C’era un prima e c’è un dopo, e forse ci sarà un poi.
C’era una società sorniona, sazia di tutto, che si preoccupava di mille cose e anche di occupare il tempo libero, anche dei bambini e dei ragazzi, e che ogni tanto si interrogava se qualche momento di noia non fosse magari utile.
C’era una società dove i ragazzi andavano a scuola, preparavano le interrogazioni, l’esame di maturità, sceglievano la palestra.
C’erano i ragazzi impegnati in attività di volontariato, in politica, negli hobby, nello sport.
È poi piombato sul mondo il “tempo sospeso”.
Pandemia da disagio bio-psico-sociale nell’età evolutiva
Nel “tempo sospeso”abbiamo, noi adulti per primi, iniziato a comportarci, anche e soprattutto dal punto di vista dei ragazzi, in modo irrazionale, se non schizofrenico.
Prima era visto con sospetto il trascorrere ore davanti ad uno schermo, poi è diventato un’opportunità se non un obbligo.
Impossibile frequentare le palestre, ma neanche fare sport all’aria aperta, con il risultato che un’età così fragile come l’adolescenza è stata confinata tra le mura di casa.
Da decenni oramai l’adolescenza non era già più una fase di passaggio e formazione, ma una malattia cronica e in questi due anni la situazione si è ulteriormente aggravata.
Mancando le normali situazioni di incontro e formazione si sono acutizzate le già numerose fragilità.
In teoria siamo tutti consapevoli che l’adolescenza deve essere l’età del confronto con i coetanei, della formazione del pensiero astratto, della ribellione finalizzata alla realizzazione della propria consapevolezza del sé, della costruzione dei primi veri rapporti di amicizia ed amore, ed abbiamo impedito ai nostri ragazzi di vivere tutto questo.
Forse prevedibile ma inevitabile quindi ciò che stiamo vivendo: la transizione dalla pandemia di Covid-19 all’ emergenza pandemica attuale che potremmo riassumere in pandemia da disagio bio-psico-sociale soprattutto in età evolutiva. Mentre nei nostri studi vediamo incrementare in modo esponenziale l’accesso di giovani obesi, di malattie da sintomo somatico, di ragazzi con crisi di panico paralizzanti, i reparti di Pediatria si sono in gran parte saturati di giovani affetti da Disturbi del comportamento alimentare, di sopravvissuti a tentativi anticonservativi, di ragazzi devastati da abuso di sostanze e Disturbi del Comportamento. Si tratta dei ragazzi che non riescono più a trovare accesso nei reparti di Neuropsichiatra infantile perché oramai saturi e che sono troppo giovani per essere accolti nei normali reparti di Psichiatria.
Anche nelle scuole primarie assistiamo ad un aumento significativo dei Disturbi di Apprendimento, probabilmente anche dovuto alla mancanza prolungata, sia del confronto con gli insegnanti e con il gruppo dei pari, sia all’enorme disparità culturale tra le famiglie che avrebbero dovuto sostituirsi alla scuola. Questa seconda pandemia, pur se per ora silenziosa, durerà decenni e lascerà anch’essa sul campo le sue vittime.
Il prolungamento dell’assistenza pediatrica: una risposta al disagio adolescenziale
I ragazzi obesi sono in gran parte candidati al dismetabolismo che già adesso è la prima causa di morte nel mondo industrializzato tra gli adulti sia per effetti diretti che indiretti.
I bambini con Disturbi di Apprendimento difficilmente riusciranno a colmare il gap che li separa dai compagni, anzi, il solco si approfondirà con il progredire degli anni, nonostante gli sforzi messi in atto da insegnanti sia Istituzionali che di sostegno.
Purtroppo il già folto gruppo di ragazzi affetti da Disturbo da Sintomo Somatico, oltre che aumentato numericamente, sta accogliendo ragazzi con un corteo di sintomi la cui somma, intesa come malfunzionamento, non è algebrica ma esponenziale, con il rischio di creare un nutrito numero di giovani e futuri adulti con difficoltà di funzionamento in tutti gli ambiti, dapprima scolastici, poi familiari e sociali.
I ragazzi che già hanno deviato verso veri e propri Disturbi di tipo psichiatrico difficilmente ne verranno fuori senza cicatrici. Occorre riflettere e soffermarsi sul dato che il suicidio è la seconda causa di morte negli adolescenti nei Paesi occidentali. Come uscirne? Sarebbe intanto utile poter prolungare l’assistenza pediatrica a tutto il periodo adolescenziale, così da offrire ai ragazzi l’opportunità di un sostegno autorevole e conosciuto.
La scuola dovrebbe modificare il suo assetto, magari ampliando gli orari di utilizzo dei locali scolastici per attività extracurricolari che favoriscano il recupero di socialità, quali recitazioni, attività musicale di gruppo, attività corali. Le attività tradizionalmente intese come aggreganti, quali scoutismo gruppi parrocchiali, di volontariato, di impegno sociale e politico, dovrebbero essere innanzitutto censite e mappate quartiere per quartiere e sostenute per essere preparate, se non a gestire, almeno ad intercettare situazioni di disagio adolescenziale.
Un’ultima riflessione: negli ultimi decenni, la società si è sempre più liquefatta con la sgretolazione della famiglia intesa in modo tradizionale, la perdita di valori quali l’autorevolezza dei genitori, della scuola o di qualsiasi altra figura di riferimento.
È su questa società che si è abbattuto il Covid-19, ed è opportuno ammettere che tutti noi eravamo impreparati a gestire un’emergenza di tale portata e con umiltà accettare la nostra inadeguatezza. I ragazzi, già abbandonati da decenni senza regole né confini, si sono letteralmente confrontati con un mondo gestito da adulti allo sbando e questa consapevolezza ha fatto affiorare le fragilità fino a quel momento magari sopite.
Le possibili soluzioni devono essere valutate e condivise da tutti gli attori che ruotano intorno all’età evolutiva per gestire, con risorse e programmi opportuni, questa nuova silenziosa e devastante pandemia senza permettere che ci travolga per decenni. Solo così, dopo un prima ed un dopo, ci sarà forse anche un futuro, magari anche migliore.
© Bioetica News Torino, Maggio 2022 - Riproduzione Vietata