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91 Settembre 2022
Mini Dossier Salute e Ambiente Quale futuro per l''uomo?

L’impatto umano sul pianeta nel corso della storia

Introduzione a cura di E. Larghero

La questione ecologica, legata indissolubilmente alle fonti energetiche, ha subìto una imprevedibile accelerazione. La guerra che dal 24 febbraio imperversa in Europa e nel mondo ha nuovamente riproposto le problematiche che riguardano il Pianeta. Il carbone, il gas, le centrali atomiche ripropongono in modo drammatico non solo la sostenibilità, ma addirittura il futuro del mondo.

La giungla della storia è tornata — ha affermato lo storico e politologo americano Robert Kagan — e le sue liane vogliono avvolgere il giardino di pace in cui eravamo convinti di abitare. La fine delle ostilità ed il ritorno alla pace rappresentano l’anelito di tutti, ma, parallelamente a questa priorità umanitaria, si avverte l’urgenza di implementare le risorse rinnovabili, passaggio obbligato della cosiddetta transizione ecologica.

Tale scenario è da tempo anche presente nel pensiero di Papa Francesco quando sottolinea: «Vi è un chiaro legame tra la protezione della natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo. Non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa».


Fonti energetiche alternative, una necessità

Oggi l’attenzione e le apprensioni dell’opinione pubblica sono tutte concentrate sulla guerra tra Russia e Ucraina e sulle tensioni internazionali conseguenti. Si temono ripercussioni che possono ricadere sui cittadini, si prova orrore per il sangue versato, e si paventano perfino allargamenti del conflitto. Tutte preoccupazioni più che giustificate. Addirittura, a causa dell’incertezza degli approvvigionamenti dei combustibili, si pensa di utilizzare nuovamente fonti energetiche ormai messe da parte perché troppo inquinanti. L’emergenza, ritenuta illusoriamente temporanea e di breve durata, ci induce a dimenticarci dell’ambiente. Sappiamo però che questo non ci è concesso.

Ormai tutti, forse fuorché qualche capo di stato particolarmente in malafede, sanno che cambiamenti climatici così marcati, accompagnati da fenomeni metereologici così potenti sono un grande fenomeno planetario causato dall’uomo. L’insieme dell’inquinamento chimico, gli avanzi e i rifiuti delle attività umane, compresi gli scarti e i residui delle produzioni industriali del pianeta sono in così grande quantità da lasciare tracce e sedimenti così vasti da alterare sensibilmente la biosfera, a partire dagli abissi delle profondità oceaniche fino alla troposfera.

L’idea di essere in presenza di fenomeni climatico-ambientali così rilevanti, indotti da un’unica specie animale tra quelle ospitate sulla Terra, fece dire al geologo, premio Nobel, Paul Crutzen, in una riunione internazionale di geologi nell’anno 2000, che si era di fronte ad una nuova era geologica, l’Antropocene. Tuttavia l’idea non era del tutto nuova, infatti già nel 1860 il geologo-naturalista lombardo Antonio Stoppani aveva introdotto il termine di epoca antropozoica per indicare l’influenza dominante delle attività umane sulla natura.

L’influenza umana sulla natura

Sebbene l’uomo, nella sua versione definitiva di Sapiens sapiens comparve intorno ai 250 – 300.000 anni fa, evolvendosi dai suoi più antichi e scimmieschi antenati, ancora per molte decine di migliaia di anni corse dietro alle sue prede seguendole lungo le rotte migratorie. Intorno ai diecimila anni fa gruppi umani incominciarono a fermarsi, costruendo strutture abitative stabili e raggruppandosi in gruppi sociali più numerosi.

Da allora l’uomo, pieno padrone dell’ambiente che lo circondava, incominciò a modificarlo a suo piacimento, dissodando i campi, deviando le acque per l’irrigazione, allevando animali, costruendo, disboscando… per dieci, dodicimila anni. Cosa rappresenta questo periodo per l’età del pianeta? Oggi per mezzo del calcolo del decadimento della radioattività, una sorta di orologio geologico di precisione, gli scienziati concordano nel ritenere che l’età del nostro pianeta sia di quattro miliardi e cinquecento quaranta milioni di anni.

Dei 10.000 anni di attività dell’Homo sapiens sulla superfice della terra, in realtà solo gli ultimi 150 anni hanno interagito fortemente con la biosfera tanto da dare origine a svariati fenomeni, tra cui quello del cambiamento climatico, che rappresenta uno degli eventi più manifesti ma certamente non l’unico dell’interazione umana con l’ambiente.

All’origine della Terra, durante l’Eone primitivo Adeano, fu la comparsa della vita a creare uno spesso strato di elementi gassosi che la circondarono creando l’atmosfera. Inizialmente batteri primitivi, gli Archea, popolavano le acque del globo, alimentati dall’energia chimica ricavata da sorgenti vulcaniche incandescenti nella profondità degli oceani e in un’ambiente privo di ossigeno.

A questo primo scenario, durato un miliardo di anni, se ne sostituì progressivamente un altro. Fecero la loro comparsa i cianobatteri, microbi provvisti di nucleo, che traevano energia dalla luce del sole per mezzo della fotosintesi e generavano come sottoprodotto del loro metabolismo ossigeno. Questo “grande evento ossidativo”, così definito dai paleontologi e dai geologi, creò l’atmosfera e consentì di costruire i primi mattoni dell’evoluzione della vita sulla terra fino a giungere progressivamente ai grandi primati, quindi agli ominidi e all’Homo Sapiens. Cosa altrettanto straordinaria, in questa grandiosa epopea della vita sulla terra, nelle acque dei mari e degli oceani, è che essa per almeno quattro o cinque volte, andò assai vicina alla scomparsa quasi totale.

In particolare ci deve interessare la “grande moria” avvenuta 250 milioni d’anni fa circa, nell’ultima fase del periodo Permiano, al passaggio dal Paleozoico al Mesozoico. Gli scienziati affermano che in quella serie di eventi sparirono dal 90 al 95% delle specie terrestri, scomparvero immense foreste primarie e quasi tutte le specie marine. Le cause di quel disastro ecologico, secondo ricerche recenti, furono principalmente due: l’enorme quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera dalla intensissima ripresa delle attività vulcaniche e l’altrettanto imponente rilascio di metano.

Esattamente le stesse minacce, questa volta prodotte dall’uomo, che gravano oggi sulla vita della Terra. Tuttavia il pianeta ci ha dimostrato nelle pagine del libro della sua storia, scritto negli strati delle sue rocce, che è in grado di far fronte a qualunque minaccia chimico-fisica provocando cambiamenti climatici così drammatici e di così vasta scala da spazzare via tutte le forme di vita.

Conclusione

Non è la Terra a rischiare, ad esempio l’eccesso di CO2 nell’atmosfera sarebbe neutralizzato in circa 100.000 anni. Poco più che un battito di ciglia nella scala temporale del pianeta. È l’essere umano che invece rischia grosso, è lui che deve pensare a non soccombere. Infatti la Terra gli sopravvivrà e riparerà i suoi errori ma dopo averlo eliminato. Pensando all’Umanità di fronte alle grandi scelte mi viene in mente l’immagine dell’omino che sega il ramo della grande pianta su cui è seduto.

È la metafora del danno che gli uomini fanno a loro stessi con il loro comportamento, ma anche l’immagine sintetica di cinici egoismi, giustificazioni economiche, incapacità di adattamento al cambiamento, e perfino povertà di valori etici, tutti in grado di condurre l’umanità alla sua distruzione.

Note

Ringraziamo il direttore Alberto Riccadonna per la pubblicazione tratto da La Voce e il tempo, domenica 8 maggio 2022, pp.27

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