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103 Aprile - Maggio 2024
Bioetica News Torino

Il nido: ritratti di cura e fragilità tra natura e cultura. Intervista all’artista Maura Banfo

Abstract

Cos’è un nido? Che cosa comunica la sua immagine? Nelle rappresentazioni letterarie, religiose, naturalistiche e nelle forme dell’arte il nido assume il senso di cura e protezione, incontro e difesa.
Affiora l’equilibrio tra naturale e artificiale, il dilemma sul confine di natura e cultura, di creazione e fato, di istinto e ragione. Il nido richiama fragilità e temporaneità, protezione e sicurezza. Archetipo non solo fisico, ma relazionale e spirituale connesso all’esistenza, alla comunità e alla natura.
All’artista Maura Banfo, che pensa e costruisce nidi, chiediamo di accompagnarci all’interno della sua ricerca e dell’indagine dell’arte tra osservare e imitare la natura, fissarne le forme, esplorarne i materiali e ripensarla.

 «Nido verde tra foglie morte,
che fanno, ad un soffio più forte…
trr trr trr terit tirit……».

(G. Pascoli, L’uccellino del freddo, in Canti di Castelvecchio)

La bellezza della natura attraversa le forme del nido e nell’artificio accurato e geniale delle sue componenti la rappresenta. Alla bellezza congiunge il senso del tepore, della protezione e dell’accudimento. E’ la natura che colma il mistero dell’essere, compensa la realtà del male, del dolore, della morte. Quante architetture e materiali si confrontano e concorrono nella realizzazione del nido. Come quello dello scricciolo di Pascoli: un nido a forma di palla, verde perché fatto di muschio.

© Maura Banfo, La cura, 2016
© Maura Banfo, La cura, 2016, stampa fotografica cm 70×100, Collezione Palazzo Barolo. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

Cura e fragilità tra natura e cultura

Nel richiamo alla natura c’è il richiamo al corso della vita e si affaccia un lessico che congiunge la casa alla cura, la fragilità alla temporaneità, la protezione alla sicurezza. Il nido disegna un contrappunto di intimo e privato, di appartenenza pubblica, di condivisione all’ambiente naturale e alle esistenze animali. Nido è anche percorso di educazione alla vita, abito che si modella, che si impasta al nostro crescere, opportunità di essere. Nell’immagine del nido affiora l’equilibrio tra naturale e artificiale, il dilemma sul confine di natura e cultura, di creazione e fato, di istinto e ragione.

Il nido è osservato come luogo di protezione ed accudimento negli studi sugli uccelli degli antichi. Così fanno Aristotile e Plinio il vecchio quando elogiano le abilità costruttive e la cura e così emerge nel raccordo alla letteratura anteriore compiuto da Conrad Gessner medico, naturalista e teologo nella sua raccolta enciclopedica cinquecentesca 1 . Gessner citando e collazionando il pensiero degli antichi descrive, ad esempio, le abitudini della rondine, la quale costruisce il nido unendo paglia e fango e lo rende accogliente tappezzandolo con piume o fiocchi di lana, per custodire al caldo le uova e garantire poi il benessere dei nuovi nati.

L’immagine del nido come protezione e rifugio affiora nel Salmo 84 della Bibbia. E’ il nido come casa e sicurezza, dove proteggere i piccoli, posto in relazione nel Salmo al desiderio di dimorare all’ombra della casa del Signore, luogo per trovare la pace e risposta al bisogno di asilo.

4 Anche il passero trova una casa
e la rondine il nido
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio.
5 Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
6 Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
2

Allude all’abitare il Salmo. Parla di nido, di casa di Dio, di tende, di abitanti e di trovare una casa e il vocabolario dell’abitare si associa a quello, solo apparentemente in opposizione, del cammino e della ricerca che anima il senso del pellegrino. L’esistenza concepita come cammino verso un luogo, non fisico, ma relazionale e che si riscopre nello stare.

Un lessico ampio e dai significati diversi contraddistingue il nido nella letteratura. Fragile, per la delicatezza dei suoi materiali, dolce come nella rappresentazione di Dante dell’amore istintuale delle colombe che evocano Paolo e Francesca 3 . Il nido è un luogo caldo, di conforto, il luogo della famiglia contro i pericoli esterni, nella poesia pascoliana X Agosto. Ritroviamo il nido nell’immagine della culla, nel rapporto di protezione madre-figlio, nella sospensione dal mondo di una condizione appagante, già prima della nascita. E’ luogo di cura, di crescita, ma anche spazio di fuga, di separazione. Il nido è temporaneo per gli uccelli, ed è vuoto dopo la crescita.

La figura del cerchio o della tenda rientrano nella prospettiva simbolica del nido, così il segno di forma della concavità che accoglie e contiene. Il cerchio come elemento ancestrale non gerarchico, di unione, conoscenza, concordia e armonia. Guardando alla connotazione arcaica e profonda, svela una dimensione aperta all’interiorità dell’essere. Lo ritroviamo nei mandala, nei cerchi della Divina Commedia, nel tao, nei rosoni delle chiese. E nella tavola rotonda dove il re sedeva in cerchio coi suoi cavalieri fedeli, tra pari. Così la tenda, riparo e sicurezza, nel lessico biblico di incontro e salvezza, nel senso di incontro e accoglienza nelle narrazioni dei percorsi nomadi. Ed è un nido rovesciato l’igloo di Mario Merz, forma archetipa di dimora.

Come la letteratura e la poesia, anche l’arte guarda al nido. Lo incontriamo nelle nature morte di Van Gogh, così come nelle lettere indirizzate al fratello Theo attraverso il richiamo biografico alla libertà e alle gabbie che trattengono gli uccelli, alla sofferenza che fa impazzire, alle migrazioni e alla nidificazione 4.

In primavera un uccello in gabbia sa benissimo che c’è qualcosa a cui sarebbe utile;
sente molto chiaramente che c’è qualcosa da fare ma non può farlo;
di cosa si tratta non lo ricorda bene, e ha le idee vaghe e dice tra sé:
“gli altri stanno costruendo i nidi e facendo i piccoli e allevando la covata”,
e sbatte la testa contro le sbarre della gabbia.

Andy Goldsworthy, artista e fotografo inglese, realizza opere di Land Art in natura e negli spazi urbani e attraverso la circolarità delle forme e l’uso dei materiali naturali riproduce o allude a grandi forme di nidi5. Così il nido è oggetto della riflessione di Nils-Udo, con grandi realizzazioni nella natura, che si presentano come riparo, forma fondamentale e matrice della natura6. E ancora Tadashi Kawamata, artista giapponese, pensa ed inserisce grandi nidi in contesti urbani 7.

Il nido è costruzione archetipica essenziale, evoca l’essenza e il bisogno del costruire umano e animale. Contiene l’essenza del riparo, dello spazio circolare come forma di contenimento e protezione e palesa la vulnerabilità e la costanza del pericolo. E’ gioia di vita, energia del risveglio e dell’azione della natura. Come bozzolo di cura e crescita sottende l’opposto contenuto nell’insidia della fragilità e dell’esclusione, dell’autoesclusione, della separazione. E’ luogo separato e temporaneo, richiama la dialettica tra dentro e fuori, privato e pubblico. Ci provoca sul senso di stare e andare, della temporaneità della cura e della sosta, legate al cammino, all’andare della vita.

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© Maura Banfo, Nidi, 2016/2022, ferro/legno/resina/vernice oro, Giardini di Palazzo reale, Collezione privata. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

Il nido: osservare la natura e ripensarla

INTERVISTA ALL’ARTISTA MAURA BANFO

Proprio guardando alla relazione tra arte e natura e al senso del nido chiedo all’artista Maura Banfo, che pensa e realizza nidi, di accompagnarci all’interno della sua esperienza creativa. Osservare la natura, fissarne le forme, scrutarne i materiali a cosa conduce? Imitarla o ripensarla? Maura Banfo è artista torinese, presente in ambito internazionale, e si esprime con una molteplicità di mezzi dalla fotografia, al video, disegno e installazioni 8.

Ai nidi Maura dedica da tempo la sua riflessione, osservando e ripensando forme e significati, a partire dal 2005 con una installazione pensata per la mostra Genius loci a cura di Guido Curto, nel Parco del Castello di Racconigi. Nel parco che è oasi di nidificazione della cicogna bianca nel corso della sua migrazione tra Europa e Africa. A fine maggio di quest’anno un nuovo nido in fusione, realizzato da Maura, troverà casa a Siena, alla contrada dell’Aquila.

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© Maura Banfo in residenza a La Napoule Art Foundation, Mandelieu La Napoule, Cannes. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

D.  Partendo dalla tua opera site specific al castello di Racconigi del 2005 e alla migrazione delle cicogne tra Europa e Africa, il nido può rappresentare una tappa nel cammino, nell’andare o uno spazio di chiusura e dello stare?

R. In un momento in cui siamo tutti concentrati verso un’idea di assoluto, il luogo da abitare diventa un qualcosa di cui siamo in continua ricerca, a volte anche in conflitto con noi stessi. L’abitare sembra diventare un’abitudine quando invece è una stretta necessità. Una continua incertezza spaziale. E il nido come miglior rappresentante del concetto di “casa”. Una casa da difendere. A volte da abbandonare. Per magari farci ritorno. La mia ricerca sui “nidi” è una ricerca sulla metafora della casa, laddove casa è significativa di cura, dalla capanna di coperte ai piedi del letto, alla casa sull’albero, dal precario riparo di giunchi in riva al mare, dalla conchiglia al guscio più coriaceo, al bozzolo, alla tana la forma della casa passa per mille tipologie.

Ogni nido che realizzo è un unicum. Mi piace pensare che questo mio lavoro sui nidi non sia fermo nel tempo, ma si plasmi ogni volta in maniera differente, che viva nella natura seguendo anche il flusso del tempo. Nulla resta come prima. E forse nulla è mai esistito! Chissà!

D. Che casa è per te il nido?

R. Casa è ciò che tende a ricrearsi nei luoghi più diversi. Oppure è un luogo fatto di più luoghi in ognuno dei quali si viene a creare un modo unico e sempre diverso di stare che è in sintonia con il mondo diverso in cui si è. Ognuno di noi ha uno spazio proprio dove rivelare la propria identità, la propria natura, la propria appartenenza. Un luogo per prendersi cura di sé.
E’ interessante notare come i termini Abitare – Abitudini – Abiti abbiano la stessa radice etimologica e suggeriscano un cammino che dalla casa arriva alla definizione della propria identità. Il nido è una casa che si plasma sulla nostra forma, è una culla, un contenitore, un utero, un involucro. E’ la casa della vita. E’ un viaggio. E’ simbolo di nomadismo.

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© Maura Banfo, Nido, 2008, fusione di alluminio. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

D. Quale passo della letteratura dialoga con la tua immagine di nido?

R. Secondo Gaston Bachelard, ne La poetica degli spazi, «tutti gli spazi comunicano il concetto di casa, un sentimento che fornisce non solo un senso di protezione e rifugio, ma anche un ambiente con dei limiti percettibili». Sempre Bachelard definisce il nido «immagine dello spazio felice». Ma potrei perdermi in Pascoli o in Verga attraverso i temi della separazione, alla perdita di valori e di identità, impossibilità affettiva. O ancora Heidegger: Abitare è il soggiornare dei mortali sulla terra, ma sulla terra – chiarisce il filosofo tedesco – significa già ‘sotto il cielo’.

Nel 2008 ho realizzato un libro d’artista sul soggetto del nido insieme allo scrittore torinese Enrico Remmert: un’edizione d’arte in 50 esemplari, poesie e incisioni, un incontro e uno scambio tra immagini e parole9 .

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© Maura Banfo, Nido, 2018, resina e zinco cm d/150 resina e zinco, Palazzo Madama Torino. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

D. C’è un nido nell’arte che vuoi descriverci?

R. Se penso a un nido nell’arte mi viene subito in mente Nido di Pino Pascali, 1968 10.
Più che descriverlo bisogna vederlo…come del resto ogni opera d’arte. Poi c’è il lavoro Nido di Vascellari del 2010, anche lui raccoglie nidi trovati, ma a differenza mia li scompone ramo per ramo. Poi mi viene in mente il lavoro sui Nidi di Nacho Carbonell. Insomma direi che vari mi affascinano, ma penso anche nidi che non sono nidi ma simboli di un prendersi cura.

D. Fragile, intimo, pubblico, abitato/vuoto, dentro/fuori, cura, protezione, separazione, tradizione/scoperta. Nel lessico che può definire il nido quale si avvicina alla tua ricerca?

R. Tutte! E ci aggiungerei fuga.
[Maura Banfo a questo proposito cita una riflessione del filosofo Marco Enrico Giacomelli]
Marco Enrico Giacomelli, 2019, da “running from safety”: « Maura Banfo è persona colta e sa perfettamente come ogni farmaco possa essere un veleno, come ogni rifugio possa trasformarsi in una trappola, come ogni patria possa diventare terra che nutre le belve. Per ciò quei nidi, nelle loro varie forme ed estrinsecazioni, sono innaturali, e non è un paradosso: sono stampati, dettagliati, coperti di vernici e resine. Sono cultura, non scimmiottamento banale e ingenuo della natura. Sono un omaggio consapevole, studiato, maturo e riflessivo alla natura e alla vita. Questo, fra l’altro, ci insegna sempre Maura Banfo: che la maniera più efficace per rispettare il nostro pianeta consiste nel comprendere a fondo la nostra stessa natura, nell’indagarne il senso e la destinazione, e solo così trovare ognuno i termini di un patto soddisfacente con il nostro ambiente di vita. Scusate se è poco. »

 ∞∞∞∞

E proprio dall’arte di Maura Banfo e dai suoi magici e “innaturali” nidi troviamo un punto di osservazione nella relazione natura e cultura, tra naturale e artificiale. Guardando alla fragilità e anche al senso di cura, che trasmette il nido, la relazione con la natura ripropone le ragioni del rispetto e di equilibrio profondo con essa.

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© Maura Banfo, Nido, 2023, fusione di alluminio cm d/120 cm h /300, Castello di Rivara – Museo di arte contemporanea. Per gentile concessione dell’artista, riproduzione vietata

Note

1 “Storie di animali, libro III, che tratta della natura degli uccelli – 1555. Sulla rondine domestica ed in generale” (Historiae animalium liber III qui est de Avium natura – 1555, 72 De hirundine domestica et in genere) di Conrad Gessner: “ Ipsum vero nidum mollibus plumis floccisque consternunt tepefaciendis ovis, simul ne durus sit infantibus pullis, Plinius. (Ma il nido stesso è ricoperto di morbide piume e lanugine per riscaldare le pecore, e allo stesso tempo perché non sia difficile per i giovani pulcini. Plinio) Interiora nidi, pilis plumisque impositis, mollia et calida faciunt (l’interno del nido, ricoperto di peli e piume, rendono morbido e caldo)

2 https://www.bibbiaedu.it/CEI2008/at/Sal/84/  .  Salmo 84, vv 4-6, in La Sacra Bibbia, ed Conferenza Episcopale italiana, Roma 2008

3 La Divina Commedia, Inferno, canto V, v. 82-84

4 Natura morta con nidi di uccelli, 1885 Kroller Muller Museum Otterlo e van Gogh Museum. https://vangoghletters.org/vg/letters/let155/letter.html
“In primavera un uccello in gabbia sa benissimo che c’è qualcosa a cui sarebbe utile; sente molto chiaramente che c’è qualcosa da fare ma non può farlo; di cosa si tratta non lo ricorda bene, e ha le idee vaghe e dice tra sé: “gli altri stanno costruendo i nidi e facendo i piccoli e allevando la covata”, e sbatte la testa contro le sbarre della gabbia. E poi la gabbia resta lì e l’uccello impazzisce di sofferenza. “Guarda, c’è un fannullone”, dice un altro uccello di passaggio, quello è una specie di uomo agiato. Eppure il prigioniero vive e non muore; fuori non si vede nulla di quello che succede dentro, è in buona salute, è piuttosto allegro alla luce del sole. Ma poi arriva la stagione della migrazione. Un attacco di malinconia – ma, dicono i bambini che lo accudiscono, in fondo ha tutto quello che gli serve nella sua gabbia – ma guarda fuori il cielo, carico di nuvole temporalesche, e dentro di sé sente una ribellione contro il destino. Sono in gabbia, sono in gabbia, e quindi non mi manca nulla, sciocchi! Io ho tutto ciò di cui ho bisogno! Ah, per carità, libertà, essere un uccello come gli altri uccelli!”(1880).
Una lettera di Vincent a Theo contiene un foglio con uno schizzo Nido d’uccello, (4 ottobre 1885, in Van Gogh Museum, Amsterdam) e l’annotazione nella quale si riprometteva all’arrivo dell’inverno di disegnare nidi soprattutto con riferimento a quelli abitati da uomini.

5 https://andygoldsworthystudio.com/archive/

6 La copertina di OVO di Peter Gabriel è stata disegnata e fotografata dall’artista bavarese Nils-Udo ed è esempio di creazione effimera nella natura. L’artista ha realizzato una struttura a nido con un bambino che dorme. https://www.nils-udo.com/?lang=en

7 https://www.tadashikawamata.com/

8 http://www.maurabanfo.com/
Maura Banfo, Torino 1969. Il suo lavoro dagli anni Novanta a oggi, ha segnato delle tappe importanti nel sistema dell’arte contemporanea italiana, con uno sguardo e una presenza significativa anche in ambito internazionale. Maura Banfo ha sempre subìto la fascinazione della materia: nella sua ricerca pluridecennale costellata di mostre, residenze d’artista e molti riconoscimenti, ha attentamente indagato osservando la realtà, a partire dagli oggetti che la circondavano e decidendo di restituirli con il mezzo fotografico (e non solo) come nuove entità spogliate del loro significato, architetture da esplorare, entità da osservare sotto punti di vista inediti per aprirli a nuovi codici di senso. La sua forza sta nel mantenere ben riconoscibile la propria impronta creativa e la propria poetica, ma in una continua scoperta di nuove sfaccettature e punti di vista: sebbene prevalga una preferenza per la fotografia, lavora con padronanza anche con il video, l’installazione. Le sue opere sono presenti in molte collezioni private e pubbliche sia in Italia che all’Estero.

9 Nidi, Libro d’artista in 50 esemplari, incisioni di Maura Banfo, testi di Enrico Remmert, ed Canopo Siena 2008

10 Si segnala a questo proposito la mostra in corso alla Fondazione Prada di Milano fino al 23 settembre 2024, un’ampia retrospettiva sull’artista Pino Pascali (1935-1968) https://www.fondazioneprada.org/project/pino-pascali/

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