Sostieni Bioetica News Torino con una donazione. Sostieni
106 Settembre
Speciale Dignitas Infinita

La serie. Tales from the Loop, di Foster J.

Negli anni ’50, in un angolo di una piccola cittadina americana, si trova un misterioso complesso sotterraneo noto come “The Loop”. Questo impianto scientifico, enigmatico e potentemente influente, è il fulcro delle storie che compongono Tales from the Loop (2024), una miniserie prodotta dagli Amazon Studios e diretta da Nathaniel Halpern.

La serie trae ispirazione dal libro illustrato di Simon Stålenhag, che dipinge un mondo sospeso tra il futuro e un passato rurale, dove la tecnologia e l’ordinario convivono in un fragile equilibrio. Questa convivenza è espressa attraverso paesaggi rurali malinconici, spesso avvolti da una luce fredda e un’atmosfera di inquietante calma, che contrasta con l’inesorabile avanzamento della tecnologia rappresentato dai robot e dalle macchine enigmatiche che popolano il mondo creato da Stålenhag.

Gli episodi della serie sono concepiti come racconti autoconclusivi, ma sono legati tra loro da un filo conduttore: ogni storia si intreccia con quella successiva, creando una narrazione che, pur mantenendo un certo grado di autonomia, costruisce un mosaico di esperienze che esplorano i temi dell’amore, della perdita, del tempo e della morte. Gli eventi bizzarri e sovrannaturali che affliggono i protagonisti non sono altro che metafore delle loro lotte interiori, e questo permette alla serie di distinguersi dalle altre opere di fantascienza.

Il cast, che include nomi come Jonathan Pryce, Rebecca Hall, e Paul Schneider, si muove in un mondo che sembra tanto alieno quanto familiare, lottando con le anomalie temporali e spaziali provocate dal Loop. Eppure, il vero cuore della serie risiede nei personaggi e nelle loro storie intime, che riflettono le fragilità e le complessità dell’essere umano. Questa attenzione ai dettagli umani, unita a una regia che privilegia i tempi dilatati e le atmosfere sospese, rende Tales from the Loop una serie che sfida le convenzioni della fantascienza tradizionale, concentrandosi più sull’esplorazione emotiva che sugli effetti speciali o sulle trame intricate.

Le sequenze più suggestive si trovano nell’estetica visiva, che unisce il fascino retrò a elementi futuristici, come la coppia congelata nel tempo durante un atto intimo, o i robot che si aggirano nella foresta come creature selvagge. Una scelta stilistica che sottolinea l’impotenza della tecnologia di fronte a problemi umani fondamentali come il timore della morte e la solitudine, di cui gli strumenti tecnologici non sono altro che la cassa di risonanza.

© Bioetica News Torino, Settembre 2024 - Riproduzione Vietata