Sostieni Bioetica News Torino con una donazione. Sostieni

News dall'Italia

L’aviaria miete volatili selvatici e domestici. Prevenzione nelle attività a contatto con i volatili Per la prima volta l'epidemia da virus altamente patogeno ha colpito duramente anche i volatili selvatici

03 Ottobre 2022

Il Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie infettive (Edcd) tiene subito a precisare in una nota odierna che «il rischio, nella sua interezza, per la popolazione rimane basso, ma lievemente più alto nelle persone esposte direttamente alle infezioni dei volatili per motivi professionali». Questo perché, spiega, «nonostante il numero eccezionale di casi infetti nel pollame e nei volatili individuati di recente, come pure le numerose trasmissioni di influenza aviaria in diverse specie di mammiferi, nessuna trasmissione umana è stata osservata nell’Unione Europea /See negli ultimi anni. Poi, solo un piccolo numero di infezioni umane asintomatiche e con malattia lieve sono stati riportati a livello mondiale».

Dai dati rilevati dallo studio europeo pubblicato oggi sulla situazione dell’influenza aviaria nei mesi giugno ‐ settembre dall’agenzia europea e dall’Efsa (European Food Safety Authority) è emersa una pandemia, che è ancora in corso, di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) in volatili selvatici e domestici, di dimensione così grande che finora non si era mai avuta sia per numero di infettati, mortalità e sia per nuove aree geografiche arrivando a diverse colonie di riproduzione di specie marine sulle coste atlantica settentrionale e del Mare del Nord causando una massiccia mortalità (HPAI tipo A H5N1), in particolare in Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.

La direttrice Andrea Ammon dell’Ecdc invita alla precauzione gli operatori esposti per lavoro al contatto con gli animali: «è importante che clinici, esperti di laboratorio e della salute, sia animale che umana, collaborino e mantengano un approccio coordinato. C’è necessità di una vigilanza per identificare al più presto le infezioni dal virus influenzale e informarne i rischi e le misure di sanità pubblica».
Anche perché riguardo al rischio, seppure sottolineato come basso per la popolazione e basso – medio per gli operatori professionali a contatto con gli animali, vi è, come il richiamo alla vigilanza da parte dell’Ecdc, comunque una variabile sconosciuta, «un elevato grado di incertezza dovuta all’estrema diversità dei virus dell’influenza aviaria che circolano nelle popolazioni di volatili».

Da un lato gli imprenditori dovrebbero periodicamente rivedere la dichiarazione di rischio effettivo sul posto di lavoro e assicurarsi di tutte le misure necessarie tecniche, organizzative, di manutenzione e igieniche per prevenire l’infezione ai lavoratori .da animali infetti vivi o morti. L’Ecdc e l’Efsa raccomandano in tali casi il divieto dell’uso di aerosol e polvere, una appropriata ventilazione, separazione tra abiti da lavoro e personali, misure di prevenzione da contaminazione nei locali di lavoro. Rappresentano situazioni a rischio le diverse fasi di lavorazione del pollame dalla macellazione alla spiumatura alla manipolazione delle carcasse.

Dall’altro ai professionisti sanitari e clinici suggeriscono di effettuare test per la ricerca di infezioni nei pazienti con patologia respiratoria e recente esposizione ad animali potenzialmente infettati, test per l’individuazione dell’influenza zoonotica anche in pazienti affetti da malattia respiratoria acuta severa di origine sconosciuta nonché in pazienti affetti in modo severo a precedente esposizione animale. «Di massima importanza è l’identificazione precoce dei casi infetti», afferma l’agenzia europea di prevenzione indicando la necessità di attivare piani di prevenzione, formazione e di esercitazioni simulate riguardo all’influenza zoonotica.

Quali Paesi sono coinvolti dal virus dell’aviaria ad alta patogenicità?

Nella loro analisi l’Ecdc e l’Efsa riportano nel periodo dal 11 giugno al 9 settembre 2022 788 casi in Europa di questo virus ad alta patogenicità nel pollame e nei volatili selvatici e allevati in cattività:

  • 56 infezioni nel pollame in Germania (15), Olanda (14), Regno Unito (10), Francia (6), Polonia (4), Spagna (3), Moldavia e Portogallo (2 ciascuno)
  • 710 virus rilevati nei volativi selvatici in Germania (199), Francia (142), Olanda (115), Regno Unito (69), Norvegia (48), Belgio (32), Svezia (28), Danimarca (26), Irlanda (15), Spagna (11), Finlandia (9), Lituania (6), Islanda (5), Portogallo (3) e Polonia (2)
  • 22 infezioni in volatili in cattività in Olanda (7), Francia (6), Regno Unito (4), Belgio (2), Portogallo (2), Spagna 1.

L’epidemia attuale 2021-2022 è la più estesa in paragone agli anni epidemici precedenti 2016-2017 e 2020-2021, arrivando a nord in Islanda e nelle isole norvegesi Svalbard e Jan Mayen e a sud in Portogallo e Spagna dove non si aveva prima alcuna traccia o solo lieve.

Quali sono i rischi di questa diffusione “epidemica” così massiccia?

Innanzitutto si è difronte ad una diffusione virale estesa per area geografica, come si è potuto osservare, già iniziata nel 2021 oltrepassando i confini dell’Oceano Atlantico arrivando in Nord America con il virus altamente patogenico HPAI di tipo A che desta preoccupazione per la sua potenziale trasmissibilità zoonotica dall’animale all’uomo, e per quantità di casi rispetto allo scorso anno.

L’influenza aviaria colpisce ogni anno gli uccelli selvatici, la maggior parte rimangono contagiati ma non si ammalano; tuttavia possono trasmettere il virus attraverso feci e per contatto agli altri animali domestici come galline, anitre.

Nel pollame la trasmissione dell’influenza aviaria può essere dovuto a virus ad alta patogenicità (HPAI) sostenuta da ceppi altamente patogeni che possono portare alla mortalità, oppure a virus a bassa patogenicità (LPAI). La prima forma è quella che preoccupa la sanità pubblica in tema di vigilanza, monitoraggio e prevenzione perché ha la capacità, seppure potenziale, di causare forme gravi di malattia nelle persone, di mutare e sviluppare la trasmissibilità interumana. Anche il Ministero della Salute italiano conferma che finora non si sono avuti casi di trasmissione estesa tra le persone.

Da giugno a settembre il numero di focolai nei volatili domestici risulta diminuito rispetto ai mesi precedenti, fa notare l’Efsa, ma il cui numero è tuttavia «più che quantuplicato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». Inoltre i focolai nel pollame e negli uccelli selvatici in Cina e in Russia sono stati individuati in regioni collegate alle aree migratorie. Nel rapporto di giugno-settembre 2022 Ecdc-Efsa vengono citati cinque nuovi casi di infezione umana da virus dell’aviaria provenienti dalla Cina, due di tipo A (H5N6), 2 A (H9N2) ed uno A (H10N3).

Per la prima volta si sono registrati tra giugno e agosto 2022 casi così massicci di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) tra i volatili selvatici; nello stesso periodo o non ve ne erano o si trattava per lo più di pochi casi rilevati. In questo periodo almeno 63 specie selvagge sono state coinvolte: circa 11 specie d’acqua (109 individuati), 11 rapaci (38 individuati), 15 di altre specie (101 individuati) e almeno 28 specie di volatili in colonie di riproduzione (541 rilevati). Nel recente rapporto vi sono riportate 710 specie selvatiche su 525 dello scorso anno, dovuto ad un aumento nelle colonie di riproduzione (493 rispetto a 150 dello scorso anno) e ad altre specie selvatiche – 90 rispetto a 66 nel 2021. Il numero degli uccelli acquatici selvatici è invece diminuito a 99 rispetto a 224 del 2021; una situazione simile riguarda i rapaci che arrivano a 28 infettati dagli 85 infettati nel 2021.

L’epidemia da aviaria è ancora in corso, come si comprende dal Rapporto di giugno e settembre, e si attende un ulteriore incremento. «Con l’inizio della migrazione autunnale e l’aumento del numero di volativi selvatici che svernano in Europa», spiega Guilhelm de Seze, responsabile del dipartimento Efsa «è probabile che un maggior numero di essi risulti a rischio di infezione da HPAI a causa della persistenza del virus in Europa». La lunga durata dell’influenza aviaria e il rischio ad essa associato di nuovi infezioni tra volatili selvatici rappresenta «una sfida alla sostenibilità di misure di biosicurezza rinforzate attuate nella catena del pollame in territori ad alto rischio o nei settori produttivi con un impatto economico e sociale negativo».

Nella stagione epidemica dell’aviaria ad alta patogenicità HPAI 2021 -2022 si sono avute, scrive il Rapporto giugno – settembre 2022, infezioni confermate ad alta patogenicità 2.467 nel pollame con conseguenti 47 milioni 700 mila volatili abbattuti da ottobre 2021 negli stabilimenti interessati dal virus, 187 nei volatili in cattività e 3.573 nei selvatici. Poi osserva come il numero delle infezioni nei volativi selvatici sia certamente più elevato e con più mortalità per quanto concerne la popolazione di volatili selvatici. Per il pollame l’infezione ha colpito severamente soprattutto la Francia con 1.383 infezioni, l’Italia con 317 e l’Ungheria con 290.

Si sono registrate finora poche mutazioni associate all’adattamento nei mammiferi. Il rischio c’è che i virus influenzali possano adattarsi ai mammiferi e all’uomo. L’infezione di tipo A (H5) del ceppo 2.3.4.4b con sette genotipi tre dei quali identificati per la prima volta nella stagione estiva nei mammiferi nel Regno Unito e negli Usa, nonché un crescente numero di infezione da A (H5) nei mammiferi selvatici in diversi Paesi europei ne richiamano il possibile rischio di adattamento a replicarsi nei mammiferi.

Il virus HPAI di tipo A (H5) del ceppo 2.3.4.4b

I virus circolanti attualmente in Europa sono di tipo A, potenzialmente trasmissibili da animale all’uomo ed ad elevata trasmissibilità umana tale da causare una pandemia influenzale, sono associati al ceppo 2.3.4.4b, apparso durante l’emergenza in Olanda nell’ottobre 2020 si è poi diffuso in diversi paesi dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e dell’America. In Asia sono diffusi nel pollame prevalentemente i virus del ceppo 2.3..4.a e d-h.

Nella stagione epidemica da ottobre 2021 a settembre 2022 in Europa i virus circolano appartenenti al ceppo 2.3.4.4b, tutti di tipo A (H5N1) e A (H5N5). Il virus A (H5N1) ha infettato i mammiferi, due volpi rosse (Vulpes vulpes) in Belgio e in Norvegia e un cetaceo (Phocoena phocoena) simile ai delfini, in Svezia. Al di fuori dell’Europa altri casi di mammiferi sono stati riportati in Nord America nelle foche (phoca vitulina e Halichoerus grypus) come le specie più infette, in un delfino Tursiops truncatus, in un orso nero americano Ursus americanus in Canada. Comunque ad oggi le mutazioni rilevate da ottobre 2020 associate ad adattamenti nei mammiferi sono poche.

Esposizioni umane al virus del ceppo 2.3.4.b nei volatili in Europa

Nel Rapporto di giugno – settembre 2022 si riportano esposizioni da volatili infetti, ad esempio durante le attività professionali (di abbattimento), 251 casi da Moldovia, Polonia, Portogallo e Spagna. Risale ad aprile 2022 un’infezione negli Usa legata sempre alle attività di abbattimento. Negli anni precedenti, un caso negli Usa in dicembre 2021, sette in Russia nel 2020 e tre in Nigeria. Nella revisione dei dati per il rischio di infezione umana il Centro europeo per la prevenzione nel dicembre 2021 ha mantenuto basso il livello di rischio per la popolazione in generale e alzata l’asticella da basso a basso-medio, ritenendola tuttora valida, per le professioni a contatto con i volatili dovuto all’aumento di infezioni trasmesse a mammiferi incluso casi sporadici nell’uomo senza o con lievi sintomi.

Dal 2003 al 30 agosto 2022 l’ultimo rapporto di giugno – settembre Efsa-Ecdc riporta 865 casi confermati da analisi di laboratorio di infezione umana da influenza aviaria di tipo A (H5N1) compreso 456 decessi, in 20 paesi al di fuori della UE/EEA mentre nessuna infezione in UE/EEA.

redazione Bioetica News Torino