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94 gen-feb 2023
Speciale Malattie Rare Dalla ricerca alle nuove cure

Malattie rare e orfane: la ricerca e la cura oggi In Piemonte nel 2021 vi sono riconosciuti 45.883 malati rari

Introduzione
a cura di Enrico LARGHERO

Le cronache degli ultimi anni hanno drammaticamente posto all’attenzione del mondo l’esistenza dei virus. A tale categoria, prima del Covid-19, appartenevano anche l’influenza spagnola (con 50 milioni di morti), l’asiatica, l’Aids, la Sars, l’influenza suina ed infine l’Ebola. Accanto alle malattie infettive, altre patologie sono da sempre oggetto di costante attenzione, sia da parte dei media che della divulgazione scientifica. Alternativamente, si parla così di ipertensione, infarto, ictus, diabete, tumori, Alzheimer, Parkinson, Sla.

A questo lungo elenco manca tuttavia una vasta gamma di affezioni che colpiscono l’umanità: sono le cosiddette «Malattie rare». Il loro numero complessivo, circa 10 mila, è destinato ad aumentare in considerazione dell’avanzare della ricerca e della diagnostica, particolarmente nell’ambito della genetica. Dalla loro definizione si evince che esse riguardano un numero limitato di individui nella popolazione, ovvero un caso ogni 200 persone con il 70% delle quali in età pediatrica. Ad un’analisi superficiale sembrano piccoli numeri, ma applicati su larga scala, le stime diventano significative per cui in Italia i malati si aggirano sui 2 milioni ed in Europa raggiungono i 30 milioni.

Con Diego Papurello, medico neurologo, inizia una serie di articoli che ci permetteranno di conoscere questa realtà complessa, attraverso un approccio multidisciplinare che andrà dalle cure mediche alle vicende esperienziali ed alla solidarietà. Non può essere negato che il prezzo delle malattie genetiche sia alto — ha scritto Jerome Lejeune —, lo scopritore della Sindrome di Down, ma non possiamo assegnare un valore a quel prezzo: è esattamente quello che una società deve pagare per rimanere pienamente umana.


Quando si può dire che una malattia è “rara”?

Una malattia per essere definita rara deve avere una prevalenza inferiore ad 1 caso su 2 mila abitanti. Ciò significa che in Italia, ad esempio, ci sono circa 6-7 mila persone affette dalla corea di Huntington, una malattia rara neurologica che ha una prevalenza di circa 3-7 casi su 100 mila abitanti a confronto dei 75 mila casi di malattia di Parkinson, malattia neurologica non rara che ha una prevalenza di 150 casi su 100 mila abitanti e del diabete che, con una prevalenza del 6% , colpisce circa 3,5 milioni di Italiani.

Tuttavia il numero dei malati rari nel loro complesso è molto elevato se si tiene conto che le malattie rare conosciute sono circa 8 mila (numero in costante aumento grazie ai progressi in campo scientifico e diagnostico): la stima di Eurordis (European Organisation for Rare Diseases) è di un coinvolgimento tra il 6 e l’8% della popolazione, per cui il numero di malati rari stimato in Europa è di 24-36 milioni (in Piemonte al 31.12.2021 erano censiti 45.883 malati rari).

“Rara” ma non così poi rara se ve ne sono affette solo in Piemonte oltre 45 mila persone. Come possiamo riconoscerle in tempo per assicurare una cura e una presa in carico assistenziale e quale è l’attuale situazione nel Ssn?

Per la loro numerosità dal 1998 le malattie rare sono considerate una priorità nell’ambito dei Piani Sanitari Nazionali che il governo predispone su proposta del Ministero della Salute sulla base dei fabbisogni delle Regioni, dei dati del registro Nazionale delle malattie rare e della Rete Nazionale delle Malattie Rare istituiti secondo quanto stabilito dal Decreto Ministeriale n. 279/2001.

Negli ultimi tempi l’interesse per le malattie rare si è rafforzato grazie alla forte azione di sensibilizzazione svolta dalle numerose associazioni che si sono costituite (solo in Piemonte ne sono operative 670), promotrici di iniziative di divulgazione in varie occasioni pubbliche tra cui eventi culturali e spettacoli; ne è esempio il talk show che si è svolto a Torino in occasione della giornata mondiale dedicata alla Niemann Pick (NP) che può essere assunta come esempio paradigmatico di malattia rara, sia per i dati di prevalenza (1-9/100 mila), sia per le problematiche che la caratterizzano. La malattia in realtà comprende alcune entità nosologiche inquadrate in 4 sottotipi: A-B-C e D che si differenziano per la diversa base genetico/biochimica, per le modalità di presentazione e per età di insorgenza ma tutte accomunate dall’appartenenza al gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale e dalla presenza della cellula di Niemann Pick negli organi principalmente coinvolti.

Essendo poco conosciute e riconosciute, la diagnosi viene posta tardivamente e molto spesso omessa anche per causa dell’eterogeneità delle modalità cliniche con cui la stessa malattia si può manifestare: ad esempio il tipo C ad esordio adolescenziale/adulto può simulare una forma depressiva o psicotica e restare stabile nel tempo senza presentare i segni/sintomi caratterizzanti delle forme ad andamento più evolutivo.

L’obiettivo è quello di ridurre i tempi di attesa, dagli attuali 5 anni di media, a circa 1 anno — afferma il Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico del Bambino Gesù di Roma — ciò grazie alle nuove tecnologie, soprattutto genetiche. Infatti, l’80% delle malattie  rare sono geneticamente determinate.

Perché e quando alcune di queste malattie vengono classificate “orfane”? Nel portale malattierare.gov.it vi è una banca dati delle associazioni di pazienti. Quale contributo possono offrire ai cittadini?

Molte di esse vengono definite  «orfane» in quanto prive di un farmaco efficace per la loro cura anche perché le case farmaceutiche non sono  incentivate ad investire ingenti somme di denaro per lo studio e la produzione  di nuovi farmaci la cui bassa commercializzazione non consentirebbe il recupero dei capitali spesi. Per lo stesso motivo esistono farmaci «orfani» di malattia perché il loro alto costo ne ostacola la prescrivibilità.

A tal proposito è un merito dell’Associazione Italiana Niemann Pick aver promosso la sperimentazione di un farmaco, il Miglustat, già approvato per la malattia di Gaucher, ma per il quale esistevano evidenze di efficacia anche per la malattia di Niemann Pick tipo C. Sulla base dei risultati favorevoli ottenuti, l’Aifa, Organo competente, nel 2005 ha approvato il farmaco.

Questo esempio, tra i tanti, va nella direzione di dimostrare il ruolo prezioso sostenuto dall’universo associazionistico costituito dai familiari dei pazienti e da volontari, in grado di fornire aiuto concreto per affrontare le numerose difficoltà che si incontrano nella gestione quotidiana dei malati. Si va dall’aiuto materiale al supporto psicologico, dalla formazione dei caregiver all’informazione dei riferimenti sanitari cui eventualmente afferire e della tutela dei diritti, dal finanziamento di borse di studio a quello della ricerca e della partecipazione a trial clinici.

Ma il valore del loro operato va al di là dei risultati tangibili a vantaggio dei malati «rari» perché esse portano un messaggio di solidarietà e di speranza anche ai malati «comuni» e – perché no? – alle persone sane. «Nulla è perduto», recita il motto dell’Associazione Italiana Niemann Pick, se che anche in caso di sconfitta, come purtroppo spesso accade, le «giuste» battaglie sono fatte per amore e con amore.

Note

* Ringraziamo  il direttore Alberto Riccadonna per la pubblicazione del testo di Diego Papurello, Malattie rare, in Piemonte 45.883 casi, in  «La Voce e il Tempo»,  23 novembre 2022, pp. 27

 

© Bioetica News Torino, Febbraio 2023 - Riproduzione Vietata

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