Le parole del Papa sul fine vita
18 Dicembre 2017da «La Voce e il Tempo» di domenica 17 dicembre, p.13, pubblichiamo, riguardo alla legge sul biotestamento, un intervento del teologo morale don Giuseppe Zeppegno.
Le parole del Papa sul fine vita
di don Giuseppe Zeppegno
Papa Francesco ha rivolto un messaggio ai partecipanti al meeting regionale europeo della World Medical Association sulle questioni di fine vita che si è svolto a Roma il 16-17 novembre scorso. Il messaggio, fortuitamente proposto nel tempo in cui il Senato sta discutendo la legge sulle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento), è stato salutato dai media come segno di una grande e inaspettata svolta del pensiero ecclesiale in materia. Il testo però ripropone gli insegnamenti che hanno accompagnato senza tentennamenti la plurisecolare riflessione morale cattolica in materia e sono stati confermati dal capitolo quarto della Dichiarazione sull’eutanasia redatta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1980.
Quest’ultimo documento, successivamente ripreso dall’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium Vitae, ha ribadito che non si può imporre a nessuno l’obbligo di ricorrere a terapie ritenute sproporzionate e gravose ed è lecito sospendere i trattamenti già messi in atto quando risultano inefficaci o portatori di troppi effetti collaterali negativi. Questa scelta non ha nulla a che fare con l’eutanasia che − come indica il Catechismo della Chiesa Cattolica al paragrafo 2277 − «consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte».
L’attuale disegno di legge, approvato dalla Camera dei deputati ed ora in discussione al Senato, ha il pregio di bandire ogni forma di accanimento e di sottolineare l’importanza delle cure palliative.
Suscita qualche perplessità la scelta, in linea peraltro con le indicazioni dell’Oms e di altri organismi internazionali, di definire trattamenti sanitari la nutrizione e l’idratazione artificiale. Si auspica pertanto che sia precisato che tale eventuale scelta non possa essere motivata da una arbitraria volontà di darsi la morte, ma dalla consapevolezza che tali somministrazioni non sono più in grado di raggiungere la loro finalità propria, come suggerisce un documento pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina per la Fede nel 2007.
Un altro aspetto controverso è dato dal sesto paragrafo dove sembra che il medico sia indicato come un mero esecutore delle volontà del paziente. Tale evenienza creerebbe non pochi dilemmi di coscienza nei sanitari e potrebbe favorire indebiti abbandoni, vere e proprie forme di eutanasia omissiva. Altri paragrafi però sembrano mitigare questa prospettiva valorizzando con il consenso informato la relazione di cura tra paziente e medico e vietando l’applicazione di trattamenti sanitari contrari alla deontologia professionale e alla buona pratica clinica.
Per evitare ogni fraintendimento, è auspicabile che l’eventuale legge che sarà emanata chiarisca nel miglior modo possibile questi aspetti per favorire il percorso di cura delle persone incoscienti nel rispetto della loro dignità, senza accanimenti e senza abbandoni.