«Sono entrate dentro le nostre pagine meditazioni nuove e nuovi approfondimenti, maturati nell’attraversamento di un tempo difficile, e pensando anche a quello che verrà. Un tempo che ha messo in discussione tante cose e che ha fatto crescere nel cuore di tutti il desiderio di ricominciare in modo diverso».
Scritto a due mani da Johnny Dotti e Mario Aldegani ed edito da Vita e Pensiero, Venite a mangiare con me. Una nuova convivialità per tornare umani compie un’indagine sul nostro complesso presente partendo dall’analisi dei tanti banchetti a cui partecipò Gesù nel Vangelo, dalle nozze di Cana all’Ultima Cena, ricordandoci come – nel passato e nel presente – il mangiare insieme sia l’occasione più importante di incontro tra culture e pensieri differenti.
Di fatto, si può dire che nella pratica del mangiare insieme si intrecciano nella nostra vita il sacro e il profano, gli eventi più disparati, da quelli gioiosi e quelli tristi, le celebrazioni che non hanno subìto il logoramento del tempo.
In questi tempi bui, che hanno messo in risalto tutta la nostra umana fragilità, sempre più forte è il desiderio di ricominciare a vivere, di difendere la nostra umanità celebrando la vita tutti insieme.
Nell’invitare i commensali a mangiare e bere in comunione gli uni con gli altri, Gesù ci porta a «riconoscere qualcosa di essenziale e caratteristico dell’uomo, non solo perché è un bisogno fondamentale, ma perché è un’esperienza di umanizzazione e di trascendenza, di redenzione della fraternità e della solidarietà».
Il rito del banchetto offre a Gesù l’occasione di dare insegnamenti che rivoluzionano la vita delle persone che vi partecipano. Dotti e Aldegani prendono spunto per le loro riflessioni dagli incontri con molti autori da loro profondamente stimati, con i quali hanno sostenuto arricchenti conversazioni e scambi di opinioni. Dalle pagine del libro si evince che tutti i banchetti a cui Gesù partecipa sono eventi di piena immanenza e trascendenza: «essi sono contemporaneamente l’epifania dell’invisibile e del visibile e rappresentano quindi la pienezza della realtà. È come se Gesù ci invitasse ogni volta a trasformare un’esperienza quotidiana e ordinaria in un’esperienza di accesso all’eternità, a superare la nostra costante tentazione di immaginare il tempo separato dall’eterno».
Il banchetto diviene simbolo dell’umano, acquista un significato antropologico universale che unisce culture e religioni. Il cibo celebra la vita, ci congiunge all’intero universo. Esso celebra l’amicizia tra l’uomo e Dio e attraverso di esso, scrivono gli Autori
facciamo nostra parte del creato che prima era fuori di noi. Non c’è amicizia senza un boccone condiviso: per questo mangiare è un atto sacro, perché il cibo è una realtà sacra in sé, è incontro tra cultura e natura. Mangiare è uno dei modi principali per dichiarare a se stessi e agli altri l’appartenenza a una comunità […] Mangiare il cibo altrui è più facile che capire la lingua altrui. Il cibo si presta più della parola a mediare l’incontro fra culture diverse. Ogni banchetto in fondo, anche il più laico, è un atto di culto. Al centro di esso c’è sempre un sacrificio, un’offerta e una trasformazione; lì si celebra l’eterno rapporto tra morte e vita, in cui è inserito anche il nostro tempo.
© Bioetica News Torino, Novembre 2020 - Riproduzione Vietata