Si è vissuto quest’anno, nella Diocesi di Torino, la XXIV Giornata mondiale del Malato in modo particolare e gioioso, perché alla riflessione con illustri relatori sul tema scelto da Papa Francesco «Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv, 2,5)», connesso al motto dell’Anno Santo giubilare Misericordiae Vultus, vi è stata occasione per i convenuti di esprimere ringraziamenti e congratulazioni a don Marco Brunetti, il direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute, per la sua elezione a Vescovo di Alba e la cui ordinazione episcopale ed ingresso si sono svolti con festeggiamenti successivi al Convegno nella domenica del 13 marzo scorso.
Sabato 6 febbraio, presso la folta e ampia sala del Centro Congressi «Santo Volto» della città subalpina l’arcivescovo monsignor Cesare Nosiglia ha infatti aperto il convegno dal titolo «Affidarsi a Gesù Misericordioso» con queste parole:
«Una Giornata mondiale del malato che viene in un momento particolarmente felice della nostra vita diocesana. Il Santo Padre ha nominato vescovo di Alba don Marco Brunetti che per vent’anni ha guidato l’Ufficio per la Pastorale della Salute in Diocesi, facendosi apprezzare e stimare da tutti per la sua competenza nell’affrontare tante situazioni spesso complesse, di cui soffre ancor oggi la sanità, ma anche per l’impegno di promuovere un’azione di proficua accoglienza e vicinanza nelle nostre comunità a tanti operatori, ministri della consolazione, gruppi associativi nel sostenere le persone malate e le loro famiglie».
Una Pastorale della Salute che nel tempo si è rafforzata nella sua opera evangelizzatrice e di valorizzazione e promozione della dignità umana, dei malati e della presa in carico delle loro sofferenze e difficoltà. Nosiglia ha voluto infine ricordare l’iniziativa realizzata da don Brunetti in collaborazione con il Cottolengo e altri ospedali, l’Accueil dei malati durante l’Ostensione sindonica, che ha ricevuto dai gruppi partecipanti, provenienti da ogni parte d’Italia, numerosi apprezzamenti, soprattutto per le modalità di svolgimento.
Fate quello che Egli vi dirà
Sul tema della Giornata celebrativa incentrato sull’episodio biblico delle nozze di Cana nel quale Gesù compie il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino per intercessione di Maria, Madre di Cristo, amorevole e vigile, e per la collaborazione dei servitori nel riempire le anfore d’acqua ai quali Maria dice: «Fate quello che lui, il Figlio mio, vi dirà», monsignor Nosiglia fa notare il tratto misericordioso di Maria verso i suoi figli e di Gesù di fronte ad ogni persona in difficoltà, che ha bisogno di aiuto, di misericordia, di comprensione e di tenerezza ( Fate quello che Egli vi dirà_messaggio Arcivescovo Nosiglia GMM 2016, in occasione della Giornata Mondiale del Malato, Torino, Torino 11 febbraio 2016)
«Questo ci fa capire che nell’incontro con le persone malate e sofferenti dobbiamo metterci alla scuola di Gesù e di Maria per imparare a renderci attenti e solerti verso gli infermi e le loro famiglie che soffrono a causa di prove anche difficili che li affliggono, intessere quella grande profondità di relazioni sincere e vere verso Dio e verso gli altri e quel “Fate quello che lui vi dirà” è la condizione di fede necessaria per ottenere quelle grazie di serenità a chi è malato, portatrici di unità e amore nelle nostre case e nelle nostre comunità».
Dinanzi ad ogni malato, come ad ogni operatore sanitario e volontario, c’è dunque la testimonianza molto forte di Gesù, i suoi atteggiamenti di profonda umanità e spiritualità. In tanti episodi evangelici – spiega Nosiglia – Gesù tocca il corpo dei malati, non si limita a dire parole di consolazione e di speranza, si accosta e solleva le persone prendendole per mano, compiendo gesti concreti di condivisione, anche fisica, di abbraccio paterno e tenerezza vissuto nell’incontro. Così sono chiamati − esorta l’Arcivescovo − a fare anche il medico e l’infermiere e fa parte della spiritualità della sofferenza di ogni persona cristiana, operatore sanitario, volontario, ministro della consolazione a farsi “servo” con le persone anziane, malate o bisognose diventando la mano, il cuore, le braccia di Gesù».
È quanto auspica Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata: «ogni ospedale, ogni casa di cura può essere segno visibile e luogo per promuovere la cultura dell’incontro e della pace, dove l’esperienza della malattia e della sofferenza, come pure l’aiuto professionale e fraterno, contribuiscano a superare ogni limite e ogni divisione». Il dono dell’amore di sé per l’altro − precisa l’Arcivescovo Nosiglia − anche quando la vita dell’altro, l’ammalato, si trova in una condizione estrema e votata alla morte, «resta un dono da accogliere e un richiamo potente per tutti ad amare, rispettare, sostenere sino al suo termine naturale».
Conclude infine esprimendo una particolare vicinanza a quanti si trovano nella disabilità e alle loro famiglie facendo un appello alle istituzioni di non tagliare i fondi per garantire i servizi necessari alle famiglie dei portatori di disabilità fisiche e psichiche e dei malati con patologie degenerative o terminali e alle realtà sociali che si occupano di loro. A livello diocesano di recente è stato attivato un servizio specifico che offre loro prossimità, il Tavolo diocesano per la Pastorale della disabilità, che sta raggiungendo una sensibilità sempre più ampia nelle parrocchie. Al riguardo, l’Arcivescovo Nosiglia evidenzia infatti che «le famiglie soffrono spesso di scarsa attenzione per i loro problemi e si trovano a combattere contro una burocrazia lenta e farraginosa oltre che una mentalità culturale e sociale che vede nelle loro necessità un aggravio invece che un investimento in valori fondamentali per l’intera società».
La medicina della Misericordia attraverso l’Arte
Moderata da don Marco Brunetti, la prima sessione è proseguita con la relazione del presidente dell’Associazione italiana di Pastorale sanitaria (AiPas) Giovanni Cervellera, teologo e collaboratore per molti anni del Fatebenefratelli. Il suo interesse per l’arte lo ha portato a narrare con novizia di particolari raffigurazioni del volto della misericordia inscritto nei gesti dell’amore divino, della consolazione, del perdono, della speranza e del farsi prossimo attraverso opere di artisti famosi che un tempo solevano impreziosire gli ospedali, elevando lo spirito e dando dignità all’osservatore, e di alcune più significative e celebri diffuse nelle chiese, sul tema «La medicina della Misericordia attraverso l’Arte».
Un discorso che parte dall’Ecce Homo di Brunelleschi nella cupola cinquecentesca affrescata da Vasari e Zuccari. La Misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato, afferma Papa Francesco nella Bolla di Indizione del Giubileo straordinario della misericordia. E nei giorni del V Convegno ecclesiale di Firenze – riporta Cervellera – lo stesso Papa Francesco ne dà testimonianza
«mentre contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. Un angelo gli porta la spada, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, perché Lui “ha dato sé stesso in riscatto per tutti”».
L’arma dell’amore caritatevole e non della spada, spiega Cervellera, è raffigurato in opere di artisti famosi che abbelliscono le pareti di grandi ospedali. Con l’avvento delle istituzioni e degli ordini mendicanti, la cura dei malati assume forme complesse e organizzate: si costruiscono i grandi ospedali. L’architettura si mette a servizio della medicina.
Tesori artistici di Giovanni della Robbia, Michelozzo, Giambologna e Andrea del Castagno impreziosiscono l’Ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova. Ne custodiscono opere di valore inestestimabile la Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano oggi sede universitaria e lo Spedale degli Innocenti a Firenze. A Siena invece, nell’ospedale medievale di Santa Maria della Scala, costruito per la cura dei malati e l’ospitalità ai pellegrini bisognosi di cure e adibito a struttura ospedaliera fino al 1995 e ora centro museale, tra i molti spazi monumentali, custodisce la Sala del Pellegrinaio, «quasi una «Sistina» della sanità, luogo in cui la carità si è fatta bellezza e diviene ambiente sanante per l’osservatore». Nella cornice di un ciclo di affreschi di scene di vita quotidiana, in particolar modo spicca Il Governo degli Infermi di Domenico di Bartolo. «Documenta l’assistenza sanitaria di quel tempo e la minuziosa descrizione dei particolari parla di un centro con elevata professionalità. Sembra proprio di essere in una corsia di ospedale. Un ferito alla coscia viene lavato da un frate, mentre un altro alle spalle lo avvolge con una coperta, c’è il chirurgo con le pinze fra le mani. A sinistra, un’altra scena dove un infermiere stende o solleva un malato smagrito, alle spalle il medico fisiatra e l’assistente osservano il colore delle urine contenute nella matula». Cervellera fa notare poi una scena nella quale «dietro ad un elegante bacile a tre piedi, un frate sta confessando, probabilmente un moribondo e sull’altro lato due barellieri portano le insegne dell’ospedale il cui motto era Curare gli infermi, seppellire i morti, due opere di misericordia».
Tra le variegate rappresentazioni del Cristo crocifisso illustrate, Cervellera, si sofferma in particolar modo su quello di Grűnewald, espressione della consolazione per chi si trova nella sofferenza e si interroga sul senso della vita. «È la raffigurazione della crocefissione più atroce che noi conosciamo, creata per l’altare dell’ospedale di Isenheim, un tempo ricovero di malati di peste, lebbra, sifilide, epilessia e del cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, oggi conservata nel Museo Unterlinden di Colmar, in Alsazia». Il Cristo è rappresentato in tutto il suo struggente patimento, affiancato da figure altrettanto contorte dal dolore come quella di Maria. L’opera, tuttavia, fa parte di un trittico che termina con la gloria del Cristo, un messaggio di speranza.
Conclude infine con le rappresentazioni della pietà mariana da quella cinquecentesca di Viterbo di Sebastiano del Piombo dove «la Madonna che si fa mediatrice fra il cielo e la terra» a quella celebre di Michelangelo di San Pietro in Vaticano dove invece «quel volto senza rughe e senza sofferenza è già oltre il dolore, così quello del Cristo, senza i segni della passione».
© Bioetica News Torino, Marzo 2016 - Riproduzione Vietata