L’appello dei vescovi di tutto il mondo: il vertice di Parigi ascolti il Papa
26 Ottobre 2015Firmato in Vaticano un documento in vista del summit di Parigi sul clima di dicembre: accordo sia equo, vincolante e generatore di un «vero cambiamento
Un appello affinché il vertice internazionale che si svolge a inizio dicembre a Parigi (Cop 21) arrivi alla «approvazione di un accordo sul clima che sia equo, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento» è stato firmato, alla luce dell’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, da cardinali, patriarchi e vescovi di tutto il mondo, in rappresentanza delle associazioni continentali delle Conferenze episcopali nazionali, oggi in Vaticano.
L’iniziativa, promossa dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, guidato dal cardinale Peter Turkson, è stata presentata oggi in sala stampa vaticana, moderatore il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, dal cardinale indiano Oswald Gracias, presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (FABC), Arcivescovo di Bombay, dal colombiano cardinale Rubén Salazar Gómez, presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), Arcivescovo di Bogotá, da mons. John Ribat, Presidente della Federazione delle Conferenze episcopali di Oceania (FCBCO), Arcivescovo di Port Moresby (Papua Nuova Guinea), e dal vescovo ausiliare di Bruxelles Jean Kockerols, Primo Vice-Presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE). Partecipa inoltre come invitato speciale il Prof. Jean-Pascal van Ypersele de Strihou, Université Catholique de Louvain, già Vice-Presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
«In rappresentanza della Chiesa Cattolica dei cinque continenti, noi Cardinali, Patriarchi e Vescovi ci siamo riuniti per esprimere, a nome nostro e delle persone affidate alle nostre cure pastorali, la speranza ampiamente diffusa che dai negoziati della COP 21 di Parigi emerga un accordo sul clima giusto e giuridicamente vincolante», si legge nell’appello, che indica poi dieci punti per mettere in evidenza come il cambiamento climatico, «in gran parte dovuta all’attività umana incontrollata», stia avendo «effetti negative soprattutto sulle comunità ed i popoli più vulnerabili».
Le dieci proposte sono: «tenere a mente non solo le dimensioni tecniche, ma soprattutto quelle etiche e morali dei cambiamenti climatici, di cui all’articolo 3 della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)» (1); «accettare che il clima e l’atmosfera sono beni comuni globali appartenenti a tutti e destinati a tutti» (2); «adottare un accordo globale equo, generatore di un vero cambiamento e giuridicamente vincolante sulla base della nostra visione del mondo che riconosce la necessità di vivere in armonia con la natura e di garantire il rispetto dei diritti umani per tutti, compresi quelli dei popoli indigeni, delle donne, dei giovani e dei lavoratori» (3); «limitare drasticamente l’aumento della temperatura globale e fissare un obiettivo per la completa decarbonizzazione entro la metà del secolo, al fine di proteggere le comunità che in prima linea soffrono gli impatti dei cambiamenti climatici, come quelle nelle isole del Pacifico e nelle regioni costiere» (4); «sviluppare nuovi modelli di sviluppo e stili di vita compatibili con il clima, affrontare la disuguaglianza e portare le persone fuori dalla povertà. Fondamentale per questo è porre fine all’era dei combustibili fossili, eliminandone gradualmente le emissioni, comprese quelle prodotte da mezzi militari, aerei e marittimi, e fornendo a tutti l’accesso affidabile e sicuro alle energie rinnovabili, a prezzi accessibili» (5); «garantire l’accesso delle persone all’acqua e alla terra con sistemi alimentari sostenibili e resistenti al clima, che privilegino le soluzioni in favore delle persone piuttosto che dei profitti» (6); «garantire, a tutti i livelli del processo decisionale, l’inclusione e la partecipazione dei più poveri, dei più vulnerabili e dei più fortemente danneggiati» (7); «garantire che l’accordo 2015 offra un approccio di adattamento che risponda adeguatamente ai bisogni immediati delle comunità più vulnerabili e che si basi sulle alternative locali» (8); «riconoscere che le esigenze di adattamento sono condizionate dal successo dell’adozione delle misure di riduzione. I responsabili del cambiamento climatico hanno l’onere di assistere i più vulnerabili nell’adattarsi e nel gestire le perdite e i danni e nel condividere la tecnologia e il know-how necessari» (9); e «fornire roadmap chiare su come i Paesi faranno fronte all’insieme degli impegni finanziari prevedibili, coerenti ed aggiuntivi, garantendo un finanziamento equilibrato delle azioni di riduzione e delle esigenze di adattamento» (10). Il testo si conclude con una «preghiera per la terra».
Oltre a coloro che intervengono, erano presenti in sala il card. Peter Kodwo Appiah Turkson (Presidente del Consiglio della Giustizia e della Pace); Mons. Duarte Nuno Queiroz de Barros da Cunha, Segretario Generale del CCEE (Europa); il Card. Béchara Boutros Raï, O.M.M., (Presidente del CCPO, Patriarchi cattolici orientali); l’Arcivescovo Gabriel Mbilingi, C.S.Sp., (Presidente del SECAM, Africa e Madagascar); l’Arcivescovo Richard William Smith, già Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada; Mons. Ronny E. Jenkins, Segretario Generale del USCCB (USA); come pure il Sig. Bernd Nilles, Segretario Generale del CIDSE (Alleanza Internazionale delle Agenzie Cattoliche per lo Sviluppo). «E’ la prima volta, a mia memoria, che le conferenze episcopali insieme, e di tutti i continenti, uniscono le loro voci», ha detto il card. Gracias nel corso del briefing, «Papa Francesco con la Laudato si’ ha dato l’impulso, ora le conferenze episcopali lo seguono: è lui stesso che ha parlato di decentralizzazione».
Jacopo Scaramuzzi
Fonte «Vatican Insider»