Il convegno «Ai confini della Vita», svoltosi nella bellissima cornice strutturale della «Piccola Casa della Divina Provvidenza», Cottolengo, nella sala Fr. Luigi, il 25 gennaio scorso, si colloca nel percorso formativo degli operatori sanitari e dei volontari unitalsiani e non solo.
1. L’Unitalsi: per opera del giovane Giovanbattista Tomassi
L’Unitalsi, è nata nel 1903 per volontà di un malato, Giovanbattista Tomassi, che, si era recato a Lourdes per sconfermare con il suo gesto estremo, la presenza di Maria in quel luogo di grazia.
Lourdes dal 1858, dalla prima apparizione di Maria a Bernadette Soubirous, ragazzina di appena 14 anni, appartenente ad una famiglia molto povera, diventò un luogo dove sperimentare la grazia della guarigione.
Agli inizi del 1900, anche se i mezzi di comunicazione sociali non erano per nulla paragonabili a quelli odierni, la notizia che, da oltre vent’anni numerosi pellegrini, in numero sempre crescente, accorrevano dalla Francia, dal Belgio e da altre nazioni alla Grotta di Massabielle a Lourdes, era giunta anche a Roma.
Così nel 1903, con il pellegrinaggio nazionale italiano, presieduto dal comm. Filippo Tolli che insieme al conte Acquaderni organizzava i pellegrinaggi a Lourdes, con l’assistenza spirituale di Monsignor Giacomo Radini Tedeschi, partì anche un gruppetto di quattro o cinque malati, tra cui Giovan Battista Tomassi, un giovane romano di ventitrè anni, figlio dell’amministratore dei principi Barberini.
Era affetto da una forma artritica acuta ed irreversibile che, da quasi dieci anni lo costringeva a stare in carrozzina; era molto sofferente nel corpo, ma soprattutto molto tormentato nello spirito per la sua ribellione a Dio ed alla Chiesa. Chiese di partecipare al pellegrinaggio con l’intenzione ben precisa, se non avesse ottenuto la guarigione, di compiere uno scandalo, un gesto di clamorosa sfida e bestemmia, suicidandosi ai piedi della Madonna.
Accadde però che, giunto alla Grotta di Lourdes, venne colpito dalla presenza dei volontari che aiutavano i malati ad entrare nella grotta per pregare e percepì che la condivisione amorevole dei volontari dava conforto, speranza e serenità ai sofferenti.
Per tutti i giorni del pellegrinaggio era smarrito, sconvolto, taciturno; non ottenne il miracolo, ma non attuò il proposito, e alla stazione di Lourdes, al momento del rientro, consegnò a Monsignor Tedeschi la pistola dicendo: «Ha vinto Lei, la Madonna. Tenga non mi serve più. La Vergine ha guarito il mio spirito. Se Lourdes ha fatto bene a me, farà bene a tanti altri ammalati».
Tornato a Roma con la mente ed il cuore alla commovente immagine di ammalati francesi, spagnoli, belgi e tedeschi che aveva visto arrivare a Lourdes con i ”Treni Bianchi”, ebbe l’intuizione di creare anche in Italia un gruppo di volontari. Scosso da questa idea, scrisse lo statuto e lo consegnò a monsignor Tedeschi. Da questa intuizione, nasce l’Unitalsi, Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali.
2. La missione e il carisma dell’Associazione di volontariato
L’Unitalsi non è un’associazione come tante, ma ha una sua profezia, una sua missione ed un carisma di carità. Il 14 dicembre del 1980 la presidenza della CEI, per mandato del Consiglio Permanente, ha riconosciuto l’Unitalsi come opera ecclesiale avente finalità di culto, con la debita approvazione dello Statuto e la nomina dell’Assistente Nazionale.
Il peso morale di questo riconoscimento, chiede all’Unitalsi di far convergere con il carisma del pellegrinaggio ed il ministero del servizio, nelle scelte della Chiesa e delle diocesi interessate, il proprio contributo di idee e di forze alla pastorale della sofferenza, adoperandosi per realizzare sempre di più un accompagnamento spirituale e consapevole dei malati.
Da sempre quindi gli operatori sanitari che si rendono disponibili nell’Unitalsi, si mettono al servizio dei malati e di quanti vivono condizioni di disabilità offrendo loro la possibilità di vivere un percorso di fede attraverso l’esperienza del pellegrinaggio a Lourdes ed ai santuari mariani.
3. Antropologia della fragilità umana – dignità, fil rouge del Convegno «Ai confini della Vita»
Da anni l’Unitalsi si occupa della formazione dei sanitari che, accompagnano i pellegrini malati, ed il convegno si è posto proprio questo obbiettivo: «di aiutare quanti sentono la motivazione profonda di essere custodi della vita, di riflettere sul significato dei confini che spesso vengono visti come barriere ma che possono diventare canali di comunicazione che veicolano verso nuovi incontri e relazioni».
È questo il filo rosso che ha legato le varie relazioni, scoprire la bellezza della vita dal suo sorgere, la dignità dell’embrione dalle sue prime fasi fino al raggiungimento della sua autonomia.
Dall’Antropologia della fragilità, padre Carmine Arice ha offerto uno sguardo diverso sulla persona che va oltre. Tutte le volte che il desiderio sovrasta la dignità della persona, è la parte più fragile e debole della vita ad essere in pericolo, sia nel caso di una gravidanza interrotta, sia nell’arrogarsi il diritto di non lasciar vivere fino alla fine l’anziano o il malato terminale.
Nel corso della vita la fragilità, la debolezza, le limitazioni non possono mai invalidare l’altissima ed intrinseca dignità di ogni essere umano. La dignità dell’uomo diventa la fonte ed il motore attraverso i quali ogni esistenza, anche quando è segnata dal dolore e dalla sofferenza, può trovare la sua piena realizzazione.
Essere ministri della vita significa accogliere l’altro e la sua fragilità. Significa riconoscere nell’altro una persona unica, degna. Significa adoperarsi perché la sofferenza non diventi un motivo di solitudine e disperazione, ma un ponte attraverso il quale si possa nuovamente abbracciare la speranza.
4. Il volontariato unitalsiano. Il ruolo degli operatori sanitari
Come medico psichiatra continuo a vivere la testimonianza di una vocazione che è nata proprio nel luogo di grazia di Lourdes, come ci ricorda monsignor Galantino nel suo libro: Vivere le Parole, la parola grazia ci riporta ai vissuti di luoghi e di relazioni belle e costruttive dove vanno ricondotti sentimenti e atteggiamenti di benevolenza e gratitudine.
Perché volontari lo sappiamo tutti, ma perché volontari cristiani? Perché ognuno di noi, dopo aver incontrato Cristo nella sua vita, non può non cogliere il bisogno, il limite e la sofferenza. Il volontario unitalsiano, nello specifico, se incontra la sofferenza ed il bisogno, li solleva, al centro del suo agire ci sono le persone considerate nella loro dignità umana, al di là della disabilità. Il volontario unitalsiano si fa occhi per chi non vede, orecchio per chi non sente e gambe per chi non cammina.
Perché poi noi, operatori sanitari, accompagniamo i malati, nonostante il nostro quotidiano lavoro nei luoghi di cura? Per aiutare le persone a ritrovare la propria dignità alla sequela di Gesù medico. La comprensione, la disponibilità ed il dialogo vanno oltre le competenze e coscienza professionale. Sant’Agostino diceva: «Insegnami la scienza illuminandomi la mente, perché se la scienza non ha una mente aperta non serve a nulla, è pura erudizione». Essere volontari unitalsiani, con il carisma sanitario, vuol dire essere testimoni di speranza, sui passi di Bernadette. Ministri della vita nella missione di salvezza.
5. Conclusioni
Questo convegno ha realizzato un sogno, quello dei piccoli passi del Piccolo Principe, di cogliere l’essenziale, spesso invisibile agli occhi di chi non vede altro che la propria autoreferenzialità, di chi non sente altro che la ferita del proprio narcisismo ferito, e di chi non si muove per non perdere ciò che ha già realizzato.
I sogni possono realizzarsi se insieme con coraggio, determinazione, e fede ci poniamo semplicemente, con umiltà, al servizio della vita.
Concludo con una poesia intitolata Ode alla vita del 10 settembre 2019 di Loris Mauro ispirata alla sua vita, alla felicità riavuta potendo riprendere nuovamente una vita ricca di relazioni stimolanti e interessanti dopo un lungo calvario di sofferenza, irto di difficoltà e un lungo percorso riabilitativo a seguito di un incidente occorsogli nel 2013 causandogli una grave emorragia cerebrale portandolo a non ricordare più nulla del passato, né svolgere le attività più consuete. Attingendo alla sua testimonianza dal suo blog, (www.lorismauro.it) scrive:
Per questo voglio raccontare la mia storia, che dimostra come la speranza può vivere in noi sempre, ed anche quando tutto sembra perduto bisogna continuare a lottare, perchè è sempre possibile riuscire a tornare a vivere ed essere felici.
Ode alla Vita
Accanto a Te mi sono stupito, ho sorriso, sono stato felice e, nei momenti più cupi, mi hai dato la forza di affrontare una realtà dolorosa che insieme abbiamo superato.
Come quando, in una giornata di primavera di alcuni anni fa, Ti ho quasi perduta per sempre, ma Ti ho ritrovata.
E con Te, è tornata ad ardere la fiamma che illumina il nostro cammino. Abbiamo ripreso ad ammirare la bellezza del Creato, a sentire il canto d’amore che giunge da tutte le creature che popolano il mondo.
Ci siamo confrontati verso l’ignoto, abbiamo vissuto emozioni profonde e ci siamo stupiti, come dei bambini dinnanzi alle scoperte, che giorno, dopo giorno, abbiamo compiuto insieme. Guidati dall’Amore e dalla Speranza. Grazie per tutto quanto mi hai donato.
Sei stata la luce che illumina il mio cuore e la mia mente.
Amore, anima e mente, un intreccio che risale alla notte dei tempi e che occorre comprendere.
Sei stata e sei un raggio di luce, una stella cometa che mi ha indicato la strada da seguire, che abbiamo percorso insieme.
Ho avuto il privilegio di incontrarTi, perderTi e ritrovarTi. E ora non ci lasceremo mai più, perché le nostre anime sono legate per sempre. Grazie vita mia.
Loris Mauro
10 settembre 2019
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