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73 Novembre 2020
Speciale L'arte della cura Una prospettiva bioetica

L’arte della cura: i sensi e riflessioni bioetiche. Intervista a Raymond Zammit e Pietro Grassi Un percorso di esplorazione dei temi trattati al Convegno internazionale di Bioetica dell'Università di Malta

In breve

«Bioetica e i cinque sensi: tra clinica, paesaggi e metafore« è il titolo del Convegno internazionale svoltosi di recente dall'1 al 4 di ottobre in videoconferenza e organizzato dal Dipartimento di Teologia morale dell'Università di Malta, presieduto dal Dottor Raymond Zammit, in collaborazione con la consulenza scientifica del Professor Grassi Pietro. Vi hanno partecipato poco meno di una quarantina di relatori che con le competenze professionali e accademiche di ciascuno hanno contribuito a dare una visione di insieme pluri e interdisciplinare dei sensi - sentire, vedere, odorare, toccare e gustare - in medicina e nella relazione di cura con uno sguardo verso il corpo vissuto. L'Arcivescovo di Malta Monsignor Charles J. Scicluna ha porto un saluto ai partecipanti e poi con la "Lectio Magistralis" dell'antropologo e sociologo dell'Università di Strasburgo David Le Breton si è dato inizio ai lavori del Convegno.

Raymond ZAMMIT F Zammit
Intervistato Raymond Zammit

Direttore del Dipartimento di Teologia Morale presso la Facoltà Teologica dell’Università di Malta. Laureato in Filosofia e Psicologia ha proseguito gli studi conseguendo la licenza in Teologia Sacra presso il medesimo Ateneo, all’Accademia Alfonsiana di Roma la licenza in Teologia morale con specializzazione in Bioetica e il dottorato di ricerca; titolo quest’ultimo ottenuto anche al «Kennedy Institute of Ethics» presso Georgetown University di Washington. Presiede la piattaforma accademica «Etica professionale» a Malta ed è membro del gruppo di bioetica del COMECE (Commissione delle Conferenze episcopali nell’Unione Europea).

Pietro Grassi - docente Master Bioetica Istituto Pontificio Giovanni Paolo II
Intervistato Pietro Grassi

Docente all’ISSR all’Apollinare – Pontificia Università della Santa Croce, al Master di Bioetica del Pontificio Istituto Teologico «Giovanni Paolo II» presso l’Università Cattolica del «Sacro Cuore» di Roma, e al Centro di Teologia Morale per Laici- ISSR Pontificia Università del Laterano. Dopo studi di BA, MA e Dottorato in Filosofia, BA, MA in Teologia, in Psicologia (Diploma – MA) e Neuroscienze (Certificato) si è perfezionato in Bioetica, in Migrazione e Psicopatologia ed in Storia della Medicina. Fa parte del Comitato scientifico della Rivista «Italia Etica» dove è responsabile del Settore Scienze Filosofiche.

D. A Raymond Zammit e Pietro Grassi. Quali sono gli aspetti peculiari che sono emersi e vi hanno colpito maggiormente alla luce di una riflessione sul Convegno dopo un mese da quando si è tenuto?

R. Si è tentato di analizzare  il corpo come linea di confine:  la realtà del mondo che ci circonda entra attraverso i sensi. Di fronte all’attuale carenza di qualità etica dell’incontro e del legame con l’altro, si è cercato di individuare alcuni vantaggi antropologici ed etici che, grazie all’approfondimento sulle potenzialità ed i limiti, i cinque sensi, riescano a dar conto del reciproco consegnarsi di sé all’altro in relazioni gratificanti e significative. I cinque sensi, possono diventare in tal modo, un notevole ausilio verso quanti, nella richiesta di aiuto, percepiscono dolorosamente il bisogno di essere compresi ed accolti.

Al termine del convegno i tanti interrogativi posti forse non avranno trovato una risposta definitiva ma certamente ognuno dei partecipanti  avrà ricevuto tanti stimoli ed emozioni, derivate dalla fruizione delle varie relazioni presentate. Cosa resta?  Venirsi incontro, interagire e integrarsi per un autentico confronto culturale che trasformi le divergenze, spesso inevitabili, in altrettante occasioni di crescita personale e sociale: questo è ciò che il convegno sulla Bioetica ed i cinque sensi ci auguriamo abbia lasciato sedimentare in ognuno di noi.

Il convegno ha rappresentato un  momento di ricerca e di condivisione, la cui vocazione è stata soprattutto quella di abitare il pensiero, per non smarrirsi nel modus vivendi dell’indifferenza quotidiana.

D. Al Dottor Raymond Zammit. È intervenuto nella sessione dedicata alle immagini del gusto “Venite e gustate”. Ha presentato come bioeticista l’etica del gusto. Quali sono le sfide odierne nell’alimentazione?

R. Si parla spesso del legame tra l’alimentazione e la salute, ma oggi si deve essere più consci del legame che esiste tra l’alimentazione e la cura dell’ambiente. Mangiare, infatti, non è solo un’esigenza quotidiana, ma proprio nel decidere cosa mangiare e perché, l’alimentazione diventa un atto etico. Questo deve essere visto alla luce di una popolazione in crescita, all’interno di un territorio planetario spaziale definito, che chiamiamo “casa”, e della sfida per superare i problemi della fame e della malnutrizione.

Ora, una delle principali forze trainanti dietro le nostre decisioni su cosa mangiare è il gusto, qualcosa che è sì personale e soggettivo, ma appreso presto nella vita, pur essendo abbastanza malleabile più tardi nella vita perché il gusto, infatti, è “condivisibile”. Infatti, discutiamo i nostri gusti e nuovi piatti, e quindi cambiamo le nostre abitudini alimentari (si pensi alla macdonaldizzazione del nostro cibo, e alla crescente adozione del sushi). Parte di questa discussione deve includere una riflessione sull’effetto delle nostre scelte alimentari non solo sulla nostra salute, ma anche sull’ambiente. In particolare, il nostro gusto sempre più insaziabile per la carne (soprattutto bovina) che sta diventando sempre più insostenibile, non solo per i gas serra prodotti, ma anche per l’enorme quantità di acqua utilizzata nella sua produzione, e per la crescente necessità di più terra per produrre foraggio come mangime, considerando il rapporto di conversione del mangime abbastanza inefficiente di 10 chili di foraggio per produrre 1 chilo di carne bovina (è anche peggio con l’allevamento del tonno).

Vorrei anche sottolineare il crescente consumo di cibo al di fuori della sua stagione, che ancora una volta ha un grande costo ambientale, tra cui, ad esempio, il trasporto di “acqua virtuale” dalle regioni aride del mondo verso i paesi che hanno forniture più abbondanti d’acqua. Mangiare prodotti stagionali e locali, quindi, insieme ad una diminuzione della quantità di carne consumata, sono necessari per un approvvigionamento alimentare sostenibile. Ciò richiede quindi un’educazione al gusto, compreso forse il gusto per il cibo nutriente che potrebbe ‒ oggi ‒ disgustarci (insetti). Ma anche il disgusto è malleabile, come si può vedere dai chiari esempi delle patate e dei pomodori che, introdotti in Europa da terre lontane, hanno impiegato molto tempo per essere adottati al consumo umano, proprio a causa del disgusto.

D. A. Prof. Pietro Grassi. Nella sessione dedicata all’immagine della vedere “Chiudi gli occhi e vedrai!” in cui è intervenuto Lei ha trattato della morte da una prospettiva filosofica intitolando la relazione  “il tempo della morte: l’ultimo sguardo”. Ci può essere una relazione “autentica” di cura nel fine vita? E come porsi nello stare accanto al morente?

R. L’atteggiamento degli uomini nei confronti della morte è mutato attraverso i tempi, anche se tra l’essere e l’apparire vi è sempre stato uno spazio abitato dalla fragilità, uno spazio aperto ai dubbi e alle angosce, dove si sono intrecciati e si intrecciano ancora gli interrogativi avvolti dal mistero della morte. Ospedalizzazione e medicalizzazione costituiscono due momenti essenziali che hanno contribuito ad alimentare quel  clima di silenzio e di rifiuto che delineano l’atteggiamento della società di oggi verso la morte, in cui la maggior parte delle persone muore in ospedale.

Per ognuno di noi la morte si presenta come la reale possibilità dell’impossibilità di qualsiasi progetto ed in questo significato manifesta tutta la sua radicalità. L’ineluttabilità della morte impregna i giorni degli uomini di coscienza, di immaginazione ma anche di responsabilità, cosa tanto più sentita per l’uomo credente, e questo pone il problema della dimensione del tempo; il tempo che abbiamo a disposizione è un tempo limitato, che non può essere perduto, ma che invece deve essere vissuto: trasformare l’ora del morire per renderla un atto personale, piuttosto che vederla come un destino da subire.

Il tempo del morire può essere considerato un momento di preparazione alla morte che si avvicina, un momento di incontro con se stessi e gli altri, un tempo per cercare un senso in ciò che accade, un tempo durante il quale qualcosa può ancora accadere, ricordando che la vera cura passa attraverso ‘il sapersi mancanti e necessitanti dell’”altro” la sola che, lontano dalla logica calcolante, rende possibile l’attuarsi di una delle condizioni più autentiche dell’accoglienza e della prossimità.

Amare è l’esperienza più alta della vita che vuole esprimere apertamente se stessa di fronte alla morte, così come le passioni  che non si spengono e non muoiono, ma si trasformano e si riformulano perché ogni gesto di amore è sempre interazione col mondo.

D. A Raymond Zammit e Pietro Grassi. Nel poter dar seguito ad una prossima edizione del Convegno internazionale di Bioetica a Malta quale argomento vorresTe proporre e perché?

R. Nella diversità dei saperi la medicina occupa da sempre una posizione peculiare perché riunisce in un’unica sintesi gli aspetti di una scienza teorica e di un’arte pratica. Un convegno che sempre sul fil rouge dei cinque sensi, interroghi  la disabilità nelle sue diverse dimensioni,  poiché il rapporto tra vulnerabilità e compassione costituisce da sempre la struttura etica e antropologica della medicina.  

Si cercherà di comprendere come la bioetica  può rispondere, attraverso i cinque sensi, alle domande delle persone, disabili, fragili e vulnerabili, che si trovano in situazioni di grande emarginazione. Sono aspetti che appartengono all’evidenza del mondo in cui viviamo e che interrogano continuamente  l’umano perché l’uomo è un destino, un individuo portatore di una storia vissuta inscritta in  una traiettoria ricca di senso.

Lo sguardo della società verso la disabilità evidenzia il tipo di qualità della vita cui si indirizza: la presenza del disabile diventa sfida e stimolo per la società stessa. Senza dimenticare però che, solo se sapremo rivolgerci verso ciò che è già stato pensato, ci troveremo a rivolgere lo sguardo  all’umile servizio di ciò che ancora è da pensare!

Bibliografia

R. Zammit. Tra le pubblicazioni più recenti Viaggio intorno alla bioetica: Tra scienza e cinema in curatela con Pietro Grassi e Elena Toniato, edito da Tau (pp. 446) e Contemporary Issues in Bioethics assieme ad Emmanuel Agius, entrambe datate 2019.

P. Grassi. È autore di numerosi articoli su varie riviste e di opere,  l’ultimo Viaggio intorno alla bioetica tra cinema e scienza (Tau, Perugia 2019) in curatela con Raymond Zammit ed Elena Toniato. Percorsi di bioetica quotidiana in curatela con Fortunato Morrone (Tau 2017), I volti dell’adolescenza tra vulnerabilità, fragilità e crisi necessarie con Mario Russo e il Dizionario dell’adolescenza e della giovinezza di Le Breton e Daniel Marcelli (Las 2016), curato insieme a N. Suffi.

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