Il pesce inscatolato “sott’olio” può aiutarci nella prevenzione dal tumore al colon-retto? Uno studio italiano dell'Istituto di ricerca Mario Negri
09 Giugno 2022Un’interessante studio tutto italiano ha mostrato come il pesce inscatolato sott’olio, seppure non sia di tipo fresco, può annoverarsi comunque tra gli alimenti di una dieta sana. Basandosi sull’analisi dei dati raccolti in due studi precedenti, effettuati su un campione italiano nel nostro paese, rispettivamente il primo tra il 1992 e il 1996 e il secondo tra il 2008 e il 2010, l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e l’Italian Institute for Planetary Health, ha riscontrato che anche mangiare pesce inscatolato sott’olio per almeno due porzioni alla settimana, pari a 80 grammi ciascuna, riduce del 34% circa il rischio di insorgenza del tumore al colon-retto.
Per la ricercatrice Barbara D’Avanzo del Dipartimento di Politiche per la Salute dell’Istituto Mario Negri la riduzione «è confermata anche nel caso che il tumore del colon e quello del retto vengano considerati separatamente». Ė possibile ― aggiunge ― che i benefici siano collegati al contenuto di acidi grassi omega 3 o altri nutrienti presenti nel pesce stesso.
Una buona notizia non solo sul fronte della prevenzione oncologica, in particolar modo nei confronti di una tipologia neoplastica tra le più diffuse per incidenza e mortalità, per la quale nel 2021 hanno perso la vita, secondo una stima dell’Aiom sul rapporto italiano riferito al 2021 21.700 persone e nel 2020 si sono ammalati 280mila circa uomini e 233mila circa donne, ma anche in ambito culinario.
Il cibo in scatola si presenta come un piatto già pronto o con pochi accorgimenti di tempo di cottura per consumarlo, ed è preferito e scelto per chi non ha troppo tempo da dedicare alla preparazione dei cibi ma non adeguato ad una dieta sana, in cui si privilegiano prodotti freschi, se è sottoposto a più processi nella lavorazione industriale per la conservazione o modificazione delle caratteristiche sensoriali.
Nel loro studio, pubblicato sulla rivista Nutrients, Franchi, Ardoino, Bosetti et al. si sono proposti un’indagine sulla relazione tra consumo di pesce inscatolato e il rischio di insorgenza del tumore al colon-retto impiegando dati emersi dalle ricerche citate svolte negli anni passati. Fanno osservare come la scelta del pesce sottoposto a processi di lavorazione industriale, come il pesce in scatola, viene sempre più preferita nel corso degli anni; nel 2018 si erano consumate 727mila tonnellate proprio per l’uso pratico, semplice e veloce in cucina.
Che cosa hanno osservato i ricercatori?
Si tratta di due studi di casi diagnosticati e confermati e di controllo su persone non affette dal tumore al colon-retto. Il primo raccoglie i dati dal 1992 al 1996 su 6 aree italiane dal Nord al Sud Italia e il secondo nelle città di Milano, Pordenone e Udine tra il 2008 e il 2010.
Gli autori Franchi, Ardoino, Bosetti et al. hanno analizzato 2419 casi confermati, diagnosticati a distanza non più di un anno dall’intervista diretta da parte dei ricercatori, e 4.723 controlli non affetti da tumore ammessi in ospedale per disturbi ortopedici non traumatici, interventi chirurgici, per traumi, per malattia oculistica e altri disturbi.
Le informazioni sui soggetti riguardavano fattori socio-demografici e antropometrici, attività fisica, abitudini al fumo, storie familiari di cancro al colon-retto e abitudini alimentari nei due anni precedenti l’intervista. Riguardo alla dieta quotidiana venivano date informazioni mediante un questionario sul consumo settimanale di 78 tipi di cibo nel primo studio e 56 nel secondo, raccolti in sei sotto sezioni. Sul consumo di un piatto di pesce veniva chiesto se era pesce fresco bollito/grigliato/cotto al forno e molluschi o pesce fritto o in scatola in olio d’oliva (tonno, sgombro, sardine etc.).
Hanno rilevato «un legame inversamente proporzionale tra il pesce in scatola e il rischio di insorgenza del tumore al colon-retto con una significativa tendenza nel rischio». Studi precedenti riportavano un effetto protettivo del pesce fresco sul colon-retto. «Il consumo di pesce è uno delle più importanti fonti di selenio che ha mostrato di prevenire il cancro in vivo e in vitro».
In generale non vi è una differenza sui nutrienti tra pesce in scatola e fresco; nel primo il processo industriale conserva le sostanze nutritive del pesce fresco. Non si può escludere – affermano gli autori – che una parte dei benefici siano dati dall’olio d’oliva. E suggeriscono sul piano della prevenzione primaria e della dieta uno studio sul solo pesce in scatola in modo da poter individuare strategie per sostenere abitudini alimentari salutari in un’ampia platea della popolazione fondata sull’esigenza di salute pubblica, data l’elevata incidenza e mortalità del tumore al colon retto.
Concludono infine affermando che in Italia il consumo di pesce in scatola è aumentato durante la crisi economica del 2008 e nel lockdown della pandemia, per semplici ragioni: facilmente accessibile e percepito più conveniente economicamente. Ne consegue: «il consumo del pesce in scatola come componente di una dieta salutare».
L’Associazione italiana di Oncologia medica (Aiom) nel suo Rapporto sui tumori relativi al 2021, evidenzia che dal 2015 diminuiscono le morti per colon retto, 13,6% nei maschi e 13,2% nelle donne mentre migliora la sopravvivenza.
La pandemia ha causato un rallentamento degli screening, una stima di 2 milioni e mezzo in meno, che si ripercuoteranno negli anni successivi, con possibili avanzamenti dello stadio al momento della diagnosi, in particolare riguardo allo screening mammografico e quello colorettale. Le diagnosi mancate possono essere state più di 3mila300 per il tumore al seno, 1.300 per il colon-retto e 2.782 lesioni precancerose della cervice uterina.
Per la presidente Siapec-Iap (Società italiana di Anatomia patologica e di citologia diagnostica) l’impatto si è sentito sugli interventi chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto. Per il primo il numero dei casi operati nel 2020 è risultato inferiore del 12% (-805 casi) rispetto al 2019, riduzione che, come spiega, si è osservata per le neoplasie di tutte le dimensioni, in particolare per quelle più piccole. Anche per il colon-retto si è registrata, afferma, una riduzione dei casi operati nel 2020 inferiore del 13% (-464 casi) rispetto al 2019, con un calo particolarmente marcato per i tumori in situ.
E aggiunge che i risultati dell’indagine mostrano in generale una diminuzione in situ caratterizzati da alte probabilità di guarigione (-11% per la mammella, – 32% per il colon – retto) quale conseguenza probabilmente dovuta ad una temporanea riduzione degli screening oncologici nel 2020.
Dai dati dell’Oms nel mondo nel 2020 il tumore al colon retto figura tra le prime posizioni con 1 milione 93 mila casi, terzo rispetto al seno (2 milioni e 26mila) e al polmone (2 milioni e 21mila). Risulta invece secondo con 916mila decessi, sempre nel 2020, dopo quello al polmone con 1 milione e 80 mila morti.