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Ministero della Salute, relazione sull’applicazione della L.194/1978: meno aborti chirurgici e più aborti farmacologici, preferenza ai consultori familiari

18 Settembre 2021

Se da un lato gli aborti volontari con metodica chirurgica effettuati nel 2019 diminuiscono lievemente rispetto al 2018, dall’altro emerge l’aumento del ricorso all’aborto farmacologico, quello della contraccezione d’emergenza (mifepristone e prostaglandine). Nel primo caso gli aborti sono 73.207 nel 2019 rispetto ai 73.328 nell’anno precedente, e per la maggior parte hanno riguardato donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Invece nel 2019 le ivg farmacologiche sono state 17.799 in confronto con quelle del 2018, 15.750 nel 2018, passando dal 20,8% al 24,9 %, pratica effettuata ormai in tutte le regioni, in particolare Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Puglia e Toscana.

Il numero delle minorenni che vi hanno ricorso risulta nel 2019 essere 1.936, 1678 italiane e 215 straniere, con tendenza a diminuire rispetto agli anni precedenti ed è in misura assai minore rispetto alle coetanee nell’Europa occidentale: dalle abitudini dei giovani apprese da diversi studi tale quadro può essere dovuto ad una moderata attività sessuale e all’uso estensivo del profilattico. Cresce l’assenso rilasciato dai genitori: nel 2019 se ne sono avuti di più in Valle d’Aosta, Basilicata e Toscana.

Gli obiettori di coscienza sono lievemente in calo nel 2019 ma con una quota sempre elevata specialmente fra i ginecologi (67% rispetto al 69% nel 2018); in lieve diminuzione anche quella degli anestesisti e di personale non medico. La copertura di rete ospedaliera dei punti IVG rimane adeguata e non sono evidenziate particolari criticità per il carico di lavoro dei ginecologi nei servizi di Ivg.

Si continua a rivolgersi di più, anche nel 2019, per una consulenza di interruzione volontaria di gravidanza al consultorio familiare (44,2%), seguito dal servizio ostetrico (33,4%) piuttosto che dal medico di fiducia (19,9%). Su 44.553 colloqui tenuti presso il consultorio familiare sono stati rilasciati 31.505 certificati medici, lasciando supporre che la scelta sia stata poi optata diversamente per la differenza in quanto si sia andato incontro alle motivazioni economiche, sociali o familiari sulla salute della gestante. La Provincia autonoma di Trento, l’Emilia Romagna, il Piemonte, le Marche e l’Umbria sono le regioni in cui sono stati rilasciati più certificati medici. I tempi di attesa del rilascio della certificazione per l’intervento sono diminuiti, avviene per un 70% entro i 14 giorni.

Questi sono alcuni dati emergenti dalla Relazione del Ministero della Salute sull’Attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/1978) riferiti al 2019 e provvisori al 2020, inviata al parlamento il 30 luglio e pubblicata sul sito ministeriale il 16 settembre 2021. A causa della situazione pandemica i risultati sono stati raccolti e controllati fino ad aprile 2021.

Dalla lettura dei dati sul rapporto di abortività, dato dal numero di Ivg rispetto a 1.000 vivi, pari al 174,5 per 1.000 nel 2019 e con valori preliminari 169 per 1.000 nel 2020, in calo rispetto al 2018, il ministro della Salute Roberto Speranza fa osservare che tale lettura «deve tenere conto del persistente calo della natività in Italia. In particolare, dal 2018 al 2019 i nati della popolazione presente sul territorio nazionale sono diminuiti di 19.723 unità».

Sui dati dell’aborto farmacologico Speranza afferma: «Si può ipotizzare che l’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza – Levonorgestrel (Norlevo, pillola del giorno dopo) e Ulipristal acetato (ellaOne, pillola dei 5 giorni dopo) – abbia inciso positivamente sulla riduzione del numero di IVG. Per tali farmaci è indispensabile una corretta informazione alle donne per evitarne un uso inappropriato».

E infine il Ministro Speranza invita ad un potenziamento dei consultori familiari, considerato che sono un punto di riferimento per molte donne e coppie, nell’aiutare la donna, anche «nella eventuale riconsiderazione delle motivazioni alla base della sua scelta», in modo consapevole, «nel percorso Ivg ed evitare future gravidanze indesiderate ed il ricorso all’Ivg».

Chi ricorre all’Ivg? Differenze fra Ivg chirurgica e farmacologica

Mantenendo una tendenza a diminuire in generale, confrontando le regioni per il 2019 viene mostrata una diminuzione più marcata dell’interruzione volontaria di gravidanza con metodo chirurgico in Molise, Umbria, Marche, Calabria e Lazio mentre presentano un lieve aumento, rispetto all’anno precedente, la Valle d’Aosta e la Basilicata. Gli interventi avvengono soprattutto nell’Italia settentrionale, 34.217 rispetto ai 15.288 nell’Italia Centrale e ai 16833 nell’Italia Meridionale mentre nelle isole 6.869.

A livello internazionale per 1000 donne di età tra i 15 e i 44 anni l’Italia risulta con il tasso di abortività tra i più bassi (7,1 nel 2019), insieme alla Svizzera (6,7 nel 2019) e Germania (7 nel 2018) in confronto alla Bulgaria, Federazione Russa, Svezia, Inghilterra e Galles che si aggira, nell’ordine dato, tra i 20,1 e il 18. Mentre in Italia l’età più rappresentativa è data tra i 30 e i 39 anni gli altri Paesi europei la fascia di età è più giovane, va dai 20 ai 29 anni.

Può aver influito alla diminuzione al ricorso di tipo chirurgico la scelta per quella farmacologica. Con le determina l’Agenzia italiana del farmaco nel 2015 ha consentito alle maggiorenni di avvalersi per i contraccettivi di emergenza, pillola dei 5 giorni, senza l’obbligo della prescrizione medica e un anno dopo, nel 2016 per quella del giorno dopo. Dal sistema di tracciabilità del farmaco del Ministero della Salute si è per l’Ulipristal acetato (ella one) avuto un picco dal 2015 al 2018, da 145.101 a 260.139 vendite per poi “stabilizzarsi” nel 2019 con 259.644 come si rileva dalla Relazione. Invece sono stati distribuiti dal 2016 al 2017 in netta crescita da 161.888 distribuzioni a 288.546 per poi stabilizzarsi nel 2019 con 288.498 farmaci di Levonorgestrel (pillola del giorno dopo). Di questo tipo di Ivg nel 2019 per il 95% la pratica è avvenuta entro i 49 giorni di gestazione.

La metodica farmacologica viene usata in generale da donne meno giovani, più istruite, per lo più italiane di cittadinanza e nubili in confronto alle altre donne che hanno impiegato quella tradizionale chirurgica.

Con la circolare di agosto 2020 il Ministero della Salute estende il tempo dell’IVG con metodo farmacologico fino a 9 settimane che non richiede più l’ospedalizzazione e può svolgersi in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate anche presso i consultori autorizzate dalle Regioni e collegate ad una struttura ospedaliera.

Rimane ancora, nonostante la legge, l‘abortività clandestina che secondo uno studio dell’Istituto superiore di Sanità nel 2012 per le donne italiane si stimava tra le 12mila e 15mila aborti, mentre tra le donne straniere tra 3mila e 5mila. Con ulteriori parametri più aggiornati nell’analisi dell’abortività clandestina, nel 2016 l’Istat e l’Iss hanno stimato, considerando l’esonero dall’obbligo delle maggiorenni per la prescrizione medica per le interruzioni di tipo farmacologico, un range tra 10mila e 13mila aborti clandestini.

Più rilevante, per stato civile, è la percentuale delle nubili rispetto alle donne coniugate, una tendenza che si manifesta dal 2014 rispetto al primo decennio della legalizzazione dell’aborto quando prevalevano le donne coniugate, mostrando nel 2019 un 58% rispetto al 36%. Il termine nubile può ampliare la sua accezione se si considerano le coppie conviventi ma non sposate.

Per stato occupazionale sono più le donne che hanno un’occupazione ad abortire, nel 2019 sono 50,2% per le italiane e il 39,2% per le straniere, in confronto con le donne in cerca di occupazione ( 20% le prime e 29,4 le seconde), casalinghe (17.6% le prime e 25,4% le seconde) e le studentesse (12,3% le prime e 5,9% le seconde).

Rispetto agli anni precedenti vi è una diminuzione degli aborti, nel 2019 le donne italiane risultano 51.948 mentre quelle straniere 20.907, in particolar modo nelle regioni del Centro-Nord Italia, dove risiedono o sono domiciliate. L’età del ricorso all’abortività, per le donne straniere è più giovane, tra i 20 e i 24 anni, i loro ricorsi sono anche più ripetuti, probabilmente come emerge da alcuni studi dipende più dalla loro scarsa conoscenza dei metodi contraccettivi e degli accessi ai servizi sanitari.

tabella 25 ivg ministero salute 2021
Tabella n.25 Ivg e tipo di intervento, 2019 Fonte Relazione del Ministero della Salute sull’Attuazione della Legge 198/1978, 2021

Interventi e complicanze

Poco più della metà degli interventi si è effettuata entro le 8 settimane pari a 53,5% nel 2019. Segna un aumento rispetto agli anni precedenti; è probabile che sia dovuto all’aumento dell’uso farmaceutico per l’Ivg con il mifepristone e prostaglandine che viene usato in epoca gestazionale precoce. Un 5,4% nel 2019 va oltre la 12 settimana di gravidanza.

Risulta che le cittadine straniere tendono ad abortire entro i 90 giorni a settimane di gravidanza più avanzate. Invece dopo i 90 giorni sono più le donne italiane ad interrompere la gravidanza a seguito di risultati sfavorevoli alle analisi prenatali rispetto a quelle straniere di cui hanno una conoscenza minore o per i costi o perché tendono ad avere gravidanze prima dei 30 anni.

L’anestesia generale continua ad essere la più frequente nel 2019 con il 44%, soprattutto nel Sud e nelle Isole, anche se la tendenza risulta in diminuzione dal 2012 quando vi ricorreva l’80%. La sedazione profonda invece è in aumento dal 2012, dal cui anno risulta in diminuzione nel corso degli anni fino ad arrivare nel 2019 al 23% dei casi prevalentemente nel Centro – Nord.

C’è stato un aumento degli interventi senza anestesia dal 2012 in crescendo dal 5,7% per arrivare al 23,9% nel 2019, probabilmente, come suggerisce la Relazione, a causa dell’aumento dell’aborto farmacologico. Con l’anestesia generale nel 2019 si sono avuti 58,2% interventi, 2,9% con quella locale e 31,3% con sedazione profonda.

Scarso è il ricorso all’anestesia locale invece raccomandata dalle linee guida inglesi, secondo cui necessita se si effettua un’isterosuzione tralasciando quella generale, ribadita anche dall’Oms nel 2012 per il minor rischio per la salute della donna oltre che ridotte richieste di analisi pre-Ivg; il che significa minor impegno di personale e minori costi.

L’isterosuzione è la tecnica più usata, con il 16,7%, in particolare con le cannule di Karman per 43,7% anche nel 2019 mentre il raschiamento è pari al 10%. Quest’ultimo è effettuato prevalentemente in Sardegna e in Abruzzo, in Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Calabria e Lombardia. Meno impiegata invece in Molise, Basilicata, Umbria, Campania, Puglia, Piemonte, PA di Trento.

Al mifepristone, autorizzato in commercio nel 2009 per il ricorso all’aborto volontario, fanno ricorso nel 2010 3.836 casi (il 3,3% delle Ivg), nel 20117.432 per il 6,7% sul totale delle Ivg, nel 2012 8.114, il 9,7% delle Ivg totali proseguendo con un andamento crescente fino ad arrivare al 2019 con 17.799 pari a 24,9% sul totale delle Ivg. Vi ricorrono di più fra le regioni, come già citato, il Piemonte, la Liguria, l’Emilia Romagna, la Puglia e la Toscana. La Relazione fa osservare come le percentuali aumentano se si contano quelle effettuate entro le 7 settimane di gestazione, termine raccomandato per tale metodica.

Da una rivalutazione dei dati sulla metodica farmacologica nel 2019 riguardo alle complicanze di utilizzo del Mifepristone + prostaglandine è emerso che non si sono avute “immediate” per il 94% nel 2019, una situazione simile al 2018 e alla raccolta dei dati nel 2010-2011, mentre il 2,4% vi ha dovuto ricorrere o all’isterosuzione o al raschiamento.

Tra le complicanze immediate più frequenti negli Ivg risulta nel 2019 l’emorragia, il 2,7% per 1000 Ivg pari a 187, di cui 103 al Nord, 44 al Centro, 24 al Sud e 16 nelle isole. Sono state registrate 20 infezioni, 204 di altro tipo che non viene specificato. Non viene indicato il numero di morti collegati all’Ivg ma viene detto che è molto basso e inferiore a quello indicato in letteratura.

Per l’80% il ricovero ospedaliero per Ivg risulta inferiore alle 24 ore nel 2019 e nel confronto fra le diverse regioni hanno avuto degenze di due o più giorni il Piemonte, l’Abruzzo, la Campania, la Sicilia e la Sardegna. Nella Relazione viene chiesto alle Regioni di comprendere le motivazioni quando la degenza è superiore ad un giorno in una struttura.

Dove si effettuano di più?

Quasi totalmente, per il 95,3%, la Ivg è stata praticata negli istituti pubblici con una diminuzione negli anni alle Case di cura convenzionate, quest’ultime scelte soprattutto in Puglia, Sardegna, Campania e nelle Marche. Su 564 stabilimenti autorizzati nel 2019 con Reparto di Ostetricia se ne contano 356 dove ha avuto luogo l’intervento di Ivg.

La situazione nel 2020: Ivg e Covid-19

A causa della pandemia, che ha avuto un’incidenza nel sistema organizzativo sanitario, con anche il ritardo nella raccolta dei dati e quanto pervenuto il Ministero li ha comunicati in via provvisoria.

Le interruzioni risultano 67.638.

Dalle risposte delle Regioni al questionario sugli interventi di Ivg durante la pandemia da Covid-19 maggio – giugno 2020 risultano 21 Regioni che hanno effettuato la Ivg, 3 Regioni che hanno effettuato la Ivg solo in alcune strutture, in 2 regioni alcune strutture hanno sospeso i servizi di Ivg, 7 Regioni hanno predisposto percorsi separati per le donne positive al Covid-19 per Ivg, in 21 Regioni sono state hanno predisposte dalle strutture percorsi separati per donne con Covid-19 per richiesta di Ivg, in 4 Regioni alcune strutture hanno sospeso le procedure di vg farmacologica mentre in 2 Regioni alcune strutture hanno sospeso quella chirurgica, in 12 Regioni non sono stati segnalati problemi.

Riguardo all’aborto farmacologico nel periodo ottobre- novembre 2020 risultano 20 Regioni che hanno segnalato o distribuito alle strutture che fanno Ivg le nuove linee di indirizzo con Mifepristone e prostaglandine del Ministero della Salute, 1 Regione ha iniziato con gli interventi in ambulatorio extra ospedaliero o consultorio familiare nel 2020 mentre 13 Regioni hanno segnalato di iniziare nel 2021 di cui 4 in consultorio familiare, 2 in ambulatorio e 7 in entrambe le strutture, infine 3 Regioni che hanno voluto ancora valutare come.

CCBYSA

(aggiornamento 18 settembre 2021 ore 22.56)

redazione Bioetica News Torino