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10 Giugno 2013
Supplemento Maternity Care

“Maternity Care”

Professore Valter Boero 

Maternity Care è il titolo di un corso di aggiornamento professionale organizzato dal Movimento per la Vita di Torino in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino per personale sanitario (medici e infermieri) nel 2012 e nel 2013. Il Corso di aggiornamento è stato aperto ai volontari dei Centri di Aiuto alla Vita che si occupano da oltre 3 decenni di maternità difficili ed hanno accumulato una vasta esperienza riguardo l’accoglienza delle donne in attesa di un figlio nelle fasi iniziali, trovando sempre una soluzione a situazioni apparentemente impossibili.
Gli atti delle due edizioni del Maternity Care sono pubblicati sul sito web del Movimento per la Vita di Torino (2012, 2013 www.mpv.org)1. Tali corsi sono stati inseriti nell’attività didattica offerta dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino, ora Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Torino, e sono stati riconosciuti anche dal Ministero della Salute che ha attribuito crediti formativi ai partecipanti.
In tutto il Mondo il personale sanitario si è specializzato per affrontare convenientemente le difficoltà che si possono presentare durante la maternità. In Europa nel secolo scorso si  è passati da una prevalenza di parti in casa, con al più l’aiuto dell’ostetrica, a parti in ospedale. Soprattutto nelle aree urbanizzate vi sono ora ovunque reparti specializzati di ostetricia e ginecologia e per la maternità è previsto un percorso preciso per ridurre al minimo i rischi.

Immagine di ex voto relativo a parto in casa  (1880) in Rita  Manfro, Ex- voto di montagna, 20082

Alba (2012)3 presentando un quadro della assistenza sanitaria e psicologica alla donna in gravidanza in Italia ed in Europa, ha evidenziato che

la gravidanza per una donna ed un uomo può essere l’esperienza più bella, completa e maturante che si possa fare nella propria vita ed è una situazione fisiologica nel 90% dei casi. È un’esperienza già di norma impegnativa, ma può diventare anche critica nelle situazioni difficili.

Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità  ha sviluppato il concetto di “presa in carico della gravidanza a seconda del grado di rischio” e Castagna ( 2012)  schematizza come segue:

a. “assistenza prenatale di base” offerta a tutte le donne a basso rischio;
b. “assistenza addizionale” per donne e nascituri con patologie e complicanze moderate (medio rischio)
c. “assistenza specializzata ostetrica e neonatale” per le donne e nascituri con patologie e complicanze severe (alto rischio).

Di fatto il baricentro delle attenzioni si sposta  sulla donna e le valutazioni del rischio assumono il punto di vista prevalente della donna, pur trovandoci in presenza di almeno tre soggetti certi e ben identificati: la madre e il figlio cui si aggiunge anche il padre del figlio.
Comunque le speciali attenzioni che giustamente vengono applicate al 10% di gravidanze non fisiologiche, vengono tendenzialmente estese al restante 90% dei casi come si può evincere osservando le sequenze di analisi prenatali cui quasi tutte le donne si sottopongono.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization  2011)5 recentemente ha indicato in modo preciso come pianificare l’evento della gravidanza.

In Italia di questo tema si sono occupati il Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000 con il Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI); il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008; il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 con il  Percorso nascita. In questi Piani è aumentata l’attenzione al vasto mondo che ruota attorno alla gestazione e sono state introdotte nuove figure professionali extra sanitarie come per esempio lo psicologo. In questi piani hanno avuto rilevanza in ordine decrescente di intensità: la donna, il figlio, la famiglia, il padre del figlio.
In questa attenzione generale della Sanità vi sono stati degli  eccessi per cui si parla comunemente di “sanitarizzazione della maternità” con un aumento considerevole delle indagini prenatali e dell’impiego di tagli cesarei non sempre necessari. Meno  documentata è la  marginalizzazione del rapporto madre figlio e del ruolo del padre.

Secondo Alba (2012) in Italia le informazioni maggiormente dettagliate sull’assistenza in gravidanza sono quelle raccolte al momento della nascita e desunte dai certificati di assistenza al parto (CedAP), secondo le quali nel 2008 –ultimo anno  in cui si dispone della elaborazione delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) –  i parti totali in Italia sono stati 530.343 di cui il 62% vaginali senza complicazioni (330.665) e il 38% con taglio cesareo senza complicazioni (199.678). 

A riprova della deriva sopra menzionata vi è l’Accordo Stato-Regioni (18/01/2011) con «Linee di indirizzo 2010-2012 per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» che a livello europeo è sotto il  20%.

Alba (2012) riassume le Linee guida 2011  e facilmente si può osservare che mentre ci si preoccupa di rilevare i dati del livello di istruzione e lo stato occupazionale delle puerpere, che ovviamente non può essere che del tutto simile a quello della popolazione, si ignora il 25% delle donne in attesa del figlio che rinunciano a portare a termine la gravidanza con quel che viene chiamato aborto “volontario”.

Su questa quota rilevante di gravidanze interrotte relaziona annualmente il Ministro della Sanità (e.g. Ministero della Salute 2012)6 omettendo però informazioni sull’uso massiccio di prodotti ormonali come il Norlevo e Ellaone (a base rispettivamente di levonorgestrel e acetato di ulipristal) che hanno la finalità di interrompere una eventuale gravidanza nelle sue fasi iniziali. La diminuzione di aborti chirurgici o chimici (quelli via RU486) che si registra nella relazione del Ministro è pertanto da correggere in aumento per l’impiego di prodotti ad effetto abortivo sulle primissime fasi della gravidanza. Dati sul consumo di questi prodotti non sono facilmente disponibili, ma si  può immaginare se nel 2001 era di 300.000-350.000 dosi (Primiero e Bastianelli  2002)7.

Per l’aggettivo “volontario” si usano le virgolette perché, pur risultando dalle schede raccolte dagli ospedali, che la donna firma innanzi al medico per la decisione  volontaria di interrompere la gravidanza, così come prescrive la legge italiana (194/78) in realtà la donna si trova soggetta a fortissime pressioni di familiari e di altre persone. Testimoniano questa condizione le migliaia di relazioni dei Centri di Aiuto alla Vita  depositate presso la Fondazione «Vita Nova»  di Milano per il periodo 1994-2012.

Queste pressioni esterne agiscono su una donna  dove la biologia spinge in direzione opposta. Gli studi relativi alle fasi successive della fecondazione con  l’impianto dello zigote nell’endometrio  dimostrano infatti che la donna si adatta progressivamente alle esigenze crescenti dettate dal figlio in un dialogo di natura biochimica

Dialogo tra madre ed embrione nel linguaggio biochimico in  Fritz M.A., Speroff L., Clinical gynecologic endocrinology and infertility, 8 ed. Wolters Kluwer 2011, pp. 259-264, citato da Romano 20138

Schema del dialogo tra madre ed embrione nel linguaggio biochimico, Romano 2013

Cacace (2012)9 così sintetizza:

il cervello femminile inizia a trasformarsi  due settimane dopo la fecondazione, i livelli di progesterone aumentano; i circuiti cerebrali si rilassano e la donna avverte una sensazione di sonnolenza e la necessità di nutrirsi e riposarsi più del solito; il  SNC cambia le sue reazioni agli odori e agli alimenti.  Durante i primi 2-4 mesi il progesterone incrementa da 10 a 100 volte il suo normale livello avvolgendo il cervello con un effetto sedativo simile a quello delle benzodiazepine: lo scopo è quello di proteggere il SNC dagli ormoni dello stress.

Anche le ricerche più recenti sulla relazione madre/figlio nelle sue fasi iniziali dimostrano un legame fortissimo non solo di ordine biologico ma anche psicologico che aggrava ulteriormente il conflitto con le forze esterne che si oppongono all’arrivo del figlio.  A conferma di quanto affermato vi è l’ampia produzione scientifica sulle conseguenze del post-aborto citata da   Cantelmi et al. ( 2011)10 e del tutto ignorata dai documenti ministeriali citati, pur in presenza di leggi nazionali (la n.194/1978) che prescrivono una informazione completa nel rispetto della dignità della donna (art.14)  e sanzioni penali  a carico dei medici che carpiscano il consenso con l’inganno (art.18) omettendo, appunto, una informazione completa.

Diventa pertanto di fondamentale importanza il colloquio della donna in attesa di un figlio con  il medico che, raccogliendo le ansie e  il parere della donna, difficilmente riuscirà a porsi in una condizione di neutralità e/o correttezza professionale. Il medico infatti non può ignorare di trovarsi  innanzi a due pazienti: uno dentro l’altro e legati vicendevolmente per la loro sussistenza. Sia per la donna, sia per il figlio della donna dovrebbe valere  il giuramento di Ippocrate. Anzi,  per il figlio, in condizioni di maggior debolezza, dovrebbe esserci una maggiore attenzione.

Questa posizione critica del medico è ben evidenziata dai dati sull’obiezione di coscienza esercitata dai medici rispetto alla richiesta di praticare aborti che in Italia raggiunge il 70% con punte del 90% in alcune aree del Paese. È troppo evidente la contraddizione tra quanto documentato dalla scienza medica ed appreso nelle aule universitarie e quanto richiesto dall’aborto,  una pratica antica, ma pur sempre violenta, cruenta e in violazione dei diritti umani fondamentali (United Nations 1948)11. Queste percentuali dovrebbero far riflettere il Legislatore sulla iniquità della legge 194/78.

Le pressioni esterne sulla donna  potrebbero venir attenuate con una appropriata azione di counseling. Secondo  Castagna ( 2012) il  counseling in ambito sanitario trova numerose applicazioni: nell’accoglienza degli utenti, nell’ascolto attivo dei loro bisogni, nella loro educazione a comportamenti di salute, nell’aiutare la persona ad accettare e mantenere uno stile di vita sano, nel supporto ai pazienti nel percorso di malattia (dall’accettazione, alla compliance, ai trattamenti).

Nell’ambito del counseling in una gravidanza a rischio il medico ha il compito di facilitare nella coppia l’identificazione delle proprie difficoltà, ad adottare quanto raccomandato e a utilizzare le risorse che possono essere messe in campo per superare gli ostacoli.

Lo stile empatico è la caratteristica essenziale per un buon colloquio perché permette di entrare in relazione con l’altro condividendone il vissuto attraverso la possibilità di esperire transitoriamente su di sé lo stato d’animo altrui entrando in una condizione di “risonanza emotiva”.

Quanto fin qui analizzato esalta l’importanza della “medicina narrativa” nell’accoglienza di una coppia con una gravidanza considerata a rischio. La medicina narrativa è un insieme di competenze comunicative di elevata qualità, che vanno acquisite con una specifica formazione e che contribuiscono a strutturare nel medico un atteggiamento mentale atto a facilitare da parte del paziente l’espressione della sua esperienza di malattia, favorendo così la formazione di una relazione terapeutica efficace (Larghero e Lombardi Ricci  2012)12.

Secondo Castagna ( 2013)13 nell’ambito delle gravidanze a rischio si co-costruisce insieme alla coppia, non solo una storia della malattia condivisa, ma anche una storia del progetto terapeutico – assistenziale che trova d’accordo tanto l’operatore sanitario quanto la donna.

Aspetti scientifici e aspetti narrativi della malattia vengono a convergere in una rappresentazione coerente di essa e del suo trattamento (narrative evidence based medicine).

Come concretamente si esercita una medicina narrativa nell’ambito delle gravidanze a rischio?
È fondamentale far emergere le ipotesi della donna/coppia sulla patologia attribuendo loro pari dignità rispetto a quelle medico scientifiche.
Bisogna poi  analizzare il significato specifico che la donna attribuisce a un disturbo, connettendolo alla sua più globale esperienza di vita.
È necessario utilizzare domande circolari ossia domande aperte che siano formulate in risposta a quanto detto dalla paziente e domande riflessive che aiutino la paziente a riconsiderare il problema.
Bisogna altresì  lasciar emergere le proprie espressioni empatiche, i pensieri spontanei e tutto quanto crea una connessione con la paziente senza per questo identificarsi in lei. Vanno sviluppate strategie educative, ad esempio spiegare in maniera adeguata una determinata procedura diagnostica o terapeutica riflettendo sugli effetti che esse producono nella specifica paziente.
È importante costruire spazi di riflessione anche durante il colloquio e dare potere alla paziente (empowerment) condividendo le decisioni da prendere.

La donna con una gravidanza a rischio porta nella consultazione non una semplice anamnesi ma una vera e propria “storia di malattia”. Essa proietta sul suo bambino non solo le ansie connesse alla sua malattia ma anche le preoccupazioni relative al decorso della sua gravidanza.

Effettuare un attento colloquio per chiarire dubbi, perplessità, paure, angosce serve non solo a parlare di malattia ma a riportare al centro del colloquio la gravidanza. Essa è impregnata di aspettative da parte dei genitori. Una donna affetta da una patologia che rimane gravida riacquista un senso di normalità, di comunanza con le altre donne tanto da non sentirsi più così diversa.

Il colloquio tra medico e donna in attesa di un figlio tanto cruciale per l’accoglienza della gravidanza e quindi tanto decisivo sul destino del figlio e della madre è insidiato sempre più da una nuova minaccia: quella che incombe sul medico che non consigli l’aborto.

È il caso di recenti sentenze di alcuni Tribunali italiani – come la  sentenza n.16754/2012 della Corte di Cassazione in www.cortecassazione.it  – che hanno condannato medici e Aziende ospedaliere a risarcire per non aver diagnosticato “per tempo” alcune anomalie del feto. Dove il “per tempo” nasconde l’intenzione di eliminare il figlio se malato prima del terzo mese di gravidanza. I Giudici di quella sentenza menzionata si sono spinti ad esprimere dei giudizi sulla dignità della vita umana, e involontariamente spingono  nella scenario già assai inquietante dove aleggia l’eugenetica, anche la “medicina difensivistica”. Una medicina che è orientata non più e non solo alla cura del paziente, ma alla tutela del medico  di fronte ad un presunto “diritto alla salute” esercitato  anche  a scapito della vita altrui come nel caso citato.

Esaminando il  Piano socio-sanitario della Regione Piemonte (2009) nell’ Area materno-infantile è descritto un “Percorso Nascita” tradotto in  dettagli operativi presentati nell’ Agenda gravidanza Regione Piemonte, 2009)14. In questi documenti   si può constatare lo sforzo di adeguamento alle linee guida nazionali, ma nel contempo vengono ignorati  due aspetti rilevanti e macroscopici.
Il primo è già stato menzionato prima e riguarda il 25% delle gravidanze che viene interrotto “volontariamente”; il secondo è che le diagnosi prenatali, pur partendo con l’idea di curare il figlio con qualche difficoltà, di fatto, spingono verso l’idea di  uno pseudo diritto al figlio sano e  de facto sono funzionali alla sua eliminazione. In modo non casuale le finalità delle diagnosi prenatali sono taciute, lasciando a ciascuno di intendere quel che vuole.

Agenda della gravidanza, I trimestre, Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità – Regione Piemonte200915

Secondo  Corbella (2013)16  la  medicina predittiva, nata proprio per individuare precocemente le possibili patologie e agire preventivamente in termini di cura, rischia di tramutarsi in una possibilità di esclusione da una cittadinanza attiva. Il rischio è allora  di una medicina che esageri in termini preventivi e correttivi all’interno di una società che comprende la malattia come un incidente di percorso da rimuovere insieme al suo portatore. Da questo consegue che la malattia e ancora più il malato sono interpretati in termini di colpevolezza celando una visione violenta.

In questo scenario si collocano due esperienze, una ospedaliera e una extraospedaliera, capaci di portare un po’ di luce e speranza in un evento straordinario quale è la maternità: la scuola di maternità e il comfort care.

 

La  Scuola di maternità

La Scuola di maternità (SDM)  ha mosso i primi passi  nel 2009  per iniziativa del Movimento per la Vita di Torino osservando semplicemente che in città per attività meno urgenti e  meno rilevanti socialmente  era comunque maturata la necessità di accumulare e trasmettere alcune competenze (es. Scuola di ballo, di musica, di calcio…). Parallelamente la prof. Maria Pia Massaglia, collega della Facoltà di Medicina dell’Università di Torino, ci aveva illustrato in  alcuni seminari le recenti acquisizioni scientifiche sulla  maturazione della relazione madre/figlio sin  dalle prime settimane di gravidanza. La documentazione scientifica era così  ampia da poter dare buone ragioni e motivi per accogliere le  tante difficoltà incontrate dalla donna all’inizio della gravidanza. Infatti, mentre  per  l’ultimo trimestre di gravidanza  anche le strutture pubbliche offrivano corsi specifici, per il primo trimestre non vi era nulla oltre l’incontro con un ginecologo e frettolose ecografie per misurare qui e  là, senza sapere bene il perché.

Cogliere quel che accade nel proprio corpo, sentirlo, avere coscienza dei mutamenti che il figlio in crescita determina insieme ai suoi fabbisogni permette di affrontare più serenamente la fisiologia delle prime settimane di gravidanza. Ma la possibilità di incontrare il figlio prima di nascere attraverso lo strumento ecografico aggiunge ancora ulteriore coscienza ed emozione a questa relazione. Poter vedere proiettato su un grande schermo  il proprio figlio anche nelle prime settimane di vita , osservarlo alle prese con il cordone ombelicale, vederlo reagire se chiamato per nome in un ambiente familiare, e non sanitario, è una esperienza che tutte le mamme in attesa vorrebbero fare.

Infatti a otto settimane c’è già la percezione tattile, e a partire dalla nona- decima settimana di gestazione, il feto può generare movimenti reattivi. È particolarmente attivo circa due ore dopo il pasto materno. Ancor prima che si sviluppi il senso dell’udito, il piccolo riesce a percepire le vibrazioni del liquido amniotico, perciò si può parlare con il bimbo, cantare canzoni, raccontare una fiaba (Castagna  2013).

In questa ecografia realizzata nella SDM senza fretta e senza misure, distanti dall’ambiente sanitario  e coccolati dalle altre coppie presenti, non c’è un intento diagnostico, c’è solo il desiderio di comunicare,  solo uno sguardo accogliente su una realtà straordinaria ricca di mistero, quella del figlio prima di nascere. Uno sguardo che fa posto anche alla presenza del padre per condividere una esperienza dove all’inizio sembra  quasi escluso.

Ordinariamente la SDM si rivolge a tutte le mamme in attesa di un figlio, si forma una classe con circa 10 coppie di mamma e papà e  prevede un ciclo di 5 incontri  di 2 ore ciascuno. Di seguito la sequenza dei 5 incontri:
La relazione madre-padre – figlio e ambiente prima della nascita
Tutela sul lavoro e sostegno della maternità e della paternità
L’alimentazione del bambino prima della nascita
L’alimentazione del bambino dopo la nascita
La maternità nella cultura cristiana

Dopo aver sperimentato 12 di questi cicli ed aver constatato l’apprezzamento di tantissime (120) mamme e papà  che hanno incontrato visto e gioito con  il loro figlio ci auguriamo che la nostra esperienza possa essere solo moltiplicata e possa spalancare la porta ad una visione più serena e positiva della maternità e paternità.


Bibliografia 

1 Movimento per la Vita di Torino, Atti del Maternity Care 2012, 2012: < http://www.vitatorino.org/new/index.asp?sez=scheda&id=230&tab=Articoli&tit=Documentazionewww.vitatorino.org>Movimento per la Vita di Torino, Atti del Maternity Care 2013, 2013, <http://www.vitatorino.org/new/index.asp?sez=articoli&tip=3>

2 MANFRO R.,  Ex voto di montagna, Facoltà Agraria, Corso di Laurea Interfacoltà in Scienze e Cultura delle Alpi, Università di Torino. Relazione finale anno accademico 2007-2008, 2008

ALBA  E., Assistenza sanitaria e psicologica alla donna in gravidanza in Italia ed in Europa, Atti  Maternity Care 2012,  2012, www.vitatorino.org,  <http://www.vitatorino.org/new/index.asp?sez=scheda&id=230&tab=Articoli&tit=Documentazione>

4 CASTAGNA P.,  Il colloquio di accoglienza della donna in difficoltà: nella gravidanza a rischio, Atti Maternity Care 2012, 2012, www.vitatorino.org <http://www.vitatorino.org/new/index.asp?sez=scheda&id=230&tab=Articoli&tit=Documentazione>

5 WORLD HEALTH ORGANIZATION, District Planning Tool for Maternal and Newborn Health Strategy Implementation. A practical tool for strenghtening Health Management System, , WHO Press, Ginevra 2011, http://www.who.int/en < http://whqlibdoc.who.int/publications/2011/9789241500975_eng.pdf>

6 MINISTERO DELLA SALUTE,  Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78), Roma 2012  www.salute.gov.it <http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1824_allegato.pdf>

7 PRIMIERO F.M. E BASTIANELLI C., APOG vol.6 n.1 aprile 2002

8 ROMANO L., Relazione Riflessioni biomediche ed etiche sull’inizio della vita. Teorie a confronto, Atti Maternity Care 2013, www.vitatorino.org,   fa riferimento al Dialogo tra madre ed embrione nel linguaggio biochimico in  Fritz M.A., Speroff L., Clinical gynecologic endocrinology and infertility, 8 ed. Wolters Kluwer 2011, pp. 259-264

9 CACACE C., Aborto pregresso e nuova maternità;Atti Maternity Care 2012, www.vitatorino.org <http://www.vitatorino.org/new/index.asp?sez=scheda&id=230&tab=Articoli&tit=Documentazione>

10 CANTELMI T., CACACE C. E PITTINO E.,  Maternità  interrotte. Le conseguenze psichiche dell’IVG, Ed. S. Paolo, Milano  2011, pp. 276

11 United Nations,  Universal Declaration of Human  Rights in http://www.ohchr.org (trad.italiana, United Nations Information Centre, Italy: <http://www.ohchr.org/en/udhr/pages/language.aspx?langid=itn>

12 LARGHERO  E. e LOMBARDI RICCI M. (edd), Bioetica e medicina narrativa. Nuove prospettive di cura (Presentazione di mons. SGRECCIA E.),   Edizioni  Camilliane, Torino 2012, pp. 270

13 CASTAGNA P., La relazione madre-figlio e padre-figlio nella fase prenatale: confronto sulle esperienze di una “Scuola di Maternità”, Atti Maternity Care 2013, www.vitatorino.org

14 REGIONE PIEMONTE,  Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità Gruppo di lavoro regionale “Percorso nascita”,tavolo tecnico “Agenda di Gravidanza”, a cura di  GHIOTTI P. e FOIS E., 2009, www.regionepiemonte.it/sanità

15 REGIONE PIEMONTE, Assessorato alla Tutela della  Salute e Sanità,  Agenda della gravidanza 2009,  www.regionepiemonte.it/sanità

16 CORBELLA C., Il figlio sano. Giusto  desiderio e assoluto diritto?,  Atti Maternity Care 2013, 2013 www.vitatorino.org

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