Si conclude con il contributo di Giuseppe Zeppegno l’analisi di Dignitas Infinita che ci ha accompagnato in questi mesi. E’ emersa da un lato la necessità di un documento che ribadisse la posizione del Magistero su alcuni temi di scottante attualità e dall’altro il ruolo fondamentale della Chiesa quale garante della tutela della vita e della dignità umana. Come afferma Papa Francesco, viviamo un “cambiamento d’epoca” che impone delle riflessioni sull’identità dell’uomo contemporaneo. La realtà odierna deve essere compresa, ma illuminata ed interpretata alla luce della fede. Anche la dignità richiede una rielaborazione in grado di guardare oltre il quotidiano e le conflittualità del contingente e proiettare lo sguardo in alto, in direzione del cielo, ovvero verso l’infinito.
Enrico Larghero
Il secondo capitolo della Dichiarazione Dignitas infinita ricorda che l’uguale dignità di tutti gli esseri umani poggia su tre elementi sostanziali. Il primo ha il suo fondamento nella scelta di Dio di creare l’uomo a sua immagine e somiglianza, come ricorda Gen 1,26. Il secondo è dato dall’assunzione della natura umana da parte del Figlio di Dio. Egli, non solo si è fatto uomo come noi, ma con la sua predicazione e la sua azione taumaturgica si è fatto prossimo agli emarginati ridando loro dignità e futuro. Il terzo fa riferimento alla possibilità data da Dio di vivere in comunione con Lui e di partecipare, al termine dell’esistenza terrena, alla sua eternità gloriosa.
Il discepolo del Signore, consapevole dei preziosi doni ricevuti, è chiamato pertanto a rispondere all’amore preveniente di Dio, in docilità allo Spirito, orientandosi alla realizzazione della vita buona e a lottare, supportato dalla grazia divina, contro le forze contrarie del male che sempre lo tentano e lo allontanano dal progetto di salvezza di cui è stato reso partecipe.
Il terzo capitolo pone l’attenzione sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, già definita da San Giovanni Paolo II «pietra miliare posta sul lungo e difficile cammino del genere umano». Ne definisce i principi essenziali nell’intento di ovviare ad una serie di fraintendimenti che anche recentemente ne hanno distorto il significato. Nota che alcuni preferiscono far riferimento ai “diritti della persona” nella contraddittoria ipotesi che solo un essere capace di ragione deve essere rispettato e tutelato. Questo modo di intendere mira a negare l’accoglienza del bimbo non ancora nato, dell’anziano non autosufficiente e del disabile mentale. Ma questa è un’ipotesi inaccettabile perché, come ricorda il documento al n. 7, ogni persona è portatore di una dignità ontologica che gli compete «per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio». Quindi «non può mai essere cancellata e resta valida al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare». Un altro equivoco molto presente nel contesto della cultura contemporanea sta nel ritenere che il riconoscimento della dignità debba essere valutato in riferimento al benessere psicofisico dell’individuo. Questo modo di pensare si fa paladino di un relativismo morale che lascia l’uomo solo con le sue voglie e riduce la libertà alla mera inoppugnabile deliberazione autonoma, affrancata da ogni riferimento valoriale di carattere universale. Questo solipsismo morale provoca un radicale disinteresse per le problematiche sociali e contrasta l’impegno di sradicare ogni forma di emarginazione. Altrettanto inopportuna e la tendenza a dominare e sfruttare incondizionatamente il bio-regno. L’umanità, all’opposto, ha il dovere di custodire il creato e di rispettare la bontà propria di ogni essere vivente e dell’ambiente.
A conclusione di Dignitas infinita si ricorda che Papa Francesco, in occasione del settantacinquesimo anniversario della promulgazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha ribadito che essa è «una via maestra sulla quale molti passi avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano». La Chiesa e ogni uomo di buona volontà, sono quindi chiamati, oggi più che mai, a operare per incrementare il rispetto dei diritti fondamentali di ogni uomo senza opporre distinzioni di carattere fisico, psichico, culturale, sociale e religioso.
Il progetto proposto dal documento analizzato è tanto ambizioso quanto urgente. Se non si pone rimedio alle tante ingiustizie, sopraffazioni, guerre, sconvolgimenti climatici e ambientali che ammorbano il mondo rischiamo, infatti, di cadere in un baratro dilaniante. Invece, come ha ricordato Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti, «se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo “a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana”».
Giuseppe Zeppegno
© Bioetica News Torino, Settembre 2024 - Riproduzione Vietata