La bioetica troppo complessa per la democrazia diretta?
02 Giugno 2015Il 14 giugno, gli elettori svizzeri si pronunceranno su una revisione costituzionale relativa alla diagnosi preimpianto (DPI). Come si informano su tematiche complesse dall’alto tenore emotivo? Intervista al politologo Georg Lutz.
«Questo tema non lascia nessuno indifferente, poiché concerne il desiderio di avere figli e la selezione degli embrioni umani», aveva sottolineato il ministro dell’interno Alain Berset, dando il via alla campagna in favore della diagnosi preimpianto.
Secondo Georg Lutz, la maggior parte delle persone che si reca alle urne ha una conoscenza piuttosto limitata del tema in votazione.
Come si forma l’opinione degli elettori su temi scientifici ad alta carica emotiva come la diagnosi preimpianto, l’aborto, gli organismi geneticamente modificati e così via? Prendono tempo per analizzare i temi o seguono piuttosto l’istinto?
Penso che molte persone seguano l’istinto, non solo però su queste tematiche. È quello che la gente fa in generale quando prende una decisione. Ciò non vuol dire che si tratta di una scelta completamente casuale. Il punto importante è che questo tipo di questioni tocca l’aspetto religioso. Penso che la gente abbia una specie di predisposizione: se si è religiosi, probabilmente si crede che l’essere umano non debba interferire troppo con l’inizio e la fine della vita. Presupporre che molte persone approfondiscano veramente il tema e capiscano di cosa si tratta penso sia spingersi troppo in là. Ritengo che si basino piuttosto su principi generali.
Alcuni temi sono quindi troppo complessi per lasciar decidere gli elettori?
È un vasto dibattito! Vi sono molti modi per affrontarlo. Ci si può chiedere se la gente in generale è idonea per la democrazia diretta. Non credo che la questione della diagnosi preimpianto sia più complicata di altre domande. A volte, i votanti devono valutare quali saranno gli impatti di certe misure sul futuro dell’economia, ciò che non è un compito facile. In Svizzera vi è un credo molto radicato: ossia che la popolazione sia generalmente capace di prendere certe decisioni, anche quando sono complesse. Gli studi mostrano che vi sono forti variazioni tra la gente per quanto concerne le conoscenze generali e specifiche di tutti i tipi di tematiche. Vi è un piccolo gruppo ragionevolmente ben informato. La maggior parte delle persone però non lo è. Tuttavia non è necessaria una scelta perfettamente consapevole per avere una decisione ragionevole. Ci si può affidare a qualche valore fondamentale, che fa da guida. Oppure seguire le raccomandazioni dei partiti o di certi gruppi di interesse, come chiese, organizzazioni o istituzioni, a cui ci si sente vicino.
I votanti tengono veramente conto di queste raccomandazioni?
La cosa strana è che quando si chiede direttamente alle persone se sono al corrente delle raccomandazioni del loro partito preferito, molte dicono di no. Quando però si analizza quanti elettori hanno votato in linea con le raccomandazioni del partito, emerge che la maggior parte lo ha fatto. Penso che la gente abbia una sensibilità per quelle organizzazioni o partiti a cui si sente vicina.
Fanno più attenzione alle raccomandazioni del governo?
Sono importanti per molte persone. I votanti più tradizionali, in special modo quelli nel dubbio, fanno più affidamento sul governo che sui partiti.
In generale i sostenitori della diagnosi preimpianto avanzano fatti e dati, mentre gli oppositori fanno leva sulle emozioni, parlando di strada pericolosa, di eugenismo, di bambini progettati. Qual è la strategia migliore: parlare alla ragione o al cuore?
Le campagne di successo su temi controversi sono quelle che riescono a suscitare emozioni positive o negative e non tanto quelle che cercano di razionalizzare. Quando si tratta di un tema che poche persone capiscono nei dettagli, penso sia un problema voler razionalizzare troppo. In generale è più saggio dare un tocco d’emozione alla campagna, piuttosto che cercare di avanzare argomenti troppo razionali e complicati.
Se però molte persone hanno una predisposizione e hanno già preso una decisione, le campagne non sono un po’ una perdita di tempo?
Dipende. In questo caso, il fronte del sì ha un ampio vantaggio, poiché ha superato lo scoglio parlamentare e la maggior parte dei partiti e la comunità scientifica sostiene la proposta. Non si sta cercando di vincere una battaglia persa in partenza. Se però sono coinvolti degli scienziati, è difficile presentare argomenti emozionali. Non sarebbe convincente per molte persone. Per questo non hanno veramente scelta.
Vi sono categorie di persone più suscettibili di approvare questi temi bioetici?
Ho esaminato i dati relativi a due votazioni su tematiche simili, che riguardavano questioni etiche, l’iniziativa per la protezione dell’essere umano dalle manipolazioni nella tecnologia riproduttiva e la Legge federale concernente la ricerca sulle cellule staminali embrionali. L’aspetto interessante è la difficoltà a fare emergere una tendenza chiara. Gli elettori di tutti i partiti, da destra a sinistra, erano divisi e la sola tendenza – seppur minima – era che le persone che seguivano le funzioni religiose erano più favorevoli all’iniziativa e contrarie alla legge sulle cellule staminali. L’altra debole tendenza emersa era che la Svizzera francese appoggiava un po’ di più la scienza rispetto alla Svizzera tedesca. Se si analizzavano le categorie d’età o il genere, non emergevano però differenze.
Recenti ricerche hanno mostrato che in Svizzera sempre meno persone si dichiarano religiose. Ciò significa che le iniziative a carattere scientifico hanno maggiori probabilità di essere accolte?
Non penso. Per molti non si tratta di una questione religiosa, bensì etica. Molte persone sono critiche nei confronti di ciò che può fare la medicina non per ragioni religiose, ma etiche. Ciò che è certo, è che quello che dice la chiesa oggi non conta più granché. Trenta o quarant’anni fa, sarebbe stata un’altra cosa.
Diagnostica genetica preimpianto. La Svizzera tra i più severi
La diagnosi preimpianto (DPI) – detta anche diagnosi genetica preimpianto (DGP) – è un’analisi genetica degli embrioni da fecondazione in vitro, effettuata prima di impiantare in utero. Serve a individuare malattie gravi e può portare alla decisione di non impiantare gli embrioni.
Attualmente, la Costituzione autorizza lo sviluppo di embrioni in vitro soltanto quando questi possono essere impiantati «immediatamente». Se la revisione verrà accettata, sarà invece possibile sviluppare tanti embrioni «quanti ne richiederà il trattamento previsto», si legge nel messaggio del governo. In pratica, si passerà da tre a dodici embrioni.
Il progetto è molto restrittivo rispetto alle leggi di altri paesi europei. Esso prevede che la DPI debba essere effettuata solo se la coppia rischia di trovarsi “in una situazione intollerabile”, perché il bambino che vorrebbe concepire molto probabilmente sarebbe colpito da una grave malattia ereditaria. Resterebbe escluso qualsiasi altro uso. Sarebbe possibile congelare gli embrioni in sovrannumero in vista di nuovi tentativi di gravidanze. Attualmente, il congelamento in caso d’insuccesso è proibito: si deve ricominciare l’intero processo.
Traduzione e adattamento di Daniele Mariani, swissinfo.ch
fonte: http://www.swissinfo.ch/ita