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Legalizzazione cannabis. Risé: «Basta parlare per slogan. Le droghe fanno male e basta»

17 Luglio 2015

Claudio Risé, psicoterapeuta, lei ha scritto un libro intitolato «Cannabis»…
«Già e a oggi è rimasto l’unico testo che continua in Italia a dar conto di statistiche sul fenomeno».

Cosa vuol dire?
«Che quando si parla di cannabis, i sostenitori usano molti slogan. Come per esempio: per uno spinello non è mai morto nessuno».

E invece si muore per gli spinelli?
«Non direttamente. Ma non si muore nemmeno di overdose di sigarette».

Cosa intende dire?
«Non si muore per uno spinello, ma si muore arrivando sulla strada dove portano gli spinelli. Conosco tanta gente morta di droga che aveva cominciato con la cannabis» .

Benedetto Della Vedova, il sottosegretario che ha proposto legge sulla liberalizzazione, sostiene che con questa si può sottrarre la cannabis al mercato illegale. E che la cannabis fa meno male dell’alcol e del tabacco…
«Che senso ha fare questa graduatoria dei danni?».

Beh, perché l’alcol e il tabacco sono legali…
«Allora diciamo: non ci sono prove che sotto i 15 anni l’alcol genera psicosi, mentre ci sono molte prove che questo succeda quando si usa la cannabis. È dannosissima per un cervello in formazione».

E la questione economica? Legalizzando la cannabis si sottrae il denaro al mercato illegale. È innegabile che la cannabis si possa comprare ovunque nelle città…
«Io credo che con la legalizzazione si avvantaggerebbero i i grandi gruppi economici. Così è successo negli Stati Uniti: la legalizzazione della cannabis è stato uno dei fattori di sostegno alla borsa di New York. Così stanno pensando di fare da noi le multinazionali del tabacco: vogliono aggiungere cannabis ai loro prodotti».

Legalizzando la cannabis, rendendola alla stessa stregua dell’alcol e del tabacco, si potrebbero fare campagne per disincentivare l’uso…
«E perché non le facciamo già adesso? Anzi, meglio: perché non facciamo una bella campagna di informazione sulle conseguenze della cannabis? Fino ad ora si sono fatte soltanto campagne pro-cannabis».

Cosa vuole dire?
«La peggiore è stata quella di parlare di droghe leggere e di droghe pesanti. Questa differenza non c’è. Le droghe fanno male e basta. E se guardiamo gli effetti della cannabis sui minori di 15 anni ci mettiamo le mani nei capelli. Questi danni durano fino a quando il cervello non si è formato».

Ovvero fino a quale età?
«L’altra fascia a rischio è fino ai 18 anni. Diciamo che dopo i 21 danni non ce ne sono più e le persone sono libere di fare quello che vogliono» .

Alessandra Arachi

fonte: Corriere.it

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino