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87 Aprile 2022
Speciale Neuroscienze Le nuove frontiere della medicina

Il percorso delle neuroscienze nella scoperta della plasticità neuronale

Introduzione

a cura di Enrico Larghero

L’antica frase incisa sul frontone del tempio di Delfi Conosci te stesso ben si adatta allo studio del corpo umano. Da sempre le scienze mediche con l’anatomia, la fisiologia, la biochimica ed altre branche, hanno studiato la conformazione ed il funzionamento della macchina umana. Un lavoro sorprendente che, con l’affinarsi della tecnica, della radiologia e dell’informatica, ha subìto una drastica ed ulteriore accelerazione. Penetrando sempre più a fondo nei meccanismi che spiegano le dinamiche della vita, l’ammirazione e lo stupore crescono in proporzione. Per chi ha fede, un’ulteriore conferma dell’esistenza di un Dio Creatore, di un progetto intelligente.
All’interno di tali studi un posto privilegiato è occupato dal cervello, l’organo per eccellenza, quello che più di tutti gli altri ci rappresenta e ci rende unici ed irripetibili. Infatti, anche per tali ragioni, qualora la tecnica riuscisse a superare difficoltà attualmente insormontabili, non può essere trapiantato, al contrario ad esempio, di fegato, rene, cuore. L’identità umana, la sua originalità viene fatta coincidere con quest’organo. I rapporti tra mente, psiche e soma, tra corpo e anima, sono diventati un nuovo campo di studio, quello delle neuroscienze.
Un tempo si riteneva che l’encefalo fosse statico, che le sue capacità funzionali si sviluppassero gradualmente per poi deteriorarsi nel corso degli anni. L’involuzione senile è ovviamente un processo inevitabile, ma durante l’arco dell’esistenza, il cervello cambia continuamente e ciò gli permette di adattarsi ai mutamenti e agli stimoli ambientali. Ė un continuo rimodellamento delle cellule nervose responsabili dell’elaborazione delle informazioni, della conservazione dei ricordi e delle esperienze. I neuroni si parlano l’un l’altro, si costituiscono in microcircuiti, sono l’ultima roccaforte della ragione, delle emozioni, della passioni e dell’intelligenza.
Riccardo TORTA, Neuropsichiatra e Ricercatore dell’Università degli Studi di Torino, si occupa da anni della materia e ci accompagnerà in questo affascinante viaggio. Comprendere come funziona la plasticità cerebrale costituisce un obiettivo irrinunciabile, sia per capire il funzionamento del cervello che nel potenziamento delle normali capacità degli individui e nella lotta contro le malattie degenerative.
Ogni essere umano – ha affermato Santiago Ramon y Cajal, il padre delle neuroscienze – può essere lo scultore del proprio cervello.

Un breve inquadramento storico

Le conoscenze sulla struttura anatomica del cervello, riportate da papiri egizi, risalgono al XVII secolo a.C. La scuola medica greca con ALCMEONE di Crotone prima, nel V secolo a.C., e poi con IPPOCRATE ed ARISTOTELE, aggiungono conoscenze sulla funzione ed anatomia del cervello. Studi approfonditi sull’encefalo vengono riportati da Andrea VESALIO nel De Corporis humani fabrica, pubblicato a Basilea nel 1543. Ė solo nei primi del ‘900 che la “colorazione nera”, cioè la colorazione cromo-argentica, scoperta da Camillo GOLGI e poi applicata da Santiago RAMON y CAJAL (entrambi premi Nobel nel 1906 per la Fisiologia e la Medicina), consente finalmente uno studio più approfondito dei neuroni.

La complessità della struttura neuronale, e della sua rete di collegamento, diventa possibile con la successiva microscopia elettronica, che consentirà di identificare l’immensa area di collegamento fra le cellule cerebrali. 

In tale epoca Giulio BIZZOZERO (1846-1901) enuncia un’asserzione, poi dogmaticamente ribadita per decenni, cioè che “i neuroni sono cellule perenni”. Nei decenni successivi viene riconosciuta la capacità di neurogenesi, cioè la possibilità che da cellule staminali originino, a livello cerebrale, gli astrociti e gli oligodendrociti (per i quali era riconosciuta la possibilità di replicazione)  ed anche gli elementi neuronali,  considerati però perenni.

La prova che anche i neuroni potessero replicarsi e modificarsi viene fornita dagli studi della professoressa Rita Levi MONTALCINI che, negli anni cinquanta, scopre un fattore di crescita neuronale (il NGF- Nerve Growth Factor), a cui farà seguito l’identificazione di altre molecole (ad esempio il BDNF -Brain Derived Neurotrophic Factor), chiamate neurotrofine.

Nel 2000 Jessica MALBERG dimostra come un trattamento antidepressivo cronico possa provocare, a livello dell’ippocampo di ratto adulto, un aumento della neurogenesi anche degli elementi neuronali, osservando mitosi neuronali, cioè una divisione di un elemento in cellule figlie.

Poco per volta si fa allora strada il concetto che la glia (astrociti, oligodendroglia) non abbiano solamente funzioni di sostegno meccanico verso i neuroni, ma partecipino attivamente al funzionamento della sinapsi. Anzi gli astrociti assumono la funzione di regolatori della plasticità neuronale, attraverso la produzione di fattori neurotrofici, che facilitano la distruzione della sinapsi non funzionanti e la formazione di nuove sinapsi. In tal modo si giunge a comprendere il meccanismo di come, dall’adolescenza all’età adulta, si osservi una perdita di volume della sostanza grigia: tale fenomeno, definito del “pruning”, determina una selezione dei circuiti neuronali, tagliando quelli ridondanti a vantaggio di quelli più funzionali.

Quali fattori possono agire sulla plasticità neuronale e cerebrale?

Oggi è ben noto come la neurogenesi nel cervello adulto, in particolare nelle aree dell’ippocampo, possa essere influenzata dall’ambiente o da sostanze esogene.

Ad esempio i farmaci antidepressivi, attraverso meccanismi di stimolazione endocellulare, favoriscono epigeneticamente la produzione di fattori neurotrofici (BDNF, NGF), mentre altre sostanze (quali le benzodiazepine, i neurolettici, le sostanze d’abuso) hanno una funzione inibitoria sulla neurogenesi.

Diventa poi possibile rilevare come possano entrare in gioco, nella neurogenesi, anche fattori ambientali: un adeguato livello di accudimento materno (maternage) agisce protettivamente sulla plasticità sinaptica del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA, il sistema dello stress) nel corso della crescita, mentre situazioni di stress protratto (come ad esempio la violenza fisica o emozionale) compromettono la capacità del sistema dello stress di operare in modo resiliente nel futuro adulto.

Lo stress determina inoltre un incremento cerebrale di sostanze eccito-tossiche (quale ad esempio il glutammato) che, se si protrae nel tempo, genera una sofferenza e poi una perdita neuronale, evidenziata morfologicamente da una riduzione di volume dell’ippocampo, visibile con la risonanza magnetica nucleare (RMN). Tale riduzione della neurogenesi avviene infatti in qualsiasi patologia correlata allo stress, quali la depressione maggiore, la schizofrenia, il disturbo post-traumatico da stress, la demenza di Alzheimer, etc. Questo processo negativo può essere contrastato dall’incremento della neurogenesi, ottenuto attraverso farmaci (es antidepressivi), tecniche di rilassamento, ambiente stimolante, supporto sociale positivo, etc.

Ė noto peraltro come anche gli ormoni partecipino al meccanismo della neurogenesi. Ad esempio, nel genere femminile, la carenza di estrogeni entra in gioco nel rimodellamento sinaptico dell’ippocampo, nella fase catameniale o menopausale, modificando la densità delle spine dendritiche (e quindi dei collegamenti fra neuroni).

Rilevanti, nel favorire la neurogenesi, e quindi la plasticità neuronale e cerebrale, sono l’apprendimento e l’attività fisica. Entrambi, nell’animale di laboratorio e nell’uomo, determinano un aumento delle spine dendritiche, anch’esso mediato dall’incrementata produzione di fattori di crescita neuronale.

Conclusione

In qualche modo quindi le moderne neuroscienze confermano il detto del filosofo romano Appio Claudio il Cieco (350 – 271 a.C): homo faber ipsius fortunae in quanto le scelte comportamentali e terapeutiche sono in grado di agire positivamente, o negativamente, sulla plasticità cerebrale.

Note

Articolo tratto dalla rubrica Bioetica e Notizie de «La Voce e il Tempo» per la cui pubblicazione ringraziamo il direttore Alberto Riccadonna

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