una rete di collegamenti integrati.

Le tessere che hanno portato a comporre l’attuale mosaico, pur ancora incompleto,  della macchina cerebrale, sono state messe, tolte, sostituite con fatica nel corso dei secoli, grazie all’opera di geniali pensatori che hanno fatto la storia della medicina in generale e delle neuroscienze in particolare attraverso i loro contributi in campo anatomico, istologico, fisiologico, patologico, biochimico, farmacologico, genetico, molecolare.

Un excursus storico

La storia delle neuroscienze ha inizio con ALCMEONE di Crotone che nel VI secolo a.C. comincia a pensare che il cervello sia, tra tutti, l’organo più importante svolgendo esso la funzione di coordinamento delle mansioni sensitive.

Nell’antica Grecia si contrapposero due teorie: quella cerebrocentrica di IPPOCRATE (460-370 a.C.) che, riprendendo il punto di vista di Alcmeone, riteneva che il cervello fosse la sede delle sensazioni e del pensiero, e quella cardiocentrica sostenuta da ARISTOTELE (384-322 a.C.), che individuava nel cuore la sede delle funzioni mentali. Nel cuore lo Stagirita, infatti, poneva l’anima unitaria e le sue facoltà (vegetativa, sensitiva e intellettiva), mentre riservava al cervello il compito di provvedere al raffreddamento delle passioni. 

Per vedere confutato, almeno in parte, il pensiero di Aristotele bisogna aspettare GALENO di Pergamo (130 – 200 d.C.). Questi nel riprendere la tripartizione platonica dell’anima, ne colloca, infatti, la parte razionale nel cervello, abbracciando in questo  la concezione cerebrocentrica di Ippocrate.

Il medico di Pergamo, che fu anche medico personale dell’imperatore Marco Aurelio, intuisce che l’organo delle funzioni cognitive è il cervello e individua, riprendendo il pensiero del medico alessandrino Erofilo (335-280 a.C.), la sede delle funzioni psichiche superiori nei ventricoli cerebrali. Ad essi affida il ruolo di aspirare, come una sorta di pompa, il pneuma psichico o soffio vitale, una sostanza di natura imprecisata che sarebbe derivata dall’elaborazione dell’aria inspirata attraverso una serie di processi compiuti prima dal cuore e poi dal cervello stesso. Tale sostanza avrebbe veicolato al cervello  gli stimoli provenienti dagli organi di senso e, dal cervello, gli ordini razionali  ai muscoli per il movimento volontario. Questo flusso bidirezionale di informazioni si sarebbe compiuto lungo i nervi, ritenuti cavi.

Galeno, pur respingendo il cardiocentrismo aristotelico, sposò e rafforzò le idee tradizionali che vedevano nel cuore l’unico organo correlato alla parte spirituale dell’anima e nel fegato quello correlato alla parte vegetativa.

I punti di vista di Galeno hanno dominato la medicina occidentale per tredici secoli, fino al Rinascimento, quando cominciarono lentamente a essere messi in discussione. Questo grazie anche all’osservazione diretta del corpo umano attraverso lo studio anatomico dei cadaveri, pratica proibita sia nell’antica Grecia che nell’Impero Romano.

Ė con VESALIO (1514-1564), che si arriva alla definitiva confutazione delle concezioni aristoteliche e galeniche poiché solo con lui sarà assegnato al cuore  definitivamente il ruolo di centro del circolo vascolare.

Mediante l’introduzione della dissezione dei cadaveri, l’anatomista fiammingo operò una riscrittura della descrizione del corpo umano e delle sue parti che trovò amplia divulgazione con la stampa dell’opera De humani corporis fabrica.

La teoria ventricolare di Galeno, sulla funzione del cervello idraulico, rimase comunque sostanzialmente invariata anzi rafforzata agli inizi del XVII secolo, periodo storico in cui inventori francesi iniziarono a sviluppare congegni meccanici controllati idraulicamente.

Uno dei principali sostenitori di questa teoria fluido-meccanica fu CARTESIO (1596 – 1650) per il quale, però, la stessa non poteva rendere conto di tutto l’insieme dei comportamenti umani. E così, il filosofo e matematico francese, riprendendo un concetto già teorizzato da Platone nel IV secolo a.C., opera una distinzione tra mente (res cogitans) e cervello (res extensa), tra anima e corpo, individuando nella ghiandola pineale l’organo di interazione tra le due dimensioni. Questa distinzione, nota come dualismo, aprì un dibattito filosofico-scientifico che continua a tutt’oggi.

La seconda parte prosegue nell’articolo successivo

Note

Articolo tratto dalla rubrica Bioetica e Notizie de «La Voce e il Tempo» per la cui pubblicazione ringraziamo il direttore  Alberto Riccadonna

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