Ci rivolgiamo a sr Veronica Donatello, pedagoga e responsabile nazionale della Pastorale per la Disabilità presso la Conferenza nazionale episcopale (Cei), che è stata relatrice al Convegno internazionale di Bioetica di Malta, tenutosi dal 5 all’8 maggio di quest’anno sul tema Bioetica e disabilità, ponendo la sua attenzione su Spiritualità nella relazione sanitaria: dall’inclusione al senso di appartenenza.
Pedagoga, responsabile dal 2019 del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità presso la Cei.
Dottorato in Scienze dell’Educazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Docente di linguaggio di lingua italiana dei segni religiosa cattolica, islamica ed ebraica.
INTERVISTA.
D. Si è appena concluso un mese fa il primo convegno nazionale per la pastorale delle persone con disabilità tenutosi a Roma a cui hanno partecipato più di trecento persone. Il filo conduttore è stato la necessità di un cambiamento di mentalità se si vuole raggiungere l’inclusione di tutti nella vita comunitaria ed ecclesiale. Lei che da anni è in ascolto, accanto, in dialogo e portavoce delle persone con disabilità e dei loro familiari, che cosa possiamo fare insieme a partire dalla comunità ecclesiale nelle nostre diocesi?
R. Penso che si possa lavorare su due versanti come abbiamo visto al Convegno, da un lato continuare a promuovere riflessioni scientifiche, incontri di formazione e di condivisione di prassi. Dall’altro iniziare dei processi facendo rete.
Al Convegno nelle tre aree Abitare, pastorale parrocchiale e luoghi di vita, abbiamo visto che è possibile.
D. Nella sua relazione al Convegno di Malta ha parlato di “Spiritualità nella relazione con le persone con disabilità: dall’inclusione al senso di appartenenza”. Il beato Monsignor Luigi Novarese riuscì a trasmettere il valore del ruolo attivo delle persone sofferenti e con disabilità nella comunità. Quale ruolo ha la spiritualità nella cura della persona?
R. Come è noto, da molti anni al riguardo delle persone con disabilità (PcD) è in atto un vero e proprio cambiamento di paradigma, che dall’approccio puramente clinico e funzionale conduce all’approccio esistenziale. All’interno di questa nuova visione, le PcD non sono viste soltanto come individui che devono recuperare autonomie e funzioni, attraverso processi educativi e riabilitativi, né tanto meno semplicemente come malati, quanto come uomini e donne che ambiscono a un percorso, mai compiuto, verso la pienezza di vita, e dunque portatori non solo di bisogni assistenziali, ma anche e soprattutto di valori, desideri e priorità da sostenere, nel rispetto della autodeterminazione, e nell’ottica del progetto di vita.
Questo cambiamento ha profonde ricadute anche sulla visione pastorale delle PcD all’interno delle comunità ecclesiali, che dal germe dell’iniziazione cristiana sono chiamate a far nascere più ampie progettualità di promozione umana e spirituale.
Disabilità e spiritualità sono tradizionalmente intese come due sfere distinte: la disabilità è fisica e quindi appartiene ai professionisti della salute, mentre la spiritualità è religiosa e appartiene alla chiesa, al clero e al normale popolo dei fedeli. Questa divisione porta a una comprensione teorica stentata, a una collaborazione limitata e a pratiche segreganti, che contribuiscono tutte alla mancanza di capacità di vedere le PcD come esseri umani interi, membri a pieno titolo in virtù del Battesimo e di una famiglia umana diversificata.
D. Infine quali sono le sfide che dobbiamo allora cogliere per sentirci davvero di far parte di una comunità locale e planetaria, insomma in “un’unica barca”, ciascuno con desideri diversi che poggiano sullo sfondo del bene comune in questo cammino di ricerca del vero senso e dei veri valori della vita?
R. L’inclusione, poi, non si ferma alla domenica. Pertanto, le organizzazioni ecclesiali dovrebbero esprimere la loro capacità di accoglienza anche al di fuori dei riti e delle varie attività comunitarie. La premura pastorale si esprime mediante una conoscenza dei bisogni concreti delle PcD, sul piano materiale, psicologico e spirituale. Dal punto di vista spirituale, occorre che i pastori acquisiscano competenze per poter fare da guida nella fede alle PcD in tutto l’arco della vita ed andare oltre la pastorale dei sacramenti. Come dice il Santo Padre, vivere senza esistere è la più crudele di tutte le esclusioni.
© Bioetica News Torino, Luglio 2022 - Riproduzione Vietata