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101 Gennaio-Febbraio 2024
Bioetica News Torino

Le nuove frontiere della genetica Via libera in UK al trattamento CRISPR

Il sogno di poter codificare e scoprire i segreti più profondi dell’essere umano sembrava giunto al suo compimento quando nel 2000 si è concluso l’ambizioso “Progetto genoma”, cioè lo studio internazionale nato con l’obiettivo di conoscere la sequenza genica della nostra specie. Come sempre, quando si giunge ad un risultato così importante, si aprono nuovi scenari, talora contraddittori, ma accomunati da un’inevitabile ricaduta bioetica. Da una parte infatti la speranza di poter identificare tutte le malattie genetiche (e quindi intervenire sul DNA a scopo terapeutico), dall’altra il rischio di una potenziale ed inquietante deriva eugenetica. Ci poniamo nuovamente di fronte ad uno dei costanti dilemmi della contemporaneità e cioè della tecnica che diventa il fine e l’uomo il mezzo…

Enrico Larghero

Nel 2001 quando F. Collins parlò del DNA sequenziato lo definì come il grande libro della storia dell’uomo; il gene editing può essere visto come un correttore ortografico di questo libro, uno strumento potente in grado non solo di comprendere la funzione di un singolo gene e come questo possa innescare una patologia, ma anche di poterlo modificare qualora risultasse “difettoso”.

Vent’anni dopo l’Accademia delle Scienze svedese assegna il premio Nobel per la chimica alla francese Emmanuelle Charpentier e all’americana Jennifer Doudna per lo: «sviluppo di un metodo per la scrittura del genoma, che contribuisce allo sviluppo di nuove terapie contro il cancro e può realizzare il sogno di curare malattie ereditarie», il Crispr-Cas9, (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), le “forbici genetiche” che permette di modificare il DNA.

Il sogno di curare malattie ereditarie auspicato dagli accademici di Stoccolma potrebbe essersi realizzato  quando recentemente  la Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), l’autorità di regolamentazione del farmaco e dei prodotti sanitari della Gran Bretagna ha dato il via libera all’utilizzo del «metodo CRISPR-Cas9 per pazienti di età pari o superiore a 12 anni dopo una rigorosa valutazione della sua sicurezza, qualità ed efficacia».

Il trattamento, che prende il nome di CASGEVY, verrà utilizzato nella cura dell’anemia falciforme e della beta talassemia. Si tratta a tutti gli effetti di una terapia rivoluzionaria, la prima al mondo basata sull’editing genetico.

«Oggi è un giorno storico per la scienza e la medicina: questa autorizzazione di CASGEVY in Gran Bretagna è la prima autorizzazione di una terapia basata su CRISPR nel mondo», ha affermato Reshma Kewalramani, Amministratore delegato e Presidente della Vertex Pharmaceuticals, azienda specializzata in biotecnologie.

Dello stesso tenore la dichiarazione resa da Samarth Kulkarni, Presidente e Amministratore delegato di CRISPR Therapeutics, azienda leader nell’editing genetico che utilizza la tecnologia CRISPR-Cas9: «Spero che rappresenti la prima di molte applicazioni di questa tecnologia, vincitrice del Premio Nobel, a beneficio dei pazienti idonei affetti da malattie gravi».

L’anemia falciforme è una malattia ereditaria del sangue che colpisce i globuli rossi, essenziali per trasportare l’ossigeno a tutti gli organi e tessuti del corpo; provoca dolore intenso, danni agli organi e una durata di vita ridotta (statisticamente l’aspettativa di vita non supera i 40 anni) a causa delle cellule del sangue che subiscono una “deformazione”. L’anemia falciforme è particolarmente comune nelle persone con origini familiari africane o caraibiche. Coloro che soffrono di questa malattia vengono curati con terapie che non sono in grado di risolvere il problema e sono volte soprattutto ad alleviare il dolore.

Anche la beta talassemia è una malattia ereditaria del sangue che colpisce i globuli rossi ed è causa di anemia. Colpisce principalmente le persone di origine mediterranea, dell’Asia meridionale, del Sud-Est asiatico e del Medio Oriente. Provoca affaticamento, difficoltà di respirazione, ritardo nella crescita e nello sviluppo puberale. In certi casi particolarmente gravi i pazienti devono sottoporsi a frequenti trasfusioni di sangue. L’aspettativa di vita non supera in genere i 55 anni.

Due patologie causate da errori presenti nei geni dell’emoglobina per le quali non esiste una terapia curativa efficace; in questi ultimi anni si è cercato di intervenire con il trapianto di cellule staminali provenienti da donatori compatibili. Questa opzione risulta però attuabile e disponibile per una minima percentuale di malati.

Nel comunicato stampa pubblicato la MHRA specifica che «CASGEVY viene somministrato prelevando cellule staminali dal midollo osseo del paziente e modificando un gene nelle cellule in laboratorio. I pazienti devono quindi sottoporsi a un trattamento di condizionamento per preparare il midollo osseo prima che le cellule modificate vengano reinfuse nel paziente. Successivamente, i pazienti potrebbero dover trascorrere almeno un mese in una struttura ospedaliera mentre le cellule trattate si stabiliscono nel midollo osseo e iniziano a produrre globuli rossi con la forma stabile dell’emoglobina». Secondo quanto riportato nella dichiarazione l’intervento dovrebbe risolvere il problema e soprattutto durare tutta la vita.

I risultati sembrano essere soddisfacenti e gli effetti collaterali non particolarmente fastidiosi; rimane il dubbio sul futuro: quali potranno essere sulla persona gli effetti di tale tecnica a lungo termine? Il DNA modificato verrà trasmesso alle generazioni successive? Domande importanti che hanno bisogno di risposte anche da un punto di vista bioetico. Sono inoltre indispensabili dei follow-up a lungo termine per comprendere possibili conseguenze sulla salute della persona e come intervenire; è altresì importante vigilare affinché questa tecnica sia applicata solamente per fini terapeutici e non per scopi eugenetici.

Un’ultima considerazione. Nei documenti pubblicati non si parla di costi, ma come ipotizzato da più parti, si è propensi nel ritenerli molto elevati. Quanti pazienti potranno beneficiarne sapendo che molte malattie genetiche, come l’anemia falciforme, colpiscono popolazioni che vivono in paesi poveri, a basso reddito, in cui le strutture sanitarie risultano inadeguate, scarse o assenti?

Auguriamoci che tali terapie siano efficaci e forniscano i risultati sperati, ma nello stesso tempo possano essere rese disponibili anche nelle aree povere e più colpite da queste malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario.

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